Racconto di Silvana Maroni
(18 febbraio 2021)
In quel luogo remoto, la natura selvaggia accompagnava i fremiti degli amanti, stemperava i gemiti, accarezzava i corpi, tutto l’universo cospirava a favore dell’amore e della bellezza.
La giornata era stata torrida e la natura intera aveva cooperato per predisporre la scenografia di un incontro magico; la vita, in tutte le sue innumerevoli forme, in quella landa assolata aveva tessuto la trama degli eventi di quel magico pomeriggio…
Lei avanzava svelta, noncurante del suo fascino: il mondo si schiudeva di fronte al suo passo, all’incedere flessuoso delle anche, al guizzare dei muscoli delineati sotto la carne. Il tramonto arroventato sulla pianura illuminava il suo corpo perfetto che baluginava strusciando contro l’erba alta della prateria. Sembrava ignorare tutto intorno a sè e procedeva sicura nel suo cammino, forte dell’incontenibile energia che la guidava e dell’aura profumata che lasciava come una scia sul solco dei suoi passi: precisi, perfetti, silenziosi come una danza. Il tramonto allestiva lo spettacolo di una pianura rovente, rossa di ruggine mentre Venere, la gemella celeste di lei, iniziava ad affacciarsi su in cielo rischiarandone il cammino regale.
Era un’armonia di gesti, una musica divina: il mondo sembrava gravitare intorno a quel corpo perfetto, ai gesti potenti ma ricchi di grazia, alla bellezza assoluta e alla fierezza del suo sguardo.
Lui l’attendeva per un incontro che avrebbe lasciato un segno indelebile nel mondo e nei loro corpi. Era su una collina e ammirava l’incedere di quella creatura che procedeva nella sua direzione, quasi che il loro amore fosse già deciso nelle alte sfere del destino di entrambi. Erano fatti l’uno per l’altra e il profumo che il vento trasportava fino alle sue narici glielo confermava. L’avrebbe attesa e fatta sua, al più presto, senza esitazioni né ripensamenti, senza che nessuno avesse potuto interferire in quel richiamo divino, in quella sinfonia di corpi infiammati dal desiderio.
Un uccellino cantò una melodia dall’alto di un ramo e il fruscìo del vento sulla pianura ne fu l’accompagnamento in musica.
Le alte erbe si aprivano, l’aria tremante respirava il calore trasudato dalla terra schiacciata dai passi di lei, i fiori sbocciati si ritiravano dalla corolla, per timore e vergogna, non vollero soccombere a quell’incontro, all’energia incontenibile dei corpi dei due amanti.
Così fu, loro si erano già riconosciuti a distanza e nessuno dei due ebbe alcuna esitazione.
I ruggiti del leone e della leonessa risuonarono alti, espandendo la loro eco in tutta la sterminata savana, di cui i due bellissimi amanti si proclamarono re e regina incontrastati.
Scrivi un commento