Racconto di Marcello Salvi
(Prima pubblicazione – 9 dicembre 2019)
La notte era un elemento imprescindibile nella vita dell’Ispettore Du Pre, nella vita e nel lavoro, la notte era quieta, silenziosa, dava modo di ascoltare i propri pensieri senza il rumore di fondo delle vite altrui, quel rumore stridulo, fastidioso, agghiacciante come le unghie sull’ardesia della lavagna, le notti erano il caricabatteria dell’anima di quell’Ispettore così anomalo che non sopportava la vista dei cadaveri ed aveva un cassetto vuoto dove tutti i suoi colleghi tenevano le pratiche irrisolte.
Le notti estive, appiccicose, gli davano modo di sedersi sul terrazzo che dava sul canale a fumarsi la sua pipa ascoltando le sue elucubrazioni, interrotte saltuariamente da un motorino smarmittato che sfrecciava sul Quai ma quelle che amava erano le notti invernali, fredde, gelide, mentre Emy dormiva come suo solito con una mano che sfiorava il pavimento ed un piede fuori dalle coperte, lui si gettava sulle spalle quel suo cappotto malconcio, tirava sul il collo di velluto blu, infilava in tasca una pipa presa a caso dalla rastrelliera e scendeva a passeggiare lunghe le rive del Canal Saint Martin.
Appena fuori del portone caricava con cura la sua pipa, la accendeva, osservava le volute di fumo roteare in aria e poi si incamminava verso il Boulevard Richard Lenoir lasciandosi dietro una scia odorosa, saliva sulla passerella di metallo, sostava su di essa qualche minuto osservando l’acqua immobile della chiusa e scendeva sul lato opposto e se la notte fosse stata giusta avrebbe trovato il suo amico Jean sulla terza panchina ad attenderlo, avvolto nel suo pesante cappotto di vigogna grigio scuro con in testa quel cappello di feltro blu tremendamente retrò.
Du Pre aveva incontrato Jean undici anni prima, una notte si era seduto su quella panchina accanto a lui mentre fissava l’acqua con le mani in tasca, tra una voluta e l’altra, si sedette e gli chiese che tabacco stava fumando, nacque una conversazione che durò fino all’alba, gli incontri si ripeterono, sempre casuali per circa un anno, ma essere un Ispettore ha degli svantaggi, il sesto senso, il fiuto, l’istinto, non si possono accendere e spegnere a piacimento e così Du Pre scoprì su Jean cose che avrebbe preferito non sapere, per qualche mese evitò di passeggiare la notte, passò l’inverno, quello successivo si fece coraggio ed uscì per diciassette notti consecutive, fin quando non lo incontrò nuovamente, fu un incontro intenso, ora entrambi sapevano e non era più necessario fingere, da quel giorno, tra ottobre e marzo, almeno un paio di volte la settimana, pioggia permettendo, Emile Armand Du Pre, Ispettore della Sûreté e Jean Pierre Dufuor ex Banchiere si incontravano di notte, sempre dopo le due, sulla terza panchina dalla Prima Chiusa del Quai de Jemmapes.
Da quando avevano ripreso i loro incontri dopo un anno di pausa parlavano del più e del meno, senza mai approfondire troppo, ogni tanto Jean chiedeva timidamente se era andato a trovarlo ed Emile rispondeva di si quasi sottovoce; dopo tanti anni Du Pre, alzandosi per andarsene ebbe il coraggio di fare una domanda personale a quel suo strano amico.
«Jean, non ho mai capito perché ti sei buttato dalla finestra in Agosto con cappotto e cappello», Jean rise.
«Perché speravo che sporcandoli di sangue li avrebbero usati per seppellirmi invece di rubarli dal mio armadio».
E così fu. Jean Pierre Dufuor fu sepolto con un cappotto di vigogna grigio scuro ed un borsalino di feltro blu in una semplice cassa di legno nel settore suicidi del Cimitero di Ivry, era stato un importante banchiere, nato nel 1840, proprietario della Banque du Fabourg, nel 1878, l’anno dell’Esposizione Universale si era perdutamente invaghito di una donna, in pochi mesi aveva bruciato un capitale in gioielli, vestiti, casinò e quando finì i soldi lei sparì lasciandolo solo e povero, sopraffatto dalla vergogna si gettò dalla finestra del suo appartamento sul Quai de Jemmapes, quel palazzo oggi non esiste più, demolito per fare posto ad un palazzone dai vetri arancioni davanti ai quali si trova la terza panchina.
Du Pre tirò su il collo del cappotto, rimise la pipa in bocca e disse semplicemente: «Ci si vede» e si allontanò verso la passerella in ferro, quando fu sull’altro lato la panchina era già vuota, rimise la pipa e le mani in tasca e si avviò a passo svelto verso casa in quel freddo Febbraio del 2012.
Quando Du Pre, spinto dal suo istinto molti anni prima, indagò su quello strano personaggio e scoprì che in realtà si trattava di un fantasma dapprima pensò di essere impazzito, poi ebbe paura, infine accettò l’assurdo e comprese il dramma di passare l’eternità nello stesso punto esatto dove si era posta fine alla propria esistenza.
Grazie alla sua posizione ed alle sue conoscenze rintracciò la sepoltura di Jean, nel reparto suicidi del Cimitero d’Ivry, quando aprirono la cassa trovarono uno scheletro avvolto in un pesante cappotto di vigogna ed un teschio con un borsalino blu, Du Pre fece ricomporre scheletro e vestiti in una elegante cassetta di mogano e grazie ad un paio di favori che avanzava riuscì a trovargli una degna sepoltura al Pere Lachaise, dove all’inizio della primavera e dell’autunno andava a portargli dei fiori freschi.
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