Racconto di Adele Múrino

“RaccontiConParola-2”

 

Passavo di là tutti i giorni e non mi decidevo a salire quelle scale. Quel giorno mi feci coraggio e arrivai all’ingresso. Attraversai il massiccio portale di legno della Chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e mi ritrovai nell’oscurità. L’interno era illuminato dalla fioca luce delle candele e facevo fatica a distinguere l’ambiente. Poco a poco i miei occhi si abituarono: scorsi in lontananza l’altare e, sul fondo, la statua del Cristo Redentore. Rimasi per qualche secondo in contemplazione poi cercai il confessionale. Sapevo che a quell’ora Don Bruno era seduto là, in attesa. Mi inginocchiai su un’asse di legno ricoperta da velluto rosso. Davanti al mio viso, affisso ad una fitta grata in ferro, c’era un semplice crocefisso di legno. Mi feci il segno della croce e rimasi in attesa. Non trascorse molto tempo che udii scorrere lo sportellino e una voce bisbigliare: «Il Signore sia nel tuo cuore, perché tu possa pentirti e confessare umilmente i tuoi peccati». La voce tacque e io timidamente sussurrai: «Amen». Don Bruno, come se avesse intuito il tumulto che agitava il mio cuore, mi invitò a liberare la mia anima dal peso del peccato.

Non sapevo da dove cominciare, dovevo raccogliere le idee. Seguì una lunga pausa di silenzio poi il tormento fece posto alla calma. Con voce più ferma, cominciai a parlare. Mi ero già posto la domanda che don Bruno ora mi rivolgeva: «Perché sei qui?». Sentimenti contrastanti mi avevano spinto a compiere quel passo. Adesso dovevo esternare i miei pensieri e liberarmi di un peso. «Mia moglie mi tradisce». Dopo aver pronunciato quelle poche parole, mi sentii come svuotato. Don Bruno rimase in silenzio e io ebbi l’impressione che il suo respiro, per un attimo, si fosse arrestato.

Nel pronunciare d’impeto quella frase mi resi conto di quanto profondo fosse l’odio che stavo covando da tempo nei confronti di mia moglie. Ero certo che lei avesse una relazione ma era abile a tenere nascosto tutto quanto. Gli indizi dei suoi tradimenti e il fatto che non riuscissi a intuire chi fosse il suo amante mi stava conducendo alla pazzia. Più volte mi ero domandato in cosa avessi sbagliato, quale azione esecranda avessi commesso al punto tale da indurla ad allontanarsi da me dopo tanti anni vissuti assieme. Con la fronte appoggiata alla finestrella del confessionale, udivo ma non ascoltavo le parole di Don Bruno che mi esortava a riflettere sul mio stato d’animo. Mi raccomandava di non lasciarmi sopraffare dalla rabbia cieca che stentavo a reprimere. «Tua moglie è un’adultera ed ha commesso una trasgressione molto grave alla legge divina. Ha violato il sesto comandamento ed è venuta meno agli impegni assunti con l’unione coniugale. È lei che ha peccato ma tu dovrai essere forte, dovrai allontanare il male e ristabilire quell’unione che solo Dio può sciogliere». Quelle parole e altre che Don Bruno mi suggeriva riuscirono, poco alla volta, a scalfire quel sentimento di odio che si era impossessato di tutto me stesso e riaccendevano la speranza di una via d’uscita da quella che, da tempo, era diventata una situazione disperata. Me ne andai più sollevato e mi sentivo pronto ad affrontare la questione.

Mentre ero sulla via del ritorno intravidi da lontano una figura che somigliava in tutto a mia moglie: camminava di spalle a me con passo veloce; l’ondeggiare dei lunghi capelli neri sulle spalle e persino il rumore dei tacchi sul selciato mi erano familiari. Mi avvicinai, rimanendo a debita distanza, ed ebbi la certezza che si trattava proprio di lei. Fui assalito dal dubbio che si stesse recando dal suo amante e presi a seguirla. Non ci misi molto a capire che era diretta alla Chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e, quando fummo nei pressi dell’edificio, rallentai il passo. La vidi salire le scale e sparire oltre il massiccio portale. Mi fermai poco distante, pentito per aver dubitato di lei, e decisi di attenderla all’uscita dalla messa. Avremmo fatto ritorno a casa insieme e, lungo la strada, le avrei parlato di noi. Al rintocco della campana era già buio. Rivolsi lo sguardo verso il portale e vidi uscire tutti i fedeli, ma di lei nemmeno l’ombra. Ero lì, indeciso sul da farsi, quando la vidi uscire ma non era sola. Don Bruno, una spanna più alto di lei, le stava di fianco e insieme si affrettarono lungo una stradina stretta. Rimasi sbalordito e mi precipitai a seguirli senza farmi scorgere. Giunsero in prossimità delle ultime case del paese e poi imboccarono un vicoletto poco illuminato. Sparirono alla mia vista entrando in un portoncino e poco dopo vidi una finestra illuminarsi di una flebile luce. Scorsi, dietro una tenda, la sagoma di un uomo che abbracciava una donna dai lunghi capelli neri che le ondeggiavano sulle spalle. Era mia moglie insieme a Don Bruno. Tornai a casa distrutto, senza nemmeno la forza di fiatare. L’indomani mia moglie girava per casa come se nulla fosse. Entrò nella camera da letto chiudendo la porta dietro di sé ed io mi inginocchiai a spiarla dal buco della serratura. La vidi rimirarsi compiaciuta allo specchio canticchiando allegramente. In quel medesimo istante presi la mia decisione.

Nella testa avevo un guazzabuglio di pensieri e il mio cuore grondava dolore e sangue. Ero ormai pronto, senza ripensamenti, a un gesto estremo. Mi procurai un’arma e attesi il momento propizio. Sapevo che, dopo averla usata, non avrei più sofferto. L’ora era giunta e dovevo farmi forza. Cos’altro potevo fare? Avevo meditato a lungo senza riuscire a trovare una soluzione. Entrai nella Chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e mi inginocchiai per l’ultima volta. Ero calmo, lucido nella mia pazzia.

«Perché sei qui?». Puntai la pistola e sparai. Intravidi quel corpo ripiegarsi su sé stesso. Sulla via di casa incrociai mia moglie ma lei non mi vide. Andava verso la Chiesa con passo veloce, indossando il suo vestito più bello.