Racconto di Simona Franchini
(17 dicembre 2020)
Emma si era svegliata presto. Aveva preparato una valigia frettolosa, fatta di vestiti sgualciti e sogni infranti. Partiva per lasciarsi alle spalle un amore finito e una voglia di rinascita. La pelle bianca si sarebbe presto abbronzata sotto i raggi di un sole nuovo ed abbagliante. La salsedine del mare l’avrebbe accolta e purificata, cancellando le tracce di gesti artefatti e parole inopportune.
L’ aeroporto era affollato. Il rumore delle rotelle, su cui si muovevano le valigie, quasi sovrastava il mormorio delle persone. I viaggiatori erano impazienti, si vedeva dal modo in cui battevano i piedi per terra e guardavano il tabellone con l’uscita del gate. Finalmente fu annunciato l’imbarco ed Emma si mise in fila per salire. Sapeva che, di lì a breve, avrebbe appoggiato la sua testa all’oblò del finestrino e la sua mente, carica di pensieri, per un paio d’ore non avrebbe più pensato a nulla.
“Viaggi sola?” le chiese il passeggerò al suo fianco.
“Si”, rispose lei indispettita. Infatti non era la prima volta che qualcuno cercava di importunarla, proprio nel suo tentativo di dormire tra i morbidi sedili dell’aereo.
Emma non aveva notato il bell’uomo seduto al suo fianco, lo guardò di sbieco con la fronte corrugata. Era giovane ed atletico. La stava fissando intensamente, con un paio di occhi azzurri, che sembravano pezzi di cielo terso incastonati tra le vette delle sue montagne.
“Mi chiamo Robert, sono un fotografo. Devo fare un reportage su Ibiza per una guida turistica, tu sei mai stata sull’isola?”
Iniziò così una conversazione piacevole e disinvolta. Emma adorava la fotografia ed era stata diverse volte ad Ibiza. Era una località che, fuori stagione, si prestava bene ad una vacanza piacevole e rilassante. Robert sembrava una persona seria ma, lei, non sapeva se fidarsi oppure no. La regola di non accettare le caramelle dagli sconosciuti valeva anche adesso che, da diversi anni, aveva superato la maggiore età.
“In che zona alloggi?” chiese lui con interesse, appurando che lei era esperta del posto.
“Sono a Sant Antoni” disse lei, capendo che ormai la sua vacanza si sarebbe intersecata con quella di Robert.
“Anche io sono a Sant Antoni, possiamo vederci qualche volta”. Le strizzò l’occhio con fare ammiccante.
“Si volentieri”, disse Emma , “lasciami il tuo numero di telefono, ti chiamo io.” Faceva sempre così con i ragazzi che le chiedevano un recapito. Voleva prendersi il tempo per riflettere e non essere importunata da messaggi o telefonate inappropriate.
“340876123”, disse lui, “Fammi uno squillo così anche io ho il tuo numero”.
“Ho il telefono scarico, adesso non riesco, lo farò quando arrivo in hotel, promesso.”
“Ogni promessa è debito” rispose lui, strizzandole l’occhio destro ancora una volta.
Scesero dall’aereo e si diresso al ritiro delle valigie. Poi Emma lo perse di vista; si recò nel bagno dell’aeroporto e di nuovo lo cercò con lo sguardo senza trovarlo.
Ritirò il suo piccolo bagaglio e si avviò verso l’uscita per chiamare un taxi.
Ed ecco che, all’improvviso, lo rivide assieme ad un ragazzino che lo abbracciava calorosamente.
Subito pensò di avvicinarsi e poi lasciò perdere. Non voleva immischiarsi in fatti che non la riguardavano. Aveva solo voglia di arrivare in hotel, farsi una doccia ed indossare un prendisole colorato per andare in spiaggia.
Arrivata in albergo, si buttò sul letto e aprì la finestra. La stanza era piccola e luminosa. Con i richiami dei gabbiani che entravano nelle sue orecchie, chiuse gli occhi e si addormentò.
Si svegliò dopo un’ora e si preparò per la spiaggia. Quando i suoi piedi affondarono nella sabbia morbida e calda, aveva gli occhi ancora assonati. Una piacevole sensazione penetrò lentamente dentro di lei e le infuse una serenità d’animo infinita. Stese il telo di spugna e si sdraiò con la borsa posizionata sotto l’asciugamano, in modo che le facesse da cuscino.
“E’ permesso disturbarla Signorina?”. Aprì gli occhi e vide Robert con a fianco il ragazzino che lo abbracciava in aeroporto.
