Fiaba di Anna Maria Calò
Illustrazioni di BDB
Quando Gertrude vide entrare suo fratello Franz dentro casa, veloce come un fulmine e bianco in viso come un lenzuolo, erano circa le tre del pomeriggio. “Nebbia è scappato” urlava alla sorella, “presto, aiutami a raggiungerlo!” Nebbia era un San Bernardo di sette anni che il padre dei due ragazzi aveva portato in dono ai figli, ancora cucciolo, una mattina di Natale, infiocchettato con un nastro rosso al collo. Era sempre stato un cane tranquillo, non particolarmente scattante, ma, onnipresente alle scorribande dei due fratelli, come a guardia di ogni loro marachella. Cosa mai poteva averlo condotto ad inseguire quei cani da riporto ed i loro cacciatori? Proprio lui che non aveva mai corso in vita sua, neanche per rincorrere una lepre di passaggio? Era tardi per farsi tutte queste domande, bisognava provare a riacciuffarlo prima che mamma e papà fossero rientrati dalla raccolta della legna. I due ragazzi come saette, ma, senza pensare a coprirsi, uscirono scappando verso la valle, dove la muta dei cani si era diretta, ma, purtroppo, di Nebbia non v’era alcuna traccia. Nel frattempo si era fatto buio e la temperatura era scesa di almeno quindici gradi. Franz e Gertrude avevano risalito la valle verso le Vetta del Diavolo e, prima di rendersene conto, la stanchezza e il gelo erano sopraggiunti. Trovarono riparo in un anfratto naturale della montagna e abbracciati, per provare a scaldarsi, si addormentarono al freddo della notte. Franz, che era il più grande dei due, fu l’ultimo a chiudere gli occhi, si sentiva responsabile per la sorella, per averla coinvolta in quella folle corsa. Ma, fu anche il primo a riaprirli per via di quella sensazione umidiccia provata sulla faccia, come in sogno sentiva energica una slinguata del suo amato cane.
Era realtà, fortunatamente: il San Bernardo, con padrone al seguito, li aveva scovati e li stava soccorrendo. Gertrude si svegliò, intirizzita dal freddo ed il padre la mise a cavalcioni su Nebbia, mentre lui provava a sorreggere il ragazzo. In questa condizione, presero la strada del ritorno verso casa, dove la mamma li stava aspettando con un brodo tenuto al caldo nel paiolo sotto al focolare. Non fu facile nei giorni a venire dimenticare quella brutta avventura, ma, quando i due fratelli si rimisero in forze e poterono tornare a giocare fuori, scoprirono finalmente la ragione della fuga inspiegabile di Nebbia di qualche pomeriggio prima.
Il cane aveva inseguito e raggiunto uno di quei cacciatori che aveva provato a portar via, rubandola, la capretta di Gertrude. Adesso, l’animale, nonostante la fascia vistosa alla zampa posteriore destra, saltava felice e faceva le feste alla padroncina finalmente ritrovata.
Più in là, Nebbia sonnecchiava tranquillo come nulla fosse. Almeno, così sembrava perché gli occhi erano solo socchiusi quel tanto. Giusto due fessure tenute leggermente aperte per non perdere mai di vista niente e nessuno.
Fu una bella giornata di sole quella.
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