Racconto di Virgilio Marrone

(Prima pubblicazione)

 

 

 

Quella mattina di fine giugno, passando davanti alla parrocchia, lo sguardo di Jo fu attratto dal manifesto che annunciava il film in programma nell’arena adiacente. Il titolo del film – L’eterna armonia – la presenza di un pianoforte e l’indicazione technicolor lo distrassero dai suoi pensieri di adolescente. Si fermò, esaminò il manifesto e decise che la visione del film poteva essere una alternativa valida alla noia di una serata da trascorrere in casa davanti alla tv.
Proseguendo nel suo percorso verso casa, prese a riflettere se poteva essere il caso di coinvolgere qualche compagno di classe. L’ultima volta ne aveva incontrati alcuni a scuola quando erano stati esposti i quadri, dai quali aveva appreso di essere stato promosso, ma con voti non corrispondenti alle sue aspettative. Ancora poco abituato alle ingiustizie della vita, aveva lasciato l’edificio scolastico senza salutare nessun compagno; tuttavia, lo scorrere monotono dei giorni aveva reso l’irritazione meno insopportabile, tanto da renderlo disponibile quella mattina a contattarne alcuni.
Telefonò a un paio di compagni, quelli compatibili con il residuo di irritazione, per proporre la visione del film e perché contattassero altri. Gli venne di pensare di chiamare anche qualche compagna. Fece un tentativo con Nietta, ma al telefono trovò la madre della ragazza che gli fece subito presente che avevano un impegno in famiglia e che, comunque, la figlia, di sera, usciva solo con i genitori.
Le risposte avute dai compagni gli fecero ritenere che avrebbero partecipato alla serata cinematografica… quattro, forse cinque, o…forse due; insomma, non meno di uno.

Jo fu il primo ad arrivare all’appuntamento. C’era quiete nella via, le luci dei negozi erano ancora accese, gente passeggiava, guardava le vetrine. Poco distante c’era un grande parco dove gruppi di bambini ancora giocavano sotto la vigilanza un po’ distratta dei genitori.
Gli venne da sorridere ricordando che Jo era il nomignolo che sostituiva il suo nome intero, Eugenio. Il nomignolo gli era stato attribuito dai compagni per la sua passione per la lingua inglese. C’erano però, alcuni che, a volte, lo chiamavano Big Moustache – versione inglese di Baffone – a causa delle idee politiche che sosteneva, quasi sempre senza successo, nelle discussioni con gli amici. Le idee che aveva erano vaghe, incerte, tanto che, quando le cose si mettevano male nelle vicende del partito comunista, spostava le sue simpatie verso il partito socialista. In lui, come molti altri, suscitava simpatia il personaggio di Stalin perché internazionalmente noto per i suoi grandi, folti baffi, ragione per a quale alcuni lo chiamavano appunto Big Moustache. Quando in Ungheria ci fu l’intervento armato delle truppe sovietiche che provocò migliaia di morti e la fuga di molti ungheresi verso l’Occidente, le simpatie di Jo si rivolsero verso la destra socialista, l’ala più vicina alla democrazia cristiana.
Gli venne di pensare alle telefonate che aveva fatto la mattina, in particolare quella a Nietta. I rapporti con le compagne di classe non riguardavano quasi mai argomenti esterni alle vicende scolastiche. Con Nietta, però, qualche volta era accaduto di toccare anche altri argomenti, ma solo per evidenziare aspetti ironici, camerateschi della vita scolastica.
In classe c’era anche Elettra, la compagna sempre nervosa, con quel nome! Già dal nome… Il pensiero allora virò velocemente verso Lina, la vicina di banco: una ragazza alta, il corpo di donna ormai tutto ben definito, pieno nei punti giusti. Era attratto da Lina, ma lei dava segnali di simpatia solo su questioni di carattere, per così dire, professionale: con lei non era possibile scambiare parole che andassero al di là di compiti da fare, difficoltà che presentavano, i criteri di assegnazione dei voti di questo o quell’insegnante…. Il problema di fondo con le ragazze era che Jo non aveva idea di come accostarle, per scopi, per così dire, diversi da quello di scambiare informazioni o opinioni sulla scuola.
Stufo di quelle riflessioni, il pensiero si rivolse alla musica: ‘Mi piacerebbe imparare la musica, chessò, saper suonare il pianoforte…’
Quest’ultimo pensiero fu interrotto dall’arrivo di Federico il pianista, chiamato Federichino o, più spesso, Chino, a causa della sua tendenza ad adeguarsi al parere degli altri, soprattutto degli insegnanti. Da qualche anno studiava anche pianoforte e, di tanto in tanto, deliziava gli amici con esibizioni pianistiche e canore non sgradite con alcune delle canzoni in voga, quelle del festival di Sanremo e altre più o meno note.
