Racconto di Francesca Coppola
(Nona pubblicazione)
Mi fanno male le braccia.
Dovrò lucidare ancora quella parte della stanza, mi f a n n o l e b r a c c i a.
Dove sono mamma e papà? perché mi hanno lasciata qui in questa casa grande e fredda?
Mi manca la mamma, il piatto di riso preparato da lei aveva un altro sapore.
Devo pulire ancora “prendi lo straccio passalo nell’acqua, strizza due volte almeno”.
Dopo andrò dai pappagallini in salotto, parlerò con loro. Sembra mi capiscano, loro hanno le ali ma sono stretti in un piccolo spazio. Hanno una testa che è in grado di uscire dalle sbarre ma poi restano bloccati per via del corpo. Allora fanno marcia indietro e se ne stanno fermi, vicini l’uno all’altra, quasi a darsi coraggio. Io li guardo e penso che almeno loro sono in due e si tengono compagnia. Questa casa è grande, tanto grande, forse è per questo che è più difficile scaldarla. I proprietari mi avevano promesso di farmi studiare ma non faccio altro che sgobbare. Perché, perché non potevo stare con i miei genitori? Perché devo stare qui? La sera mi manca il respiro come se non avessi la forza di buttare fuori aria.
Il mio compleanno sta per arrivare, compirò otto anni.
Cosa si può fare alla mia età?
Quali sono i desideri da chiedere allo spegnimento di candeline immaginarie?
1.Un vestito scelto dalla mamma.
- Un piatto cucinato da lei.
- Sentire la voce dei miei genitori.
<<Zorbha prepara il latte per Ariette>>. Mi chiama la signora devo correre altrimenti sono guai.
Mi asciugo le mani sul vestitino tutto macchiato. Mi dirigo velocemente in cucina, prendo il latte dal frigo ma non riconosco l’odore specifico. Non lo bevo mai. Preparo il bollitore, prendo la bottiglina con dentro i biscotti “che buon odore”. Non azzardarti Zorbha l’ultima volta che ci hai provato a dare un morso ti hanno scoperta e allora sono state dodici frustate.
<<Ecco signora il latte è pronto!>>
<<Continua le faccende>>.
<<Sì signora>>.
Passo dal salone per guardare ancora una volta i pappagalli. E loro mi guardano. Ci capiamo fra simili. Mi chiedo a cosa servono le ali se poi non puoi volare.
Mi avvicino alla gabbia, apro la porta. In un momento solo è un battere di ali, un battere la schiena. E sono calci e sono pugni. Sento lo stomaco sottosopra, la bocca è piena di un liquido caldo che vuole uscire a forza.
<<No signori, vi prego>> riesco a dire ma mi sento troppo stanca.
Chiudo gli occhi, posso raggiungervi amici pappagalli!
-°-
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