Di Bertolt Brecht

 

Stupefacente come una poesia (una breve lirica su cose antiche o vecchi utensili) possa divenire, forzando il concetto brechtiano, una dichiarazione politica di primissima portata.

Contro l’odierno usa e getta che danna congenitamente gli oggetti alla mediocrità, può opporsi l’oggetto di Brecht, semplice, quotidiano, inavvertito: una brocca, una pietra, una forchetta; e tali oggetti “migliorano forma, si fanno/preziosi perché tante volte apprezzati”; attraverso essi si viene in contatto un’umanità tradizionale, semplice, solidale, capace di tramandare una cosa e di caricarla, magicamente, di perizia, amore e devozione. Rame, legno, pietra, marmo, erba, la materia millenaria degli artigiani e delle famiglie: la radice prima della bellezza.

Il nostro tempo ha immiserito il gusto; soppresso, di fatto, la bellezza. Qualunque cosa tocchi viene reso goffo e vistoso attuando la parodia delle antiche forme.

Assieme alla bellezza intima degli oggetti, però, svaniscono anche gli uomini che l’hanno concepita e preservata: i caduti di una guerra che abbiamo perso tutti.

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Fra tutti gli oggetti i più cari

Sono per me quelli usati.

Storti agli orli e ammaccati, i recipienti di rame,

I coltelli e forchette che hanno di legno i manici,

Lucidi per tante mani: simili forme

Mi paiono tutte le più nobili. Come le lastre di pietra

Intorno a case antiche, da tanti passi lise, levigate,

E fra cui crescono erbe, codesti

Sono oggetti felici.

Penetrati nell’uso di molti,

Spesso mutati, migliorano forma, si fanno

Preziosi perché tante volte apprezzati.

Persino i frammenti delle sculture,

Con quelle loro mani mozze, li amo. Anche quelle,

Vissero per me. Lasciate cadere, ma pure portate;

Travolte sì, ma perché non troppo in alto stavano.

Le costruzioni quasi in rovina

Hanno l’aspetto di progetti

Incompiuti, grandiosi; le loro belle misure

Si possono già indovinare; non hanno bisogno

Ancora della nostra comprensione. E poi

Han già servito, sono persino superate. Tutto

Questo mi fa felice.