Racconto di Gigi Pietrovecchio
(Quarta pubblicazione – 31 maggio 2019)
Correre, quanto più velocemente possibile, contro il tempo lineare e circolare; correre contro lo spazio, aperto e chiuso, o distorto e rivoltato su se stesso; correre contro le mine vaganti predisposte per sedare ed annichilire le menti, gli spiriti e le Anime…
Come giunsero al sesto pianeta dell’Iperbole, punto d’intersezione della rotta teorica con quella reale, si accorsero che la temperatura stava drasticamente diminuendo e che la pressione assoluta andava decisamente aumentando.
Era questo il biglietto da visita di Vénbèn…
Eiréne ristabilì gradualmente i parametri standard ed avvisò l’intero equipaggio dei progressivi e futuribili cambiamenti di situazione, invitando tutti ad adeguare abbigliamento, accessori ed armamenti alle mutanti condizioni e ad attenersi scrupolosamente alle disposizioni che il Capo (Il suo Capo, il Capo di tutti…) avrebbe diffuso d’ora in poi…
Contemporaneamente raddoppiò il numero degli schermi normalmente consultabili ed iniziò a visualizzare diagrammi ed analisi funzionali in quantità tali da mettere quasi in difficoltà chi avesse voluto seguire istante per istante tutti i dati forniti. Al centro della consolle di comando stabilì un grande quadro multifunzione dedicato unicamente al suo esclusivo dialogo con Ran Thuryan; questo era il livello visibile, ma dietro c’era ben altro, oltre alla connessione costante con la duplice essenza di Mìneren Kar…
Comunque, in questa fase della complessa traslazione, rivestiva particolare importanza la figura di D’doràn Ontar, la Capitana arancio responsabile dei sistemi informativi e informatici e di tutto quanto anche lontanamente avesse a che fare con energia e bande dati.
Era lei la maggiore esperta e la più grande manutentrice della biotronica di Eiréne e di ciò era estremamente orgogliosa; d’altra parte in lei la femminilità veniva ostentata in tutte le sue caratteristiche, fisiche e psichiche, e metapsichiche, con grande disagio di tutti i maschi, o soprattutto i maschilisti, con cui avesse a che fare; percepire e rispettare tali peculiarità ed interagire con esse, da pari a pari, era un ulteriore aspetto dell’attitudine al comando di Ran Thuryan.
Comodamente seduta nella sua postazione piena di pulsanti, manopole e quadratini touchscreen, con schermi esclusivi a disposizione, D’doràn estrasse da un cassetto un bracciale d’acciaio finemente decorato da circuiti di colore nero, rame ed oro e, non appena vi inserì il proprio avambraccio destro, quello che sembrava un originale monile prese a restringersi modificando la sua altezza fino ad aderire esattamente alla larghezza variabile dell’arto; poi lei sfiorò l’unico cerchiolino arancione presente sulla sua consolle e i disegni sul braccio iniziarono ad essere percorsi da luminescenze, deboli lampeggi e tratti iridescenti.
Da questo preciso istante era come cablata a livello neurale con la spazionave e poteva così gestire le necessarie contromisure per combattere e neutralizzare qualunque cyberattacco proveniente dal di fuori.
Poi furono catapultati al centro di un’innumerevole quantità di aurore boreali; i disturbi elettromagnetici subirono un’evoluzione esponenziale, ma i quadranti dell’Ontar non registravano assolutamente niente! Eiréne… nemmeno.
Ologrammi… insidiose, allucinanti e fuorvianti suggestioni per trarre in inganno ed indurre in atroce apprensione chiunque.
Le menti e gli spiriti, d’ora in poi, furono sempre più sottoposti ad un crescente stato di stress, come se una gelida morsa di potenza variabile si stringesse attorno alle principali caratteristiche di qualunque essere animato o comunque senziente.
Il Maggiore, per queste cose, era quanto di peggio si potesse incontrare; c’era in lui un senso superiore che gli permetteva di intuire, anticipare e capire le minacciose azioni che prendevano avvio sul crinale del paranormale per riversarsi in seguito con violenza inaudita su chi fosse stato prescelto come nemico e bersaglio da eliminare.
Si teneva sempre vicino, o meglio a portata di mano, il suo amato pugnale. Strana arma, quella; assolutamente obsoleta e sconosciuta ai più, era una lama a doppio taglio forgiata da un vecchio fabbro di Kòros 2, ricavata da una moltitudine di verghe di svariati rari metalli, avvolte su se stesse e ripetutamente martellate a freddo; la sottile lastra così ottenuta veniva poi scaldata a temperature inconcepibili, immersa in un flusso di laser, tagliata e molata e lasciata riposare nell’infuso di molteplici erbe e fiori ed infine resa ancora rovente per essere temprata nel succo della miràba…
In un’occasione, appena sotto all’impugnatura, il nanodamasco aveva lasciato emergere antiche rune del suo pianeta e la formula potente che esplicitavano reagiva spontaneamente alla presenza di forze negative e di avversari astutamente camuffati.
