Articolo di Doris Bellomusto
Perché a me piace il rosso, il pandoro, il panettone con i canditi, il freddo che punge, le inaspettate giornate di sole. Perché mi piacciono i pomeriggi al mare a guardare i gabbiani e chiedermi come sarà domani. È Natale perché, in questi giorni di ozio e buoni sentimenti, a me piace ascoltare Lucio Dalla e pensarmi giovanissima, come non sono più. E per gli altri perché è Natale? Forse nelle tasche di tutti si nascondono spiccioli con cui non si può comprare più niente, se non un sorriso amaro. Perché è Natale? Perché si ricorda il profumo delle bucce d’arancia che i vecchi in Calabria trent’anni fa buttavano nel braciere per profumare case arredate con dignitosa povertà e quel profumo adesso mi punge il cuore. Perché a Natale da bambini abbiamo sognato la felicità, che era piccola, semplice, facile come non sarà mai. È Natale perché in TV è possibile ritrovare Mary Poppins, perché viene voglia di cantare qualche canzone di Lucio Battisti, perché ci si attarda a chiacchierare davanti a un caffè, perché si può leggere un libro davanti al camino, perché si fanno regali inutili e se ne ricevono altrettanti. È
Natale perché ci viene voglia di frugare in tasca e spendere tutti gli spiccioli per un giro di giostra fra ricordi e illusioni, sogni dimenticati, vane speranze, stanchezze, miserie e nobiltà. È Natale perché sì, perché no, perché ogni anno possiamo sederci su una poltrona e chiederci se le nostre vite assomigliano tanto, poco, abbastanza o per niente a quelle che sognavamo da bambini. E se la domanda fosse troppo scomoda? Beh, a Natale, possiamo sempre dormirci sopra.
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