– Ciao Jo, sei qui da molto? –
– Ciao, Chino. No, sono arrivato da poco. Puntualissimo questa volta. –
– Sono andato a lezione di pianoforte e il maestro mi ha liquidato prima del solito. –
– Perché non avevi pagato la lezione? –
– No, che c’entra. Ha detto che aveva un impegno con i suoi amici. Si può avere qualche dettaglio in più del film? –
– Tutto quello che so lo puoi ricavare guardando il manifesto. –
Arrivò Piercarlo, il compagno estroso, poeta, con interessi per giornalismo e la novellistica, logorroico nella scrittura, e anche nella conversazione. Era capace di restare alla scrivania sino a notte fonda: scriveva di tutto, poesie, racconti, lettere. Era soprannominato Scriba, abbreviazione di Pier Lo Scriba.
Salutò: – Caro amico Chino e caro compagno Jo, come si dice dalle tue parti? Tu fatichi e io magno! – e proseguì:
– Ma siete solo voi due? Non dovevamo essere in sei? Chi mi ha telefonato non aveva escluso che ci potesse essere anche qualche ragazza. Mi ha mentito, il fellone! –
– Mi dispiace per te, ragazze, niente – rispose Jo
e aggiunse:
– Io il tentativo l’ho fatto, ma non ha avuto successo. Mentre aspettavo stavo pensando appunto che forse, ne potevi invitare qualcuna tu, no? –
Intervenne Chino:
– E voi, di questi tempi pensate che possa essere facile far uscire a quest’ora di casa le ragazze da sole e per incontrare qualche famelico compagno di classe? –
– È vero che brutti come siete, quale ragazza avrebbe accettato l’invito? – insistette Scriba.
– You never can tell, – replicò Jo.
– Che hai detto? – chiese Scriba.
Jo stava per rispondere quando sopraggiunsero Benny e Albertonzo, all’anagrafe Benito e Alberto, il secondo detto Tonzo.
Benny, ballerino provetto, aveva come modello di riferimento nella vita Fred Astaire, anzitutto come grande ballerino, poi perché americano. Chiese:
– Jo, ma c’è qualcuno che balla in questo film? –
– In verità, in verità ti dico che non lo so, io il film non l’ho ancora visto, come puoi immaginare. Nel manifesto c’è anche l’immagine di un pianoforte, quindi della musica ci sarà. Speriamo che sia interessante per tutti. Bene, ci siamo tutti, mi pare sia ora di entrare, il film sta per cominciare. –

Dalle prime immagini, i cinque scoprirono che il titolo L’Eterna Armonia valeva come traduzione dell’originale A song to remember, titolo che, ad occhio e croce, per quel poco di inglese che stavano imparando a scuola, non fu difficile per tutti e cinque rilevare che non vi era corrispondenza col titolo italiano.
Il film narrava le vicende biografiche di Fryderyk Chopin, il grande compositore e pianista polacco. La suggestione derivante dalle musiche, lo sviluppo delle vicende biografiche del musicista, il coinvolgimento nelle scelte di vita del personaggio fecero appassionare i cinque, tanto da ammutolirli e impegnarli a seguire con intensa emozione tutto il film.

All’uscita dall’arena i cinque attraversarono il parco, a quell’ora deserto, e imboccarono la grande via centrale della città, deserta. Il silenzio e l’atmosfera carica di tensione emotiva furono interrotti da Jo:
– Non capisco perché il titolo originale americano era A song to remember. Secondo voi, perché? – Senza attendere la risposta, proseguì:
– Non mi pare ci fosse alcuna canzone nella colonna sonora. –
– Già, mi pare che questa volta hai ragione Jo – intervenne Scriba, al quale non accadeva spesso di essere d’accordo con l’amico.
– Qui non si trattava di “una” canzone, ma di tanti brani musicali, musica seria, bella, romantica, dolce, appassionata, non di canzoni, ancor meno di una canzone – riprese Jo.
– Beh, però il film è stato interessante anche sul piano storico, oltre che quello musicale, ovviamente. – disse Benny.
– Conoscere pezzi di biografia di un grande musicista e compositore come Chopin e ascoltare brani delle sue composizioni, per quanto adattate allo stile oleografico della narrazione, è stato bello, utile, interessante direi, anche sul piano culturale – precisò   Benny.
