Fiaba di Monica Cerullo

Illustrazioni di BDB

 

Parthenope era una creatura speciale; aveva un dono prezioso, scoperto nei suoi primi anni di vita, durante la permanenza in una casa d’accoglienza per trovatelli.

Quel segreto però era venuto alla luce e agli occhi dei grandi lei altro non era che una strega. Perciò, per timore, fu rinchiusa e isolata in una piccola cella nel sottosuolo dell’istituto in attesa di condanna, perdendo ogni speranza di trovare una famiglia che la potesse accudire.

Un giorno, la bambina, con la complicità di alcune ospiti, sue coetanee, riuscì a sfuggire alla prigionia. Cominciò a correre tra le vie di un paese che non conosceva. Le gambe la condussero nei pressi di un molo, dove scorse una nave in procinto di partire. Intrufolandosi di soppiatto tra i marinai indaffarati, salpò a bordo del bastimento non sapendo neppure questo dove fosse diretto, e si nascose tra gli scomparti. Con il nodo in gola e tanta paura, rimase rannicchiata in mezzo a grossi container che chissà cosa contenevano, e, vinta dalla stanchezza, si addormentò.

Dopo un lungo viaggio si svegliò e sgattaiolò dalla tana. Salendo sul ponte, sbirciò ciò che la circondava: il mare era limpido e calmo, il cielo azzurro, il sole splendeva in alto. Giunse così sulle coste di una nuova terra. I marinai la chiamavano Napoli.

Parthenope vide sullo sfondo una montagna gigante e minacciosa con, sotto di sé, tanti piccoli villaggi e poi isole lontane.

Scesa per ultima dalla nave, si mescolò alla gente, dove ognuno era impegnato nelle proprie faccende: c’era chi vendeva il pesce, chi i salumi, chi riparava calzature, chi creava oggetti raffiguranti luoghi, simboli della città. C’erano bambini come lei che giocavano e correvano per le strade. Parthenope, sorridendo, si scansò per farli passare e non essere travolta. Un brontolio allo stomaco le ricordò che era trascorso molto tempo dall’ultima volta che aveva mangiato e l’odore di quello che sembrava essere pane appena sfornato la fece bloccare davanti al banco con l’acquolina. Cosa avrebbe dato per averne un pezzetto…

Ma lei non aveva monete, non poteva pagare per avere qualcosa in cambio. Allora, desolata, si allontanò. Persino bere da una fontana le pareva ingrato. Lavò le mani e il viso, bagnò solo le labbra. Si sedette su un muretto, piegò le ginocchia e si fermò a guardare i bambini che si divertivano.

A un tratto un uomo le si avvicinò e la osservò con attenzione e curiosità.

-E tu chi sei?

Parthenope si presentò.

-Dove sono la tua mamma e il tuo papà?

La ragazzina spiegò che non aveva più nessuno al mondo che si occupasse di lei e che veniva da un paese lontano. A quel punto, l’uomo, intenerito, le offrì da mangiare dividendo con lei il suo pane. Partenope avrebbe voluto divorarlo, poi considerò che fosse meglio conservare la sua razione affinché durasse più a lungo. Attorno a loro si radunarono altre persone che intendevano conoscere quella ragazza nuova.

Una donna, che aveva solo figli maschi, e che aveva tanto bisogno della mano di una fanciulla, le propose di ospitarla in casa sua.

Fu così che per Parthenope ebbe inizio una nuova vita. Aveva finalmente una famiglia, un umile dimora, vestiti puliti, tanti amici. Tutti le volevano bene. Cresceva giorno dopo giorno ed era diventata ancora più bella. I suoi capelli neri erano lunghi e folti e gli occhi blu e intensi.

Purtroppo, ben presto, quella città accogliente e gioiosa, fu investita da una grave epidemia che si estese sempre più infettando e facendo ammalare tante persone. Non vi erano cure mediche efficaci, solo rimedi palliativi e periodi di quarantena da adottare.

Parthenope era addolorata e dispiaciuta. La sua migliore amica era in fin di vita e lei non voleva perderla, per cui, una sera, rimaste sole, prese le mani dell’amica tra le sue, chiuse le palpebre, si concentrò e asportò la malattia. Una luce abbagliante irradiò e riscaldò la stanza. Il mattino dopo la ragazza era guarita. Non era la prima volta che agiva. Era già successo, ma, imparando dalla sua esperienza, Parthenope era stata molto attenta e, prima di quella sera, nessuno si era accorto di nulla.

Il numero degli ammalati intanto aumentava. Parthenope sapeva del rischio che stava correndo, tuttavia, l’amore per quella gente che aveva fatto tanto per lei, valeva il dispendio delle sue energie. Molti guarirono per mano sua. Oltre metà della popolazione fu salvata. Ma il suo potere stava svanendo. Lei si stava prosciugando. A nulla erano serviti i tentativi, da parte dei suoi familiari e amici stretti, di dissuaderla. Si era sacrificata già abbastanza. Parthenope, invece, era giunta alla conclusione che fosse stata inviata sulla Terra per una valida ragione, che qualcuno dall’alto avesse mosso le redini del suo destino e lei lo aveva accettato.

Tutti avevano capito la sua natura ormai. Non c’era una sola persona che fosse scettica. E nonostante fossero orgogliosi, onorati e fieri di aver incontrato un angelo speciale nella loro vita, avevano il terrore di vederlo sparire.

Le preghiere avevano soltanto rimandato l’inevitabile. Parthenope si spense in una notte di settembre sulle rive del golfo di Napoli, proprio lì dove era approdata tanto tempo prima. Fu organizzato un funerale in grande stile, al quale l’intera città partecipò con viva e sincera commozione.

Da quel giorno, gli abitanti di Napoli furono chiamati e conosciuti anche con il nome di Partenopei, in onore dell’angelo Parthenope.

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