Racconto di Alessandra Macagno
(Seconda pubblicazione)
“Maledetta puttana! Tu e quel sacco di pulci mi avete rovinato la vita!” Come un disco rotto, quelle parole agghiaccianti seguitavano ad echeggiare nella mente di Francesca. Quanto più cercava di dimenticarle, tanto più esse si facevano taglienti, fino a trafiggerle l’anima, come lame affilate. Le sue mani tremanti poggiavano sul gelido sterzo della sua Fiat Panda. Dallo specchietto retrovisore osservava Poldo, il suo splendido labrador, che dormiva sul sedile posteriore, accanto a un borsone in tela; era il suo migliore amico, il suo punto di riferimento, non si sarebbe separata da lui per nessuna ragione al mondo. Due lacrime amare solcarono il suo volto affranto. “Quante ne abbiamo passate nell’ultimo anno, mio caro Poldo. Abbiamo vissuto momenti terribili tu ed io. – Pensò, asciugandosi le gote con il dorso della mano – Ma ti prometto che, da oggi, tutto sarà diverso. Riconquisteremo la nostra serenità, anche se non sarà facile.”
Con fare distratto, volse lo sguardo verso il finestrino. Non vi era anima viva lungo il viale, se non uno o due passanti che, in totale tranquillità, percorrevano il marciapiede, costeggiato da una fila di platani semispogli. Tra l’ammasso di cumuli cinerei, che ricopriva il cielo, non sembrava esserci spazio per il benché minimo raggio di sole. In un certo senso, l’atmosfera plumbea di quella triste mattina rispecchiava il suo stato d’animo. Sebbene cercasse di rinfrancarsi, un pensiero opprimente la assillava. “Marcello…” Mormorò, sospirando.
Il suo fidanzato, lo stesso uomo che, tempo addietro, le aveva fatto assaporare il paradiso, da un anno a quella parte le aveva reso la vita un inferno. La tenacia, grazie a cui Marcello era riuscito a conquistare il suo cuore, progressivamente, si era trasformata in prepotenza e, come un uragano, aveva distrutto ogni aspetto della loro relazione. “Le persone non cambiano all’improvviso, semplicemente, si rivelano per ciò che sono. Come ho potuto essere così ingenua?” Si domandò la giovane donna, voltandosi verso il suo amico a quattro zampe e accarezzandogli dolcemente la testa.
Con un velo di nostalgia, non poté fare a meno di ripensare alla vigilia di Natale di tre anni prima, quando, tra le quattro mura di Pensieri e parole, la sua libreria, il suo destino e quello del suo compagno si incrociarono per la prima volta. In quella giornata dai ritmi frenetici, stava approfittando di un momento di calma per riordinare gli scaffali della sezione narrativa, quando Marcello le si avvicinò; era alla ricerca di un romanzo da regalare a sua madre e, con il pretesto di chiedere un consiglio, iniziò a corteggiarla spudoratamente. Benché non si aspettasse una simile sfrontatezza, Francesca si sentì lusingata: in fondo, quel bizzarro individuo, dagli occhi color zaffiro, era piuttosto affascinante, quindi, perché non concedergli una possibilità? Il giorno stesso, si scambiarono i numeri di cellulare e, da lì a poco, tra loro cominciò un’assidua frequentazione, che culminò, qualche mese dopo, con un fidanzamento ufficiale.
Erano come il giorno e la notte, ma, nella loro diversità, parevano completarsi. Francesca, eterna sognatrice dall’animo sensibile, nei momenti di insicurezza sapeva di poter trovare rifugio tra le braccia del suo uomo, audace e risoluto. Benché non fosse un tipo romantico, Marcello non le faceva mancare le sue attenzioni, sorprendendola continuamente. Fu proprio in occasione del suo trentacinquesimo compleanno che riuscì a stupirla, presentandosi in libreria con il regalo migliore di sempre: un affettuosissimo cucciolo di labrador, dal pelo color crema. In quel frangente, il cuore di Francesca si riempì di gioia. Sembrava proprio che il suo innato desiderio di formare una famiglia, grazie a Marcello e a quel simpatico cagnetto, a poco a poco, si stesse concretizzando.
