Autore Pitigrilli
«Intanto avevo promesso ad amici romani di presentare loro il dottor Rol. La prima reazione di questo stranissimo uomo è rispondere no. Ma poi, per non dispiacere a un amico, rettifica la sua decisione:
“Che però non mi chiedano esperimenti”.
“Non ti chiederanno esperimenti”.
Conviene preparare l’ambiente: raccomandazione indispensabile:
“Non chiedetegli esperimenti”.
Linea di condotta da seguire:
“Dottor Rol, non le chiediamo di presentarci i suoi esperimenti. Ci spieghi di che si tratta”.
“E che cosa volete che vi spieghi? Mandate a comperare alcuni mazzi di carte”.
E così l’uomo meraviglioso – ho detto che ha un viso soave di fanciullo – cade docilmente nell’ingenuo inganno.
Furono portati i mazzi di carte, comperati da un fattorino del Grand Hôtel. I miei amici: l’attrice Luisa Ferida, l’attore Osvaldo Valenti e il padre di questo, ambasciatore a Teheran, il principe Lanza di Trabìa; invitati, un medico, un ingegnere e un’attrice minore, una bellezza romana all’aurora e un’aristocratica al tramonto.
“Dottor Rol” – gli disse con franchezza l’attore. – “Il nostro amico mi ha descritto i suoi esperimenti, ma io le rivolgo una preghiera: invece di usare carte da gioco come si possono trovare in qualunque negozio, potrebbe servirsi di un mazzo di carte di cui non c’è un secondo esemplare a Roma?”
“Non ho nulla in contrario” – rispose Rol.
L’attore gli presentò un mazzo di carte stampate in Scozia.
“Io non lo tocco” – disse Rol. – “Le conti”.
“Sono 52”.
“Le conti anche lei”.
“Cinquantadue”.
“Anche lei”.
“Cinquantadue”.
“E ora allargatele e stendetele in una sola fila ad arco, come fanno i croupier del baccarat, e lei, signorina, faccia correre il dito e si fermi su una carta qualunque senza guardare. Bene. Ora guardi la carta. La mostri a tutti. Ciascuno scriva il numero e il nome della carta. Fatto? Ora lei, signorina, la strappi – era il nove di fiori – e butti dalla finestra i pezzetti”.
L’attrice eseguì. Alcuni frammenti caddero sulla terrazza, altri furono portati dal vento nella strada e qualcuno tornò nella stanza.
“Contate le carte che rimangono”.
“Cinquantadue, cinquantadue, cinquantadue” – risposero i presenti.
“Cercate il nove di fiori”.
“Ecco il nove di fiori”.
Suonò il campanello e alla cameriera domandò:
“Che carta è questa?”
“Nove di fiori, signore”.
“Per favore, raccogliete quei pezzi di carta. Che cosa sono?
“Pezzetti di una carta da gioco, di colore nero. Sono fiori”.
C’è stato dunque un momento in cui la stessa carta si trovava al tempo stesso intera nel suo mazzo di cinquantadue carte, e allo stato frammentario sparsa fra la stanza, la terrazza e la strada».
Scrivi un commento