Racconto di Anna Maria Calò
(Prima pubblicazione – 6 settembre 2019)
Emiliano, argentino di Buenos Aires, era un assiduo frequentatore delle milonghe di Rosario, città dove, ormai, viveva da anni. Con il bicchiere di gin sempre tra le mani, non parlava con nessuno, lui guardava soltanto. Quella sera al Battello, sul fiume Paranà, una giovane uruguaiana, di nome Linda, catturò la sua attenzione. La donna aveva il viso di un bell’incarnato olivastro, labbra carnose del colore dell’ambra e un po’ di nero sugli occhi. I capelli corvini le scendevano lungo le spalle e portava orecchini pendenti di un verde smeraldo. Ballava con tutti e con ciascuno sembrava ottenere un afflato esclusivo. La sua veste a fiori pareva prestarsi, imperfetta, a quelle melodie fascinose. Emiliano ne fu ipnotizzato.
Dopo un tempo che lui non distinse, la donna si fermò e si accorse che quell’uomo la stava studiando. Di rimando, prese a fissarlo. Se ne stava seduto quasi curvo. Il ciuffo, arruffato e un po’ rado sulle tempie, gli finiva in folte basette ai lati della faccia rotonda. Era serio e quando incrociò la vista di lei lo divenne ancora di più. La sua ritrosia, però, non la distolse e, spregiudicata, seguitò a scrutarlo. Emiliano andò in confusione, abbassò il capo e pensò di ingurgitare tutto il liquore rimasto. La donna, allora, camminò verso di lui e, tagliando di mezzo la pista, lo raggiunse. Gli si mise di fronte con le mani alla vita e lui alzò la testa. Era un sogno. Indossava tacchi alti e rossi. Sopra la gonna stampata, una blusa bianco latte le si apriva sui seni abbondanti e, annodato al collo, un foulard nero di seta preludeva ad occhi castani ed espliciti. Allora lui parlò: “Io non ballo, sono zoppo!”. “Io sono di Montevideo”, disse lei, “nessuno è perfetto”. L’uomo, impercettibilmente, rise. Si portò in piedi e si avvicinò a Linda che, subito, si voltò parallela al suo busto. Gli posò la mano sinistra sulla scapola e con la destra avvolse l’altra mano di lui che, incantato, trasalì. Emiliano si lasciò condurre in quel tango dove, presto, le parti si confusero in uno scambio e ricambio continuo. La sua gamba malata disegnava, morbida, le linee dei passi, e quando giunse l’alba i due danzavano ancora abbracciati. Fu allora che lui la strinse più forte, baciandola sulla bocca e la donna, senza esitare, gli tirò energica uno schiaffo. Umiliato, indietreggiò ed uscì fuori. Era tutto così irreale. Ebbe un sussulto, chiuse gli occhi, e quando li riaprì si rivide ancora seduto a quel tavolo. Nel vetro il gin non era affatto finito e bevve. Sollevò il capo e la scorse, lontana. Era sempre nella posa sfrontata di prima che continuava ad osservarlo. Finalmente riprese coscienza e, rincuorato, la mirò, per invitarla. Linda sorrise ed annuì. Lui lasciò la sedia e, claudicante, percorse il perimetro della sala, giungendole vicino. Lei lo abbracciò. L’orchestra intonò le note di Buscandote e i due entrarono nella ronda. Senza dirsi una parola, ballarono il loro primo tango.
Scrivi un commento