Racconto di Angela Anna Acquaviva
(prima pubblicazione – 9 aprile 2020)
Non può essere sempre lui ad avere la meglio nel far saltare regolarmente ormai progetti, appuntamenti e ricorrenze. Sto parlando ovviamente del famigerato coronavirus.
Fino ad oggi, giorno del mio compleanno, ero convinta del contrario, perciò alquanto tranquillamente mi ero preparata a trascorrerlo come tutti gli altri giorni di questa penosa quarantena, cioè in casa da sola. Mi dicevo che dopo tutto era un giorno come un altro, soltanto uno in più offertomi molto generosamente dal Buon Dispensatore, a cui dovevo assolutamente il mio riconoscente e sentito “grazie”.
Come da programma già delineato ieri sera, mi sono alzata più presto del solito per essere tra i primi al supermercato. Alle 8,30 infatti ero già lì davanti con la mia bella mascherina a strisce gialle e bianche, autoconfezionata con un certo orgoglio, e nel pieno rispetto della dovuta distanza. Appena è uscito il primo gruppo di clienti, sono entrata io con altre quattro persone in attesa, ho infilato un paio di guanti e in una buona mezz’ora ho fatto la mia spesa. Subito dopo di nuovo in macchina e difilato a casa. Dopo averla sistemata tra frequenti interruzioni per rispondere al telefono, do un’occhiata al mio cellulare e lì cosa trovo? Contro ogni mia immaginabile aspettativa, c’è tutta un’esplosione di messaggi augurali la cui scintilla è partita dalla mia fantasiosa e buontempona primogenita, per la quale ogni evento, cascasse pure il mondo, va vissuto con tutti i crismi. Né è tutta qui la sua impresa.
All’ora di pranzo sento suonare al citofono, muto ormai da non ricordo quando, e ne resto abbastanza sorpresa. Rispondo e naturalmente chi altri poteva essere se non lei. Apro il portone, poi la porta di casa e dopo qualche minuto la vedo arrivare sul pianerottolo bardata con la mascherina, sotto la quale immagino bene il suo trionfante e spavaldo sorriso, con tre pacchi regalo in una mano e una torta nell’altra, frutto abbondante della sua “associazione a delinquere” con i suoi tre figli. Con gli occhi lucidi mi fa gli auguri (non so proprio come sia riuscita a frenarsi dall’abbracciarmi e dal baciarmi come fa di consueto) e mi consegna tutto, lasciandomi nel pieno dello stupore e dell’emozione.
Potevo mai desiderare di festeggiare il mio compleanno in un modo migliore di questo? Assolutamente no.
Ritieniti pure sconfitto, maledetto coronavirus, da cotanto amore, anche se solo per poco tempo.
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