Racconto di Giulia Ancona

(Sesta pubblicazione)

 

 

“Piove, piove
Acqua di limone
Si accende la candela
Si dice buonasera.

Buona sera e buona notte
Il lupo dietro alla porta
La porta casca giù
E il lupo non c’è più”

 

  • E smettila con questa cantilena! È da ieri che mi sta ossessionando. E allontanati da quella finestra e va a finire i compiti ..–
  • Ma piove a dirotto e a scuola non si va – replicò il ragazzino continuando ad accarezzare i vetri con l’indice della mano destra per pulirne il vapore che il suo respiro appannava.
  • Presto smetterà di piovere e tu, come al solito, sarai indietro con le tue cose. La scuola riaprirà e ci andrai senza aver fatto i compiti. Hai 15 anni, non puoi continuare a comportarti come un moccioso! –
  • E dai, lascialo in pace. Fra poco seguirà suo fratello in camera e farà quello che deve fare. Ma non vedi cosa sta succedendo fuori? Anche loro sono nervosi. Sono chiusi in casa da troppe ore senza potersi muovere un po’ –

La donna capì di essere in minoranza. Si strofinò le mani sul grembiule e, in silenzio, continuò a muoversi ai fornelli per preparare la colazione.

Suo marito intanto, si era alzato dal tavolo vicino al quale era seduto dalle prime ore dell’ alba. Guardava la TV pigiando freneticamente i tasti del telecomando alla ricerca di canali cui recuperare notizie rassicuranti sulle previsioni del tempo.

Pioveva, ormai ininterrottamente, dal giorno prima e le strade si stavano trasformando in torrenti. Certo la sua casa era solida, era quella dei suoi genitori. Negli anni ne aveva viste di cotte e di crude ed aveva sempre retto ad ogni intemperia. Oggi più che mai sarebbe stata in grado di sostenere ogni cosa.

L’ aveva ricevuta in eredità. A dire il vero non l’aveva trovata in ottimo stato e avrebbe dovuto venderla o, addirittura,  demolirla. Ma era la casa dei suoi, quella dove era cresciuto e poi … era figlia del monte. Epomeo, il gigante buono, come lo chiamano gli ischitani.

Era stata costruita alle sue pendici e il monte l’aveva catturata in sé, circondandola amorevolmente di maestosi alberi. Gli stessi che in estate, quando la calura e il sole dominano tutta l’isola,  con le maestose fronde, offrono agli ambienti un’ ombra e un fresco meravigliosi.

Aveva pensato, quindi, di ristrutturarla. Lo stato gli aveva dato una mano ed ora era lì,  più resistente che mai.

  • Dai a tavola, la colazione è pronta! Anche oggi piove e papà resta con noi. Il lavoro può attendere. Forza ragazzi, facciamo colazione tutti insieme! –
  • Piove, piove, acqua di limone…!
  • Ancora! Devo venire io a strapparti via da quella finestra? Sei inginocchiato da ore su quella sedia e la paglia della seduta  sembra essersi incastrata nelle tue gambe!-
  • Ma piove a cascate e poi voi non lo sentite? –

Il ragazzino con il dito indice rivolto in alto  verso un orecchio, stava facendo  cenno di ascoltare.

  • Ma come non sentite nulla?
  • Ma cosa vuoi che si debba sentire? È la pioggia! –
  • Non è soltanto la pioggia. A tratti, un rombo, sembra provenire dall’ alto del monte. Quasi un urlo! Non avete mai sentito parlare di una misteriosa porta nascosta sul monte? Essa porterebbe ad una civiltà sotterranea, gli Agharti. Un popolo molto evoluto che, abiterebbe, da millenni, nelle viscere della terra –
  • Ma che dici? – sbottò sua madre – È il rumore dell’ acqua che si confonde con il frastuono del vento fra i rami degli alberi. E non voglio ripeterlo: lascia quella finestra e vieni a tavola. E, per piacere, non ripetere queste storie davanti ai bambini, spaventi i tuoi fratelli …Un urlo …  un popolo sotterraneo! Roba da matti! Ti devo togliere quel cellulare così finirai di leggere su Google cose strambe –

Due bimbi più piccoli, intanto, trotterellando insieme, stavano scendendo da basso dalla bella scala di legno. Il profumo delle assi lavorate di fresco, si spandeva nell’ accogliente soggiorno. Un maschio e una femminuccia si tenevano per mano.  La piccolina di appena sei anni era avvolta in un pigiamone, manco a dirlo, rosa. Il fratellino di 11 le porgeva la mano e, quasi un principe al primo ballo,  ne agevolava la discesa.