Scriba prese ad esporre le sue idee sul film:
. A me è sembrato un piccolo polpettone o, per rendere meglio la mia idea, un polpettino condito con una grande musica, se volete, una bellissima, eterna armonia, adattata allo stile oleografico della narrazione. –
Proseguendo nella discussione, i cinque si soffermarono su di un punto in particolare: la irritazione manifestata dal pianista – il personaggio di Chopin – nei confronti dei “Macellai dello zar di Russia”, l’espressione con la quale nel film il musicista aveva apostrofato un inviato dello zar sopraggiunto mentre aristocratici polacchi banchettavano lussuosamente e il musicista suonava le sue musiche. Irritato dalla situazione, aveva chiuso il pianoforte, s’era alzato e, detta la frase, era andato via. Scriba chiese:
– Chi di noi avrebbe fatto lo stesso, sarebbe stato capace di alzarsi e andare via interrompendo il concerto? –
Il primo ad intervenire fu Benny:
– Ha fatto bene Chopin ad apostrofare l’inviato dello zar in quel modo. Io mi sono sentito molto partecipe del suo comportamento. L’ho condiviso pienamente. Stavo per applaudire. –
Intervenne Scriba:
– Ma lui era stato pagato per quella prestazione. Sapeva che avrebbe suonato davanti ad aristocratici che mangiavano e che sarebbe intervenuto un rappresentante dello zar. –
– Ma il problema è un altro; lui si irrita quando vede arrivare l’inviato dello zar. Lui ce l’ha con lo zar, con la Russia, non tanto con gli aristocratici polacchi che gozzovigliano. – provò a precisare Tonzo.
– Ma mica noi sappiamo se le cose, nella realtà, andarono così come sono state rappresentate nel film – intervenne Scriba.
Intervenne allora Jo:– Non credo sia rilevante se, nella realtà, il musicista si comportò in quel modo, se l’episodio descritto accadde realmente. Quello che importava al regista e allo sceneggiatore era rappresentare l’atteggiamento di Chopin verso i russi. Come si è capito dallo sviluppo del film, Chopin li riteneva oppressori della Polonia. Forse era anche irritato nei confronti dei polacchi, di quei polacchi perché non si opponevano ai russi. –
Scriba replicò immediatamente: – Ma tu, che condividi le idee comuniste, sei sostenitore della politica russa, se fossi invitato dal consolato americano a suonare per loro, o se, durante il ventennio, un gerarca fascista ti avesse invitato a suonare in occasione di una festa fascista, tu che avresti fatto? –
– Penso che nel ventennio sarebbe stato pericoloso rifiutare un invito del genere, a meno di escogitare qualche scusa plausibile per poter dire di no. Diciamo… io penso… così, a freddo… viviamo ora in una situazione politica diversa, più democratica, per tanti aspetti, di quella del ventennio, sarebbe meno difficile dire no, anche se, forse, non sarebbe nemmeno facile, mi sento di poter dire… bisogna calare la scelta nel momento reale… in cui concretamente si vive la situazione. Se l’attività da svolgere è quella che ti dà il sostentamento per vivere, per mantenere la famiglia, io… se fosse un …- Lo interruppe Scriba:
– Mi sembra che tu ti stia un po’ confondendo, Jo. Non si capisce una mazza di cosa stai dicendo. Anzi, per dire meglio, come in qualche altra circostanza, ti sei espresso da cerchio-bottista… –
– E che vuol dire cerchio-bottista? – chiese Tonzo
La discussione fu interrotta da Chino:
– Non credo sia il caso di arrivare a prendersi a pugni. A me la musica piace perché esprime emozioni, idee che non saprei, o non vorrei, esprimere in parole… –
S’interruppe un attimo e riprese:
– Toh, lì c’è il mio maestro di pianoforte… che ne dite, proviamo a parlare con lui del film? –
I cinque raggiunsero il marciapiede opposto.
Era un uomo alto, robusto, pancia prominente, capelli lunghi alla Franz Liszt, volto simpatico che emanava un avanzo di profumo di rasatura e sul quale aleggiava una espressione di serenità e soddisfazione.
Il maestro, effondendo alitate di vino, accolse l’allievo con un caloroso:
– Ciao Federico, che fai qui, a quest’ora? Allora, sei andato a cinema? –
– Buona sera maestro. Sì, infatti, sono appunto reduce con questi compagni dall’arena parrocchiale dove si proiettava il film. Un film che ci ha molto coinvolti. –
– Non mi ricordo, che film era, hai detto? – chiese il maestro.