Il Sovrintendente delle guardie spazioportuali della luna lontana…
Gli occhi di Mìneren Kar, fino ad allora verdi, di un bel verde chiaro e rilassante, divennero improvvisamente gialli e le pupille presero a restringersi, sempre di più, sempre più verticali, sempre più nere, sempre più cattive… sempre più sensibili alla fetida atmosfera del settimo pianeta…
La mano destra del Comandante si appoggiò affettuosamente sulla spalla della donna-gatta invitandola così a ritardare la trasformazione…
Lei iniziò a fissare uno schermo di Eiréne, solo uno, solo quello, solo il più trascurato da tutti; ed il comune potere telepatico fece il resto: chi le si trovava vicino la vide di colpo in pantaloncini arancio ed in top nero, il preludio al cambiamento radicale…
La mano di Thuryan, malgrado il tessuto su cui si appoggiava fosse repentinamente scomparso, non si spostò per nulla dalla spalla della sua amica, anzi, la strinse ancora di più vicino a sé e la risposta fu un bacio sulla guancia del Maggiore in mezzo alle fusa che ormai, senza alcun ritegno, stavano prorompendo in vista dell’azione…
La temperatura si abbassò ulteriormente, la pressione aumentò ancora e l’Intelligenza Artificiale (Ma sarà vero che è artificiale?…) vi fece subito fronte.
Vénbèn si stava avvicinando ed ognuno si preparava: chi allo sbarco, chi all’attacco, chi alla difesa ad oltranza contro un nemico invisibile e, teoricamente, sconosciuto.
Fino ad allora qualcuno era rimasto in ombra ed in silenzio, ma si apprestava ad avere un ruolo non indifferente in questa fase estrema e decisiva degli eventi: il Tenente di Secondo Cerchio Narràl Unàr, il licantropo saltante, il Canglùpo degli spazi, in termini più adeguati e dovuti: il referente di tutti i sistemi d’arma di astronave Eiréne…
Ancora una volta il suo carattere rapido e guardingo si mise in evidenza. Indossò il casco con visore integrato, che gli permetteva di scegliere con il pensiero i bersagli e le risposte adeguate, di allineare il tiro con lo sguardo e di far fuoco premendo uno dei pulsanti presenti sulla apposita cloche.
Nello stesso tempo lui coordinava tutti i suoi compatrioti, armieri, armaioli ed esperti balistici, che contribuivano ad aumentare la straordinaria potenza di Eiréne.
Un breve e modulato ululato risuonò nella diffusione audio del vascello e molti altri gli risposero confermando lo stato di allerta dei lupi canguri presenti a bordo: ognuno ed ognuna di loro era già al proprio posto di combattimento, già poteva dominare le torrette binate a scomparsa dei cannoni laser, già poteva occuparsi dei siluri thetanucleari e già poteva scatenare l’incredibile potenza dei missili iperionici… Solo l’ultima opzione, solo le armi risolutive rimanevano affidate, totalmente ed unicamente, alla inoppugnabile volontà decisionale del loro piccolo Ufficiale!
Lui sembrava un tenero canide androide… Ma Thuryan, il suo Comandante, l’indiscusso Capo di tutti, da molti definito il Corsaro di Kòros… gli offriva il palmo della mano rivolto verso l’alto ed attendeva il riscontro della sua zampa dall’alto verso il basso…
Anche per questo i Canglùpi adoravano Ran… ed a lui rispondevano incondizionatamente, in qualunque situazione, senza chiedersi minimamente quali potessero essere le conseguenze. O forse le conoscevano già.
Riuscirono con incredibile attenzione a passare tra le orbite dei 15 satelliti di Vombràno e senza quasi rendersene conto, come attratti da una recondita calamita, atterrarono sulla sua pianura ghiacciata; davanti a loro il nulla, solo un’arrogante cortina viola nascondeva qualcosa dell’altezza di più di dieci metri…
Una forza potente veniva incontro alla nave ed il pugnale di Thuryan lampeggiava senza sosta.
Il Comandante trasse da una tasca della giacca quello che sembrava essere solo uno straccio giallo, lo dispiegò con un rapido movimento e si avvolse nel mantello termico di cui altre volte si era servito, ne rialzò il cappuccio sulla testa, impugnò l’unica arma che poteva essergli utile in questo terribile frangente e chiese ad Eirène di procedere allo sbarco.
Lo scivolo venne immediatamente materializzato ed una crudele ombra felina, enorme, arancio striata di nero, si lanciò contro la sinistra figura che stava loro dinnanzi.
Ruggì spaventosamente Mìneren Kar ed il suono prepotente rieccheggiò tutto all’intorno; sulla nave Narràl optò immediatamente per la soluzione più pesante: due globi di plasma furono lanciati verso chi osava contrastare l’avanzata e la rete protettiva che l’avvolgeva avvampò nella deflagrazione nucleare.