  • Arrivano gli angioletti! Dai che i pancake si freddano –
  • Che carina mia madre! – pensò il ragazzino lasciando a malincuore la sua postazione di controllo alla finestra – sa trasformare in  una festa anche una tempesta come questa! Ma che ci sarebbe di strano se un popolo avesse deciso di abitare nella montagna?-
  • Che ne dite se facciamo delle barchette di carta?- disse il più piccolo addentando un pancake – Potremmo lasciarle scivolare a valle mettendole nel torrentello che passa fuori l’uscio di casa –
  • Sarebbe bellissimo! – Cinguettò la piccolina con un baffo di cioccolata che le copriva il musetto fino al naso –
  • Si, certo! Le barchette ci mancano. Pensate di poter giocare fuori, sotto questo diluvio? – borbottò la mamma a mezza voce, come parlando fra se, mentre con un tovagliolo di carta cercava di ridare al visino della piccola un aspetto meno claunesco.
  • Non fuori, osò il fratello più grande. Potremmo farlo stando sotto il portico! –
  • Va bene, vediamo come si mettono le cose più tardi. Speriamo che smetta un po’ di piovere. Adesso gustiamoci questi deliziosi pancake che ha fatto la mamma. Vero che sono buonissimi, cucciolotta? –disse il padre accarezzando i lunghi capelli della piccola che si stava ingozzando come se… non ci sarebbe stato un domani! E, quel domani, si accingeva a scomparire, man mano che le ore passavano. Chi avrebbe mai potuto immaginare quello che sarebbe accaduto da lì a poco?

La pioggia fuori continuava a cadere senza tregua. Le grondaie, ormai, non riuscivano a canalizzare tutta quell’acqua e la lasciavano esondare con violenza.

  • Dio mio, inizio ad avere un po’ di timore – pensava la mamma senza proferire alcuna parola, ma guardando di sottecchi suo marito che, dal canto suo, non smetteva di accarezzare la bambina.
  • Papà perché mi guardi in quel modo? – disse la piccola ormai gonfia come un otre di latte e dolci.
  • Mi piace vedere come mangi. Gusti tutto con tale appetito che mi stai facendo tornar voglia di riprendere a mangiare! –
  • Ma che scherzi! – disse la mamma, iniziando a sparecchiare in fretta. Voleva restare sola con suo marito e confidargli di quell’ angoscia che si stava, man nano, impossessando di lei.
  • Forza, salite nelle vostre camere. Lavatevi ben bene, vestitevi, sistemate il vostro letto e cercate di fare i compiti. Tu bambolina prendi il tuo orsacchiotto e, insieme, fate tante barchette di carta. Io e papà restiamo di sotto per capire come farle navigare nel torrente! Su, salite di sopra –

E così facendo aveva sollevato in alto la piccolina riempiendole di baci le guanciotte paffute.

  • Sai di Nutella! Sei una golosona. Se non la smetti di ingozzarti così diventerai un pallone e volerai in alto, sempre più in alto, verso il sole! –
  • Ma non voglio volare senza di te. Allora mangia anche tu tantissimo, così saliremo in cielo insieme! –
  • La mamma non ha bisogno di ingozzarsi per volare…è già una…mongolfiera! – Il papà aveva preso la palla al balzo cercando di troncare quell’incanto. Dall’ esterno arrivavano insoliti rumori e, sempre più incalzanti, avvertiva strani scricchiolii.
  • Una mongolfiera io? – la mamma aveva poggiato la piccolina per terra e, afferrato un cucchiaio di legno, aveva preso a rincorrere il papà intorno al tavolo. Tutti ridevano mentre salivano la scalinata che li avrebbe portati nelle loro stanze, al piano di sopra.
  • Ma che sta accadendo fuori! Sembra arrivato il diluvio universale!

Appena i ragazzi sparirono alla loro vista, i due genitori si diressero verso l’uscio aprendolo per guardare all’esterno.

Un buio infernale inondava le strade insieme all’ acqua che, ormai  sbucava da ogni dove cercando le sue vie di fuga verso il mare. Difficile sentire voci umane se non ululati di sirene dei mezzi di soccorso dei pompieri che tentavano di dare una parvenza d’ordine a quel finimondo.

  • Avremmo dovuto andare da qualche altra parte. Appena tutto questo è iniziato dovevamo portare i ragazzi a Napoli da tua sorella. Ma chi avrebbe mai potuto immaginare tanto?
  • Dai, non pensiamo al peggio. Senti quante sirene in giro? I pompieri non ci abbandoneranno. “Non fasciamoci la testa prima di rompercela”, vedrai che presto tutto andrà a posto –

La donna girandosi, aveva tirato all’interno il marito, chiudendo alle sue spalle, con forza,  il portone d’ ingresso per non vedere quel mare d’ acqua che, ormai, aveva invaso la veranda.