“Dove sei sparito?”, chiese lei, facendo finta di non averlo più visto una volta scesi dall’aereo.
“Mio figlio mi ha fatto una sorpresa, adesso vive qui con la madre e mi è venuto a prendere all’aeroporto.”
“Ti va se stasera ceniamo assieme?.”
“Sì volentieri”, disse Emma, stupendosi lei stessa di quella risposta. Infatti, in quella vacanza, aveva previsto di stare sola con sé stessa ed invece, si ritrovava già a modificare il programma.
Stettero lì in spiaggia fino al tramonto. Emma osservò come il figlio stava pressoché incollato al padre, cercandolo continuamente con le mani. Robert aveva con sé la sua bella Sony nuova e scattava una foto dopo l’altra.
Cenarono con delle tapas in un locale lì vicino al porto. Lui gli raccontò di come avesse conosciuto la madre del figlio e lei, poco dopo, fosse rimasta incinta. In presenza del ragazzo le sue parole erano gentili e calibrate. Il figlio, che si chiamava Miguel, era vispo e allegro, come se fosse abituato a vedere il padre tutti i giorni.
“La vita a volte ti riserva delle situazioni inaspettate”, pensò Emma tra sé e sé.
Finita la birra, lui l’accompagnò all’hotel che distava poco dal suo e si ripromisero di restare in contatto.
“Comunque io aspetto ancora lo squillo” disse lui ridendo.
“Lei sorrise di gusto e, tirando fuori in telefono, richiamo il numero di lui, facendogli suonare il telefono”.
“Così mi piaci”, disse lui, “ti chiamo presto. Domani devo fare delle foto nella città vecchia ma, nei prossimi giorni, voglio vedere tutte le spiagge.”
Emma quella sera andò a dormire con addosso ancora l’adrenalina di quell’incontro. Lei era convinta che tutte le persone entrassero nella vita per un motivo. Sicuramente anche Robert aveva il suo significato.
L’indomani si svegliò di buon umore e con l’intenzione di andare a Formentera. Adorava l’isola e, nel mese di maggio, l’avrebbe girata in libertà, senza l’afflusso dei turisti abituali. Sul battello osservava l’infrangersi delle onde una dopo l’altra e lasciava che il vento le scompigliasse i capelli. Fece qualche foto con la sua Reflex.
Arrivata a Formentera, noleggiò una bici e si godette la giornata, facendo il bagno nelle stupende insenature dell’isola. Aveva proprio bisogno di quei momenti di relax. La fine della sua relazione sentimentale aveva risvegliato in lei l’indole libertina e vagabonda che la connotava. Ripensò a tutti i viaggi fatti, anche da sola. Capì che, dopo il completamento degli studi, avrebbe voluto fare un lavoro che le consentisse di viaggiare e visitare posti nuovi. In fondo, le bastava poco per essere felice: uno zaino, una cartina e un paio di scarpe da ginnastica. Immersa tra quei pensieri non si rese conto che era ora di rientrare, il suo traghetto sarebbe partito di lì a 20 minuti. In fretta e furia si recò al porto, abbandonò la bici e partì.
Robert la chiamò che si era appena imbarcata, nuovamente le chiedeva di mangiare qualcosa assieme, un aperitivo. Avrebbe voluto avere il tempo di andare in hotel, prepararsi con calma, ma l’appuntamento era troppo presto. Scese dalla nave che Robert era già lì che l’aspettava, da solo, con una rosa in mano.
“Così mi metti in imbarazzo”, disse lei arrossendo. Lui la baciò senza dire niente. Lei non oppose resistenza. Robert appoggiò le labbra sul collo di lei, senti il sapore della salsedine fresca e asciugata al sole. Si fermarono a bere una birra. Parlarono di quello che avevano fatto e visto durante il giorno. Poi si incamminarono tra le stradine strette e i terrazzi delle case arredati con piante di limone. I frutti sporgevano gialli e abbondanti. Emma era felice, non pensava a niente, aveva la testa completamente sgombra e si godeva il momento.
Poi, all’improvviso, sentì da lontano un suono familiare e una voce che la chiamava da lontano.
“Mamma svegliati è tardissimo, non abbiamo sentito la sveglia!”.
Emma si alzò dal letto e si guardò attorno sgomenta. Era gennaio, fuori nevicava, lei doveva portare suo figlio a scuola e poi andare al lavoro.
Bella storia…una parentesi di leggerezza nel solito tran tran.