Racconto di Ileana Collini

(Prima pubblicazione)

 

A sera il sole basso sferza la via con fredda luce radente. Il dio della luce sta per volgere il suo sguardo altrove non curandosi di abbandonare nella malinconia le anime più delicate. Il Tibet è una terra dura, tanto più quando è avvolta nell’inverno.

Nel complesso del gompa, i riti serotini sono terminati. Tensing, infagottato nella veste rossa, stringe tra le mani una tazza di tè bollente. Ripensa a stamane quando, salendo alla grotta della meditazione, ha visto le orme della pantera delle nevi.

Elusiva e sfuggente, raramente la pantera si concede agli umani. Negli affreschi del monastero è ritratta con perizia, ma nessuno dei monaci l’ha mai vista.

 

È ancora buio, Tensing cammina verso la grotta e gira la ruota della preghiera. Ascolta il silenzio dell’altopiano. D’un tratto il suo cuore batte forte, una strana sensazione, si sente osservato, si ferma e si guarda attorno. Niente. Prosegue sul sentiero. Finalmente giunge alla grotta e si accovaccia per i suoi esercizi spirituali.

La luce dell’alba solleva il velo, Tensing immobile guarda fisso avanti a sé.  È immensa la sua incredulità quando scorge sul crinale una coda ondeggiare sinuosa. Poi emerge la testa con quegli occhi curiosi e risoluti.  Gli sguardi prima si incrociano come lame poi si fondono in una danza gioiosa.

Tensing e la pantera delle nevi ora giocano assieme a nascondino, per sempre. Al monastero, sull’affresco accanto alla pantera delle nevi c’è un monaco. C’è chi dice che sia Tensing.