Racconto di Valentina De Nart

(Terza pubblicazione)

 

Leda camminava per il viale di ciottoli che ogni giorno la separava da casa, di ritorno da lavoro. Le piaceva andarci a piedi, l’aria del mattino la rinvigoriva e le dava la sensazione di attivare ogni singola cellula del suo corpo. Oltre al vantaggio, non così secondario, di mantenersi in forma senza quasi accorgersi dello sforzo. Di rado si fermava ad osservare ciò che le scorreva intorno: le altre persone le passavano di fianco similmente a dei fotogrammi sfocati, sfumati, talvolta scoloriti. Ogni tanto, però, qualcosa rapiva di colpo il suo sguardo. Come quella mattina, quando intravide una coppia in piedi, che attirò la sua attenzione. Lui abbracciava la donna da dietro, appoggiando nel contempo il viso tra i capelli di lei; ma non c’era niente di erotico nella posa, solo si notava un amorevole delicatezza nel farlo. Le mani robuste appoggiate piano sulla cintura di lei, sprigionavano un caldo affetto.

Poi Leda capì: la donna era incinta.

Quell’immagine finì archiviata negli scaffali della sua mente, insieme alle centinaia di altre in cui ogni giorno ci imbattiamo. Ma la sera, quando la ragione si acquieta per riposare, ecco emergere frammenti scomposti dell’inconscio che, silenziosi, provano a fare capolino da chissà dove.

Leda insaponava il suo corpo flessuoso distesa nella vasca, sorridendo tra sé e sé, gratificata da quel piacevole rituale. Si accarezzava le braccia, i seni, le gambe, la pancia…

Fu allora che sentì qualcosa sfaldarsi dentro di lei.

Fu una sensazione mai provata prima: la pancia piatta che di sé adorava, quell’addome liscio che tante le invidiavano, iniziarono tutt’ad un tratto ad assumere i contorni di un senso di vuoto.

Vide il suo volto riflesso nella boccia di bagnoschiuma, l’espressione di una ragazza esterrefatta. Alzò la testa e incontrò i suoi occhi nello specchio per guardarsi meglio; fino ad allora essere bella e attraente era stato per lei una facile fonte di gratificazione. Sfogliava gli scatti delle modelle sulle riviste e si riconosceva in quelle allure di grazia, leggerezza, eleganza e purezza.

Ma c’era davvero solo questo? La sua vita era piena nel sentirsi così vuota?

Non cercò le risposte a quelle domande; fece invece quello che anni di meditazione avevano provato ad insegnarle: stette ferma a respirare quel momento.

Il giorno seguente per andare a lavoro avrebbe preso l’autobus…e magari anche provato a sbirciare tutto quel mondo che stava lì fuori, proprio intorno a lei.