Racconto di Silvio Esposito
(20 settembre 2020)
Era incinta e non sapeva chi fosse il padre della creatura che portava in grembo. Ed era tutta colpa di Stefano. Avevano litigato e lui le aveva detto di andare in vacanza da sola. Pertanto, lei, avvilita e delusa era partita senza voltarsi indietro.
Così quando arrivò a destinazione e incontrò quel ragazzo carino ripensando alle parole che lui le aveva detto si era lasciata trasportare dal momento e lo aveva seguito come una cagnolina in calore. E in riva al mare, inebriata dall’odore di salsedine e dalla colonna sonora della sua canzone preferita si era lasciata tutto il passato felice alle spalle e aveva ceduto al nuovo. Lui le aveva offerto del vino e lei lo aveva bevuto fino perdere ogni freno e alla fine avevano fatto sesso. Un momento intenso dettato dalla passione, un amore fuggente, si era detta e il ragazzo, infatti, subito dopo se n’era andato per la sua strada lasciandola sola e disperata più di prima.
Passati tre giorni in cui non si era divertita affatto, era rientrata a casa e Stefano era lì ad aspettarla per scusarsi con lei. Così lo aveva baciato con trasporto ed era finita con il fare sesso anche con lui, ma questa volta con amore.
E ora, per lei, nasceva il dilemma: di chi era la vita che portava in grembo?
Perché Gemma non lo sapeva con esattezza. Aveva fatto i calcoli più volte ma era riuscita a stabilirlo con precisione. Erano passati pochi giorni da un rapporto all’altro e non poteva dire con certezza quale dei due fosse il padre per dargli la bella notizia. Per giorni e giorni aveva rimandato la decisione… ma prima che il bambino, o la bambina venisse al mondo, doveva farlo sapere a uno di loro. Non poteva fare altrimenti, non avrebbe potuto vivere con quel peso. Anche perché non voleva mentire soprattutto a Stefano, l’uomo che amava e che però aveva tradito per una stupida ripicca.
Quindi la sera stessa lo chiamò e gli propose di andare a cena fuori insieme. Era decisa a dirgli quanto era accaduto durante i tre giorni di vacanza trascorsi da sola per colpa sua.
Alle venti in punto suonò il citofono ed era Stefano, puntuale come un orologio svizzero, pensò lei e, riflettendo su quella considerazione, si chiese perché si dicesse in giro che i loro fossero più precisi degli altri, ma non trovando una risposta rinunciò e prese in mano la cornetta per rispondere.
Stefano le aveva detto di scendere giù altrimenti sarebbe salito e lei, preoccupata la vedesse con le lacrime agli occhi, lo ammonì: «No! Non salire, solo un attimo e sono da te.» Soffocato il pianto, perché in cuor suo pensava che poteva essere la loro ultima cena, si sistemò il trucco e aperta la porta uscì. Si sentiva come se stesse andando al patibolo e non poteva fare nulla per evitarlo.
Giunta nell’atrio del palazzo, Stefano l’attendeva con in mano un grosso mazzo di rose rosse. Lui era fatto così, gentile, amorevole e affettuoso. E ahimè, per lei, lo era anche questa sera. Sarebbe stato meglio non lo fosse stato. Avrebbe voluto cancellare quel momento, ma quando salì in auto sena pensarci su due volte disse d’impeto: «Aspetto un bambino! Un bambino mio.»
Stefano in un primo momento sembrava di non aver capito, poi rispose come se quella notizia se l’aspettasse. «Che splendida notizia, mia cara, ora non so che dire, ma ti prometto che lo amerò come amo te.»
Gemma guardò stupefatta il viso sincero di Stefano mentre lo diceva, e aveva anche gli occhi umidi. Adesso come poteva dirgli che lo aveva tradito e forse quel figlio poteva non essere il suo?
Stefano allora la strinse a sé, al che lei nascose il viso, turbato, sul suo petto, come faceva ogni qualvolta che si trovava in difetto. Il caldo tepore che emanava da lui la faceva stare bene… adesso era certa, lo amava, più di sé stessa, ma quel maledetto giorno come aveva potuto pensare di riuscire a fare a meno di lui. Quanto era caro e tenero, Stefano, sarebbe stato un padre magnifico e non poteva rovinare tutto.
