Racconto di Silvana Guarina
(Prima pubblicazione – 6 gennaio 2020)
Sorgeva ai margini del paese, ed era circondata da un ampio parco. Un tempo era la proprietà più ricca della zona ora invece, dopo la dipartita della vecchia signora, ultima di una dinastia di facoltosi borghesi, cadeva letteralmente a pezzi. La facciata, in più punti scrostata, mostrava i segni di ristrutturazioni frettolose e incuranti dello stile originario. Gli scuri delle finestre erano sbiaditi e qualcuno addirittura scardinato.
Al piano terra, le inferriate alle finestre aggiungevano tristezza, sembrava una prigione dove neppure più i galeotti potessero stare.
Un impertinente rampicante, reso tale dalla totale indifferenza e conseguente mancanza di cure di un giardiniere, aveva raggiunto il tetto della rimessa e stava cominciando la scalata della facciata ovest. Tutto sapeva di abbandono, persino il grande albero secolare che, nella bella stagione con le sue rigogliose fronde, dava ombra al grande portone, con i suoi rami spogli aggiungeva una nota di disperazione in quell’autunno uggioso. Laura abitava proprio al di là del muro di cinta della proprietà. Aveva conosciuto la vecchia signora e la sua morte l’aveva molto rattristata. Tutte le mattine aprendo la sua finestra vedeva la grande casa morire un po’. Fra i suoi ricordi c’erano le cene sull’ampio prato, sotto il grande albero in occasione della mietitura e trebbiatura. Le donne preparavano una lunga tavola con ogni ben di Dio: salame e prosciutto con i riccioletti di burro, tagliatelle e ravioli al ragù, polli arrosto e in ultimo torte e il re dei dolci di quella zona, il bunet. Il proprietario, a capotavola, invitava i partecipanti alla trebbiatura, il mezzadro e la sua famiglia e tutti i vicini di casa che avevano dato una mano, a servirsi di tutte quelle leccornie. Terminata la cena c’era sempre qualcuno che con una fisarmonica improvvisava un ballo. Laura, bambina, aveva imparato a ballare la mazurca proprio là, sotto il grande albero in una sera di inizio estate. E proprio là, ragazzina, aveva dato il suo primo bacio d’amore e era stata chiesta in sposa. Pensava che sarebbe stato un vero peccato che la grande casa fosse acquistata da uno sconosciuto venuto dalla città o addirittura dall’estero: quella tenuta era legata alla storia di quel territorio, alla storia del paese, ai momenti belli della sua vita. Ma che poteva farci? Di progetti di ristrutturazioni ne aveva fatti a decine nella sua mente ma i suoi miseri risparmi non le avrebbero consentito nemmeno di partecipare all’asta. La casa infatti era stata messa all’incanto per sanare i debiti contratti negli ultimi anni di vita della signora. La casa di riposo, dove si era ritirata, non era di lusso ma comunque abbastanza costosa per prosciugare il conto in banca. Sentiva l’imperativo bisogno di fare qualcosa e improvvisamente le venne l’idea. Ne parlò con le sue amiche e tutte furono d’accordo. Un B&B, dove ognuna avrebbe avuto il suo specifico compito: Laura si sarebbe incaricata della contabilità, Michelina, la più precisa, delle pulizie nelle camere, Rosanna del giardino e dell’orto, Bianca della preparazione delle colazioni. Si unirono quindi in società e parteciparono all’asta. Furono fortunate perché gli offerenti erano pochissimi e non motivati all’acquisto come loro. Ora è primavera e Laura, aprendo le sue finestre, vede una squadra di muratori al lavoro: chi prepara il cemento, chi sull’impalcatura provvede a rifare la facciata, chi sul tetto sostituisce le tegole rotte. Piano piano la casa riprende nuova vita e il giardino tornerà ad essere splendido. Laura e le sue amiche sono sicure che il loro progetto avrà successo. Da qualche parte lassù la vecchia signora starà sorridendo.
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