Articolo di Liliana Vastano
Noi che abitiamo in una parte del mondo relativamente tranquilla e, per molti versi abbastanza confortevole, abbiamo già preparato l’albero di Natale o il presepe, magari tutti e due. Nonostante dal secondo dopoguerra l’albero vinca quasi sempre la sfida col presepe, quest’ultimo si difende bene tant’è che in quasi tutte le case troviamo una capanna con la natività, piccola, grande, di legno, di sughero, di vetro, di carta e così via. L’origine di questa tradizione la dobbiamo cercare nell’Umbria di San Francesco dove i suoi seguaci prima, i domenicani e i gesuiti poi, la diffusero. Il presepe più antico si conserva nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Nel ‘400 divenne di uso popolare ma non solo. Ricchi e potenti ne affidarono la costruzione, nelle loro lussuose dimore, ad illustri maestri i cui lavori si possono ammirare ancora oggi.
Ora , però, voglio ricordare altre capanne, quelle tra Bielorussia e Polonia, dove, “ al freddo e al gelo” come dice una canzoncina d’altri tempi, si ammassano adulti e bambini, affamati e disperati che non hanno nemmeno un bue e un asinello per scaldarsi. La loro unica speranza è una lanterna verde accesa sulle case dei contadini polacchi che vivono nei pressi delle recinzioni. Se i migranti riusciranno a passare il confine eludendo la sorveglianza armata, potranno rifugiarsi lì dove saranno accolti e rifocillati. Ma se non riusciranno? È per questo motivo che padre Ceriani, parroco della Chiesa romana di Santa Maria dei Miracoli, ha invitato a collocare su tutti i presepi una lucetta verde e una lanterna verde ad una finestra di casa in segno di solidarietà verso i migranti, contro l’indifferenza dell’Europa ovvero contro il tramonto dei valori su cui si è costruita l’Europa dopo la seconda guerra mondiale. Mi auguro che ci siano milioni di lanterne verdi accese nelle città e nei paesi di tutta Europa e che ad esse facciano seguito atti concreti da parte dei governi dell’Unione nei confronti di questa umanità sofferente.
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