Però aveva deciso che avrebbe lasciato al fato la decisione: per lei tutto si sarebbe svolto come da copione: ora avrebbero cenato a lume di candela e tutto sarebbe stato molto romantico. Al che si voltò verso lui per dirgli che avrebbero avuto una serata fantastica, ma lo vide distratto e stava per dire qualcosa che le venne in mente che forse stava facendo progetti sul loro futuro in tre e lo lasciò stare.
Stefano la portò in un ristorante fuori porta, un locale piccolo e accogliente il cui servizio era stato a dir poco divino: la cena risultò meravigliosa e durante parlarono del loro futuro, del nome che avrebbero dato al bambino o alla bambina. Ma non solo, sulla scelta di una casa più grande, sui vestitini da comprare nel caso fosse stata una femmina. Così Gemma capì che Stefano desiderava una femmina e capì anche che sarebbe stato il padre perfetto.
Così risero per tutto il tragitto di ritorno a casa e, quando furono tra le quattro mura domestiche, Stefano la strinse fra le braccia e come d’incanto si ritrovarono nudi e fusi in un amplesso meraviglioso. Così che Gemma pensò che tutto sarebbe andato bene.
Ma i giorni passavano e lei era sempre più ansiosa. Il momento stava per arrivare e non poteva continuare a tenere nascosta quella verità. Eppure era stata chiara con lui, gli aveva detto aspetto un bambino. Un bambino mio! Non aveva detto nostro. Ricordava bene. Un bambino mio aveva detto e un dubbio l’assalì, che Stefano avesse capito e sminuito l’accaduto? No, non poteva essere. Forse era dovuto al fatto che tutto era accaduto così all’improvviso che lui non aveva compreso il peso di ciò che gli aveva detto. Restava il fatto che Gemma era rosa dal rimorso, anche se in fondo non aveva fatto nulla di male, pensò: il suo tradimento non aveva avuto un coinvolgimento emotivo, era stato fisico, uno sfogo e nient’altro. E pensare che non gli aveva chiesto nemmeno come si chiamasse. Era stata “una botta e via”, come dicevano spesso i giovani.
Gemma ebbe un conato di vomito, ma non era dovuto al suo stato, bensì a quello che aveva fatto quel giorno maledetto. Non era altro che un essere spregevole, non meritava Stefano. Se solo avesse usato un preservativo tutto questo non sarebbe mai accaduto. Comunque cosa fatta capo ha, si era detta e chiamò l’amica Sonia per chiederle consiglio.
Sonia non si faceva mai sfuggire l’occasione per fare del Gossip e le disse di sì. Gemma a quel punto chiamò anche Stefano, per dirgli che dopo il lavoro lo avrebbe atteso al solito Bar in centro.
Dopo aver fatto le due telefonate, Gemma si vestì in tutta fretta. Indossò dei jeans neri non troppo aderenti, una camicia bianca ricamata, sandali gioiello e, quando fu pronta, uscì.
Sonia aspettava seduta dietro a un tavolino fuori dal bar. La giornata era magnifica, anche se la primavera non era ancora arrivata un sole caldo riscaldava l’aria quel tanto da potersi permettere di rimanere fuori. Sonia era l’amica di cui lei si fidava ciecamente, si conoscevano dalle medie e solo a guardarla metteva allegria. Capelli rossi, ricci e corti, viso ovale, occhi castani e un sorriso da lasciare incantati. Indossava una minigonna vertiginosa color verde smeraldo, un top bianco e una cascata di collane variopinte che le davano un che di gioioso.
Gemma le andò incontro e stava per dirle quanto fosse carina, quando un ciao e una mano sulla spalla la fermarono. Si girò subito e quando vide a chi apparteneva si sentì svenire.
Il rimorso che la perseguitava si era presentato materializzandosi davanti ai suoi occhi. Il ragazzo con cui aveva condiviso gli umori, anche solo per poco, era lì. Il giovane, alto e muscoloso, indossava dei jeans attillati e una camicia celeste sbottonata sino all’ombelico. Il colore della camicia si intonava con il colore dei suoi occhi, invece i capelli erano biondo cenere, insomma era bello da morire.
Sonia prese tutti in contropiede annunciando ciò che Gemma non avrebbe mai voluto sentire. «Questo è il mio fidanzato, Gemma, si chiama Andrea e lo amo da morire.»