– L’eterna armonia, narrava la biografia di Chopin. –
– Ah, sì, il grande Fryderyk, il poeta della tastiera, l’ha chiamato qualcuno; grande pianista, grande compositore, immenso. –
– Non vorremmo disturbare, ma vorremmo chiedere di illuminarci sulla figura del musicista. Siamo stati stimolati a discutere su alcuni aspetti della narrazione del film… –
– Sì, dimmi, anzi ditemi… –
– Nel film è data una rappresentazione del musicista che non ha convinto tutti, per quel che riguarda i suoi rapporti con la Polonia, la Russia, cose di questo genere, insomma… Il fatto è che un paio di noi stavano per litigare, non dico venire alle mani, ma sa com’è, quando si hanno visioni diverse….-
– Significa che siete disponibili a stare qui tutta la notte, sì? –
– Beh, no, certamente lei non è disponibile a stare qui a chiacchierare con noi tutta la notte– interloquì Scriba e aggiunse:
– Il fatto è che questi miei compagni hanno idee un po’ confuse sui rapporti di Chopin con la Russia, sulla musica sdolcinata nella quale nel film sono stati tradotti alcuni capolavori di Chopin…- Il maestro lo interruppe:
– Tu, invece hai le idee molto chiare? –
I ragazzi scoppiarono a ridere. – Se posso, maestro … – intervenne Jo
– Allora, eravate voi due che stavate per venire alle mani… Sentiamo, qual è il problema. –
– La mia domanda è la seguente. Nella colonna sonora del film prevaleva la Polacca che, a quel che ci ha detto Chino, se ho capito bene, è una delle composizioni più famose di Chopin. – Hhhmmm… Chopin, certamente un grandissimo musicista, è impossibile non associare Chopin ad un pianoforte. Ciò che rende la sua musica immediatamente riconoscibile e bella risiede nel fatto che in tutta la sua produzione vi sono due ingredienti: la melodia seducente e il modo di porgerla dallo strumento: la faceva sembrare improvvisata, sgorgata dai testi come acqua di sorgente. –
Fece una pausa che i ragazzi non osarono interrompere e riprese:
– Probabilmente vi riferite alla Polonaise, detta anche Eroica, certamente la più famosa delle opere famose di Chopin. Quando Chopin scrisse quel brano viveva a Parigi da parecchi anni ormai. Penso fosse evidenziata questa circostanza nel film. Chopin era andato via da Varsavia quando aveva vent’anni e non vi tornò più. In realtà, Varsavia, la Polonia e i loro problemi, furono poco più di uno stimolo a quella composizione. A Parigi Chopin visse bene, compatibilmente con le sue condizioni di salute. Si preoccupava, sì, di quel che accadeva nel suo paese d’origine, anche perché era fonte di ispirazione per le sue composizioni, ma… – Irruppe Scriba:
– Quindi, se ho ben capito il suo pensiero, quella di Jo è una interpretazione forzata, quella di attribuire significati politici… –
– Non ho visto il film, quindi non so dire se hai ragione tu o lui; quello che mi sento di dire è che probabilmente, in base a quel che voi dite, regista e sceneggiatore possono aver calcato la mano sulle intenzioni politiche di Chopin nel comporre quella Polonaise. Per caso il film era americano? Quello che si può affermare con buona certezza è che certamente Chopin non aveva in simpatia la Russia, non credo però che avesse fini politici così specifici quando componeva. –
– Lei, l’ha mai suonata? – chiese Tonzo.
– Beh, sì, in diversi concerti. Può essere interessante anche sapere che fu proprio quell’opera a far incontrare Chopin con George Sand, la donna sua amica intima… non so se dal film s’è capito che era una donna, il vero nome era Amandine, Dupin Dudevant, una scrittrice. In una lettera indirizzata a Chopin scrisse, appunto, della Polonaise: “L’inspiration! La force! La vigueur! Désormais cette polonaise devrait être un symbole, un symbole héroïque!”. Voi studiate le lingue, no? Sapete cosa vuol dire questa citazione? –
– No, noi studiamo inglese… – intervenne Scriba.
Il maestro fornì la traduzione della frase:
– L’ispirazione! La forza! Il vigore! D’ora in poi questa Polacca dovrà essere un simbolo, un simbolo eroico. È da quest’ultimo aggettivo che quel brano viene indicato anche con l’aggettivo Eroica. – E proseguì:
– Per chiudere sulla vita sentimentale di Chopin, va anche detto che qualcuno, che ha letto e analizzato a fondo le sue lettere, ha sospettato che in realtà era gay. La cosa, francamente, non mi sembra rilevante, e comunque ha bisogno di accertamenti.
– Ah –Esclamarono in coro Scriba e Jo.
