Racconto di Ivana Greco
(Prima pubblicazione – 23 gennaio 2019)
Mi sono messa a dieta. Sono un paio d’anni che trascino troppi chili avanti e indietro da Torrimpietra a Civitavecchia e ritorno. Ho chiesto aiuto prima al divano, ma lui se ne sta a casa tutto il giorno, immobile, e di fronte al mio sovrappeso sembra quasi sorridermi. Per cui sono andata da una professionista, un’antidivanista sostenitrice dell’attività fisica quotidiana, che mi ha messo a stecchetto.
Un collega, appresa la lieta novella, ha commentato: “A dieta? Ma tu non lo eri già? E da tempo ricordo.”
Fantastico. La mia autostima ringrazia. “Vero ma stavolta mi sono rivolta ad un medico” ho diplomaticamente ribattuto.
“Brava, bene. Così mi diventi una bella quarantenne magra!”
Solo che io di anni ne ho trentasei.
Un’altra collega invece mi ha detto che da quando ho iniziato la dieta sono triste. Rassegnato, questo è il mio stato d’animo.
E rassegnata stamattina mi sono diretta al bar della stazione, dopo una faticosa ressa sulla banchina con gli studenti del regionale delle 7:28. Oggi non ho trovato nessuno che potesse darmi un passaggio fino al lavoro quindi mi è toccato il treno prima, così faccio in tempo a prendere la navetta aziendale delle 8:40. Mi sono messa in fila alla cassa per acquistare un caffè, che dovrà essere con poco zucchero, molto poco, perché al giorno ne posso ingurgitare solo venti grammi. Avete presente quella barretta di cioccolato con dentro il wafer che si spezza in quattro? Mo’ non mi va di fare pubblicità a nessuno, anche perché mica mi pagano. Vabbè penso abbiate capito. Hanno inventato un nuovo gusto: cioccolato bianco con interno alla fragola. È messa in bella vista sul bancone, non si può non notarla. Sgrano gli occhi: io adoro la cioccolata con crema alla fragola. E se c’è una novità nel mercato dei dolciumi pieni di additivi e conservanti la devo sempre testare.
È una congiura ordita contro la mia dieta, la mia buona volontà, i buoni propositi. È il mio turno, la barretta mi sussurra: comprami. C’è sempre una gran folla a quest’ora: gente in fila che scalpita, cerca di superarti, che passerebbe sopra il tuo cadavere per arrivare al cappuccino prima di te. Mi spintonano come nei migliori concerti metal. “Prego” fa il cassiere. Io prendo tempo. Guardo lui, poi guardo la barretta, poi di nuovo lui. La cioccolata mi dice: assaggiami. Potrei comprarla intanto. Poi un momento per infilarlo nella dieta lo trovo. Magari salto pranzo e cena per due giorni. No, stai zitta barretta. “U-un caffè per piacere” balbetto. Non puoi farci questo. Smettila.
Lo scontrino è prodotto, l’euro (eh sì, un euro) elargito. È tempo di sloggiare. Dico addio al delizioso wafer con delicato ripieno alla fragola e goloso rivestimento di cioccolato bianco.
Sono stata brava, dovrei essere orgogliosa di me. Sono solo sconfortata, invece. Vabbè, vado a consolarmi con uno squisito e dolce caffè. No, solo caffè. Che amarezza.
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