Adesso non poteva più confidarsi con lei, doveva vedersela da sola. Sperava solo che Andrea non rivelasse che erano stati insieme per una notte di follia.
«Andrea, questa bella ragazza è Gemma. È una mia cara amica e le voglio un bene dell’anima.»
In quell’istante le venne da pensare a come poteva essere possibile che su milioni di uomini lei avesse dovuto incontrare proprio lui quel giorno. Così quando allungò la mano per salutarlo esclamò: «Salve, è un piacere conoscerla. Ecco non faccia caso se sono strana, Andrea, è che sono incinta.» Aveva lanciato anche a lui un messaggio… ma era servito a ben poco.
«Non farci caso, la mia amica scherza sempre. Se fosse stata incinta per davvero me lo avrebbe detto.» Disse Sonia per poi scoppiare a ridere.
Che uscita cretina aveva fatto, come aveva potuto dire una cosa simile in quel momento.
«Sai che per un attimo ho pensato vi conosceste già.» Disse Sonia con una nota interrogativa stampata sul volto.
E Andrea di rimando aggiunse. «Mai vista prima, mia cara.»
Ma che stronzo era, Andrea! Pensò Gemma. Che uomo spregevole, ma come aveva fatto quel giorno a perdersi nelle sue braccia. Chissà quante volte aveva già tradito la sua amica.
Ed ecco che arrivava anche Stefano, aveva un sorriso che andava da uno zigomo all’altro e Sonia quando lo vide prese la parola. «Ragazzi arriva Stefano, che ne dite se ce ne andiamo a pranzo insieme? Così potremo raccontarci degli aneddoti sulle vacanze appena finite.»
Gemma non era dell’umore giusto e poi Andrea le era scaduto, quindi trovò una scusa per rifiutare l’invito. «Veramente non mi sento molto bene e vorrei tornare a casa.»
Stefano aveva subito preso le sue parti. «Alle donne in attesa non si può dire di no, non è vero ragazzi?»
«Allora è vero! Perché non me lo hai detto, Gemma? Sono la tua migliore amica!»
«Veramente te l’ho detto poc’anzi. Comunque ne ho avuto la conferma stamane, era per questo che ti avevo chiesto di vederci, per dirtelo.»
«Scusami tanto, mia cara, è solo che io…»
«Non fa nulla capisco, non preoccuparti è tutto a posto.»
Passate le incomprensioni, Sonia stava per passare alle presentazioni che Andrea la bloccò. «Scusa, Gemma, se non sono indiscreto potresti dirmi di quanti mesi sei?»
Gemma guardò male Andrea, non voleva rispondere. Stefano allora intervenne per toglierla dall’imbarazzo. «Poco più di tre settimane.»
Andrea alla risposta rispose laconicamente con un cenno del capo e poi aggiunse: «Ah! Bene. Allora auguri a voi, congratulazioni.»
Non era altro che uno stupido ipocrita, questo pensò Gemma adirata di Andrea e non vedeva l’ora che quella farsa finisse. Si stava mostrando per ciò che era, un uomo pieno di sé e senza valori e ora lei sperava tanto non fosse lui la causa delle sue nausee.
Desiderava solo che fosse si Stefano la colpa e che in grembo stesse crescendo una splendida bimba con occhi grandi e neri come i suoi. Aveva già deciso come chiamarla: Agata, voleva dire buona e amorevole, come lo era lui con lei sempre. Tuttavia se fosse nato un maschio sarebbe stato lo stesso, quello che le importava e che fosse Stefano il padre.
Ma il destino aveva deciso diversamente, durante la notte Gemma si sentì male. Perdite ematiche seguite da dolori fortissimi l’indussero a chiamare Stefano, il quale si precipitò subito da lei e quando la vide in quello stato la portò di corsa all’ospedale.
Gemma perse i sensi e quando si svegliò il responso che le diedero i medici fu inesorabile: Aborto spontaneo. Questo le avevano detto rammaricati, aggiungendo poi che sarebbe stata una femmina.
Pianse come mai aveva fatto prima. Ma capì che la vita le aveva fatto comprendere che non era ancora pronta. Ma presto lo sarebbe stata, ci avrebbe riprovato e il padre questa volta sarebbe stato Stefano, nessun altro uomo l’avrebbe avuta se non lui, e per sempre.
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