Il maestro riprese subito: – Ma questo è un problema che a noi non interessa. A noi interessa Chopin come grande, immenso compositore, dotato di un immenso genio musicale. E poi, dovete consentirmi di chiedervi, ma voi che genere di musica ascoltate di solito? Siete appassionati di musica classica? –
– Beh… sa… noi ascoltiamo le musiche che trasmette la radio, la musica cosiddetta leggera, le canzoni di Sanremo…- disse Jo, ricevendo il consenso dei compagni,
– Questo significa che la musica di Chopin e tutte le altre musiche cosiddette classiche sono da considerare pesanti? – ironizzò il maestro.
– A rigor di logica, sì – intervenne Tonzo. Intervenne Jo:
– I brani musicali presenti nella colonna sonora del film, a me, ma credo anche agli altri, hanno riempito l’anima e il corpo. Quelle musiche hanno provocato una emozione profonda, un’onda lunga di piacere, direi un piacere proprio fisico. Ma, se mi è consentito dire, maestro, vi sono anche canzoni, quelle più significative, che provocano o possono provocare sensazioni analoghe. –
Intervenne Jo;
– Sono d’accordo, la differenza tra musica leggera e musica che dovremmo chiamare “pesante” è che di solito le canzoni sono brevi, durano pochi minuti. –
– Bravo, hai descritto bene le sensazioni che hai provato e che ho provato anch’io e, credo, anche gli altri. – fece presente Benny
– Mi fa piacere sentirvi dire queste cose. Bene, allora, se può interessarvi, ad ottobre terrò un concerto in città. Ho in programma l’esecuzione di alcuni brani di Chopin, fra i quali l’Eroica, appunto. È una composizione che presenta una grande introduzione con note in rapida ascesa in entrambe le mani, che creano l’atmosfera di tutto il brano; inoltre, è già lì, effettivamente, come disse George Sand, che emerge il lato eroico della composizione. –
Quasi in coro, Scriba, Jo e Benny intervennero:
– Se tramite Chino ci fa sapere, la data e il luogo, ci farà piacere venire ad ascoltarla. –
– Chino? Chi è Chino? –Scriba precisò: – Chino è Federico, scusi, maestro, fra di noi siamo soliti chiamarci con dei nomignoli che ci siamo attribuiti e così Federico è diventato Chino, lui è Jo, che sta per Egidio, io sono Scriba… –
– Ah! Simpatica questa cosa. Prima di salutarci, dunque, mi interessa riprendere quel che ha detto lui, come si chiama? – aggiunse il maestro
– Si riferisce a Jo, credo – intervenne Chino
– Sì, bravo. Quando ha parlato dell’onda lunga di piacere che la musica produce e che può essere addirittura un piacere fisico. Prima di salutarvi vi voglio proporre un ulteriore elemento di riflessione sulla musica, in genere, leggera o pesante che sia. La musica è uno strumento senza eguali per modellare la sfera emotiva delle persone. Vi è chi ha affermato che, come cibo, sesso e droghe, la musica è in grado di darci piacere poiché rilascia dopamina nel cervello. –
Non avendo reazioni verbali dai ragazzi, aggiunse:
– Spesso dimentichiamo che noi essere umani siamo fatti di vibrazioni, che i sensi ricevono quelle vibrazioni e trasmettono messaggi. La musica è una fonte straordinaria di vibrazioni che provocano piacere, un piacere che nasce e cresce utilizzando i canali dell’eros. –
Intervenne Scriba:
– Mi sembra una affermazione da condividere appieno. Credo sia esperienza di tutti che quando balliamo al suono di una canzone, di certe canzoni, avvertiamo un piacere che è anche fisico, intensamente fisico, se la melodia, anzitutto, e poi il testo stimolano il piacere.
– Il vostro compagno sembra avere idee chiare… –commentò conclusivamente il maestro, abbozzando un sorriso e aggiunse:– Allora, ragazzi, grazie per la piacevole conversazione e… –
– Siamo noi che ringraziamo lei per le cose che ci ha detto… Scusi, maestro, una domanda finale: il titolo italiano del film era L’eterna armonia; quello originale americano A Song to Remember, lei ritiene vi sia coerenza ?- intervenne Chino.
– Pur non avendo visto il film mi sento di dire: decisamente no! Ma è rilevante? Voi stessi avete detto che le canzoni, certe canzoni, come la musica cosiddetta pesante, producono sensazioni analoghe. la musica, tutta, classica o leggera, o pesante che sia, in fondo, è qualcosa impossibile da descrivere. Il modo migliore per spiegarla e per comprenderla è: ascoltarla. E per chi può o vuole, praticarla, come fa Federico. –