Il Maggiore alzò la sua lama iridescente dritta alla sommità dell’essere, le antiche rune di Kòros presero quasi fuoco mentre la zampa della fortissima gatta si abbatteva sulla coltre viola e la faceva esplodere in una miriade di piccoli pezzi.
Di fronte al Comandante ed alla sua compagna, come loro avevano ampiamente presagito, e non solo loro, apparve il Sovrintendente delle guardie spazioportuali nella sua vera essenza: seduto su un incredibile trono tempestato di pietre preziose, grande come tre uomini, nero come la notte, furente e feroce e schiumante di odio come non mai.
Ma la sua sorte era ineluttabilmente decretata!
La guerra mentale che dall’inizio dell’Iperbole si trascinava tra lui e Ran Thuryan, tra lui ed Eiréne, tra lui e l’Ontar e soprattutto tra lui e la mortale rivincita della donna transanimale volgeva ormai al termine.
In un estremo impeto egoico il Signore di Vénbèn chiamò a raccolta tutti i suoi guerrieri, tutti i suoi accoliti, tutte le sue ombre mortifere e li scagliò inutilmente allo sbaraglio.
Più gli eventi evolvevano e più le Anime prendevano coscienza di sé…
La temperatura di Vombràno stava aumentando, la pressione cedeva sempre più, il ghiaccio lasciava spazio alla terra ed alla vegetazione… e da tutto salivano fiamme, fumo e vapore…
I similorsi Kodd non si lasciarono scappare la ghiotta occasione che veniva loro offerta e, memori di quella famosa serata in cui il loro Comandante si era trovato in serio pericolo, assalirono, aggredirono ed annientarono le variegate truppe del nemico, mentre il fuoco di copertura dei Canglùpi si rivelava potente ed essenziale; poi… con spietata… sanguinaria lucidità… la furia del grande felino travolse e fece a pezzi il Sovrintendente della luna lontana… un liquido nero si sparse sulla superficie di Vénbèn ed in poco tempo prese a dissolversi come inconsistente ed inutile nebbiolina al sole.
Istantaneamente le Anime dei prigionieri sparirono verso le destinazioni che ritennero più confacenti ai loro desideri…
Tutto l’equipaggio della nave biotronica si imbarcò velocemente per abbandonare la desolazione dell’ottavo pianeta, ma il Corridoio che permetteva la fuga, ed obbligava alla sua percorrenza, era quanto di più ostico si potesse attraversare: asteroidi e detriti in enormi quantità senza alcuna possibilità di previsione.
Era veramente questa la maledizione…
Il Kod Thòran Kray, il Capitano Thòran Kray convocò i suoi Ufficiali ed affidò ad ognuno e ad ognuna un compito ben preciso; da loro, soprattutto da loro, dipendeva la riuscita dell’allontanamento da quello che un tempo era un ergastolo di ghiaccio, nella maniera più veloce, nel modo più completo, nella dimensione più totale.
Mìneren Kar, dopo la cruenta esiziale e vittoriosa battaglia, o forse dopo la sua personale e pregnante vendetta, era tornata ad essere quella di sempre, o quasi: gonnellina bianca, maglietta rosa e scarpine dorate: una ragazza come tante altre… ma da ogni poro della lucentissima pelle si manifestava la selvaggia ed incontenibile gioia…
Bene o male, tra urti violenti e repentine deviazioni, superati grazie all’impegno subliminale degli specialisti in pilotaggio e navigazione, uscirono dalla strettoia; ma ancora due pianeti risentivano del malefico influsso di Vombràno.
Allora D’doràn, la splendida Ufficiale del popolo degli Ontar, affiancò d’autorità la conduzione di Eiréne; anche la nave preferiva collaborare piuttosto che discutere con la Capitana… Malgrado Eiréne, senza alcuna ombra di dubbio, ritenesse di appartenere all’universo femminile di fronte a D’doràn cedeva il passo ed eseguiva rispettosamente le sue disposizioni. In ben altro modo si comportava con il Capo, il suo Capo, il Capo di tutti…
La cooperazione generale permise il rientro sia dal Corridoio che dai due mondi corrotti che lo seguivano e l’undicesima entità si rivelò poco più di una formalità spaziale.
In definitiva, dopo l’esasperante ingaggio e lo struggente divorante assorbimento dell’Iperbole, il velenoso Corridoio di Vombràno portava a Tànneren Séren Dài: il dodicesimo pianeta, la felicità di esistere; ovviamente solo per chi fosse riuscito a venir fuori da tutto il contesto che, suo malgrado, era stato obbligato ad affrontare.
Non appena presero terra Il Maggiore, molto generosamente, disse: ”Miràba per tutti, offro io”
… furono riempiti solo due bicchieri lunghi e stretti… Gli altri membri dell’equipaggio approfittarono comunque dell’offerta con bevande magari meno esclusive, ma di sicuro più assimilabili.
“Offro io…”
Astronave Eiréne, per quanto le fosse possibile, si stava sbellicando dalle risa…
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