Di sopra i ragazzi tentavano di fare i compiti. Impossibile! Il frastuono della pioggia e del vento che battevano furiosi contro i vetri delle finestre, era difficile ignorarli. Andarono dalla piccolina che, seduta sul pavimento a gambe incrociate, a modo suo stava costruendo barchette. Aveva utilizzato fogli presi dalla stampante del padre e non accennava a smettere per vestirsi.

  • Quante volte ti ripetiamo di utilizzare fogli non nuovi per i tuoi lavoretti? Hai sprecato tutta questa carta. Papà ti farà il culetto rosso, rosso! –
  • Non è vero! Il mio papino mi vuole bene …e poi con tutto questo vento ho paura e se non faccio le barchette non sto tranquilla. Quasi, quasi me ne torno a letto con il mio orsetto. Anzi me ne vado sotto il lettino, nella mia capanna! –

Si era messa di colpo in piedi, aveva preso per in braccio il suo orso e si era infilata sotto il lettino tirandosi dietro la coperta di lana a quadri colorati che le aveva fatto sua madre.

  • Fa quello che vuoi. Se ti va vieni con noi e ti raccontiamo una bella fiaba-
  • Non mi va! – rispose la piccolina, coprendo ben bene il suo orso per evitare che prendesse freddo, poi, facendo capolino da sotto il letto, con un sorriso furbetto aveva esclamato: – Magari più tardi vi vengo a trovare. Voi intanto cercate la favola da leggere! –
  • Sei proprio un peperino! – I fratelli la lasciarono alle sue cose ritornando nelle loro stanze per studiare un po’.

Al piano di sotto i genitori erano in subbuglio. Non sapevano cosa fare e non riuscivano a pensare con una certa calma… Uscire era impossibile, per andare dove, poi! Bisognava stare calmi e attendere i soccorsi. Avevano chiamato più volte i vari gruppi, compresa la protezione civile, ma nessuno aveva saputo dire nulla di preciso.

  • Guarda! L’ acqua sta’ entrando in casa! – Dal portone d’ingresso l’acqua si stava facendo strada sul pavimento della cucina. La donna terrorizzata era corsa alla porta per guardare meglio la situazione.
  • Non aprire! – le aveva urlato il marito, ma, ormai, era troppo tardi.

Un’ enorme massa di fango  spinse l’ uscio con forza mandando all’ aria il massiccio portone di castagno. In un lampo si impadronì della cucina e, in quell’attimo attimo tutto si compì. A nulla valsero le grida dell’uomo e della donna che chiamavano i figli. Galleggiando come fuscelli sull’ onda di fango, erano stati catapultati fuori dalla casa attraverso le grandi porte finestre del soggiorno che avevano ceduto a tanta violenza. Il boato aveva scosso la casa dalle fondamenta e, al piano superiore, un terribile sussulto aveva fatto cadere al suolo i due ragazzi. Scivolando sul pavimento ormai viscido come l’olio e non più in asse, avevano raggiunto la camera della sorellina che, nascosta sotto il materasso, piangeva e chiamava sua madre.

  • Cucciola, non piangere. Non avere paura, fra poco mamma sale a prenderti! Resta ben nascosta con il tuo orsetto e vedrai che presto tutto finirà-

I due ragazzi si strinsero forte, pensando che forse, per loro, non c’era più nulla da fare.

  • Ah se avessi potuto avvisare il popolo della montagna! Sicuramente ci avrebbero salvati! –

Tra lacrime e acqua il ragazzino vide guerrieri in assetto di guerra che, veloci, uscivano dal monte. Con le loro canoe, in migliaia stavano cavalcando quell’ onda nera per ….salvarli?!?

Tutto veniva spazzato via, tutto quella fanghiglia stava rubando. Tutto, ma non quel delizioso profumo di vainiglia dei pancake che sua madre aveva preparato.

Il buio coprì tutto e il fango sovrastò ogni cosa. La casa, la bella casa di famiglia che nessuno aveva voluto lasciare, non esisteva più, sparita come una minuscola mentina nella gola di un gorilla.

Il suono delle sirene, inutilmente, aveva preso a correre verso la casa.

 

“Piove, piove

acqua di limone…

…………………….

Il lupo dietro alla porta

La porta casca giù

E la vita non c’è più!”