Racconto di Angela Anna Acquaviva
(pubblicazione 14 ottobre 2019)
Salve! Mi presento prima di tutto, perché sono ben educato: sono un letto matrimoniale, moderno, robusto, soffice, molto confortevole e parlante. Embè, che c’è? Un grillo parlante ci può stare ed un letto no? Invece eccomi qua pronto a sbottare perché quando è troppo è troppo. Si deve sapere quello che mi tocca patire da un po’ di tempo a questa parte dopo l’onorato servizio prestato, con somma disponibilità e solerzia, in questa stanza dove, in passato, troneggiavo perché tutto filava liscio e a gonfie vele.
Poi, purtroppo, per sopravvenuta fatalità sono passato da attivo molleggiato a semplice dispensatore di riposo o tutt’al più di qualche sprazzo di sogni erotici e brama di compagnia.
Lo confesso, non era piacevole e mi annoiavo parecchio, ma me n’ero fatta una ragione. Quando all’improvviso cosa mi va a combinare il mio bel tomo? Conosce una tipa speciale, dice lui, ed io gli credo, per carità! A sentirla parlare poi, non ho motivo di dubitarne, però ha una grave pecca: la tira troppo per le lunghe. Chiarisco subito: non è di quelle “mordi e fuggi”, ed ha contagiato pure lui. Me l’ha intontito a tal punto che se ne sta qui disteso ad aspettare, con ansia e trepidazione, l’ora convenuta per chiamarla in videochiamata su WhatsApp ed attaccare la solfa per almeno un’ora.
Io mi sono stufato non poco a forza di sentirli parlare di questo, di quello e di tante fregnacce varie. Mi si conosce, sono un tipo pratico io, abituato ad andare al sodo. Le chiacchiere lasciano il tempo che trovano, si sa. Le parole, poi, sono femmine, ma i fatti sono maschi. Bisogna concretizzare, e pure in fretta, direi, non ho mica a che fare con due giovincelli. Il tempo stringe, del domani non c’è certezza, e dove mettiamo il “carpe diem”? E pure lui glielo ricorda spesso, ma lei non ci sente da quell’orecchio.
Fortuna sua che sta lontana, se no non avrebbe avuto scampo, è qua che doveva cascare!
Credetemi, lui un tempo era un tipo deciso, i suoi trascorsi parlano chiaro, non si perdeva mica in chiacchiere. Mo’ invece si è rammollito, mi è diventato sentimentale e bisogna lasciarlo fare. Certo lo preferivo spiccio ed intraprendente, però, come vedete, nella vita si cambia, e poi c’è di mezzo pure la disabitudine, la mancanza di esercizio e l’astinenza da quando è rimasto da solo. Giustamente son tutte cose da non sottovalutare.
Intanto io sto qui immobile, rigido e teso a tormentarmi per lui. Ma ‘sta cosa va presa di petto. Questa signora va sollecitata, ‘sto poverino mi fa troppa pena, non è giusto andare avanti a parlare soltanto. Se l’avessi sotto tiro, le direi senza tanti giri: “Figlia mia, datti una mossa! E mo’ basta, fallo contento sto pover’uomo che non ce la fa più ad aspettare! Gli stai quasi facendo scordare d’essere uomo. Non si può vivere di sole parole, ci vogliono pure i fatti. Provaci almeno una volta, di sicuro non te ne pentirai. Sarai pure una Sherazade abile con le parole e la voce ad incantare sto Shahriyar, ma non vuoi mica far passare mille e una notte con la solita tiritera? E’ tempo di arrivare alla fine di questa storia e in tutta fretta”.
Lei, però, qui non c’è e ci tocca solamente sperare che si decida a venirci a visitare. Volesse il cielo che possa succedere! Daremo subito fuoco alla miccia, così qui finalmente si tornerà a far faville, parola mia! Purché non ci metta tanto perché non s’abbia a dire: “campa, cavallo mio, che l’erba cresce” o peggio ancora “chi di speranza vive disperato muore”.
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