Purtroppo però, quell’equilibrio, all’apparenza perfetto, era destinato a rompersi. La perdita del lavoro, sopraggiunta a valle di un lungo periodo di cassa integrazione, gettò Marcello nel baratro del tormento. Per mesi si dedicò assiduamente alla ricerca di una nuova occupazione, sfortunatamente, senza successo. Frustrato dalla persistente situazione di stallo, cominciò ad affogare i suoi dispiaceri nell’alcol, rivelando, progressivamente, il suo temperamento violento e volubile. Denigrava e maltrattava ingiustamente Francesca, accusandola di essere la causa di ogni sua avversità. “Maledetta puttana! Tu e quel sacco di pulci mi avete rovinato la vita!” Gridava, in preda al delirio, percuotendola.
In un primo momento, sopraffatta dallo sconforto, Francesca subì passivamente le angherie di Marcello. “Ha ragione, si è ridotto così a causa mia.” Si ripeteva, colpevolizzandosi. Sebbene il suo fidanzato, un tempo uomo probo e tenace, si fosse trasformato in una bestia fuori controllo, nutriva ancora affetto nei suoi confronti e non riusciva a fare a meno della sua presenza. Col passare dei giorni, però, un barlume di orgoglio, riaffiorato dai meandri del suo animo, la indusse a un repentino cambio di prospettiva. “Sono una donna, intelligente e con una solida dignità da difendere. Non posso continuare a vivere questa perenne umiliazione.” Pensò, osservando, con amarezza, i lividi sulle sue braccia, frutto della brutalità del suo aguzzino. Dopo innumerevoli notti insonni, giunse alla conclusione che, per ritrovare la serenità, avrebbe dovuto allontanarsi per un po’ da Marcello; mise, pertanto, tutti i suoi effetti personali in un borsone e si trasferì a casa di sua sorella, nella speranza che, prima o poi, il suo uomo rinsavisse. Non avrebbe mai immaginato che, a distanza di una settimana, quella decisione avrebbe comportato conseguenze terribili.
Suo malgrado, Francesca rammentava piuttosto bene la sera in cui, a ridosso dell’orario di chiusura, Marcello, completamente fuori di sé, irruppe nel suo negozio. Aveva gli occhi sgranati e ansimava dalla rabbia. “Come hai osato abbandonarmi, troia!” Urlò, squadrandola dall’alto al basso. Si girò di scatto verso Poldo, che dormiva accucciato ai piedi di uno scaffale, e, sferrando un violento calcio, lo colpì sul muso. Spaventata, la giovane donna trasalì. “Marcello, calmati, per favore! – Lo implorò, con voce tremolante – Cosa ti ha fatto di male Poldo? Ti supplico, lascialo in pace!” Ignorandola, l’uomo prese un libro da una mensola e lo scagliò violentemente contro la parete. “Tu e il tuo cane di merda non siete altro che esseri inutili! Che possiate crepare!” Sbraitò, afferrando un altro volume e lanciandolo contro di lei. Francesca riuscì a scansarlo e, indietreggiando, si rifugiò dietro al bancone. Il suo cuore batteva all’impazzata. “Posso spiegarti tutto, ma, ti scongiuro, smettila di comportarti così!” Esclamò, con la fronte imperlata di sudore, sforzandosi di trattenere le lacrime. “Non mi interessano le tue scuse!” Ribatté Marcello, emettendo un ringhio quasi animalesco. In preda alla collera, avanzò minacciosamente verso di lei, con l’intento di percuoterla, quando qualcuno, afferrandolo per il braccio, lo bloccò: era Simone, amico e cliente abituale di Francesca, che, passando per caso davanti alla libreria, aveva assistito alla scena, e, temendo il peggio per la giovane donna, aveva deciso di intervenire per difenderla. Mentre Simone lo trascinava brutalmente fuori dal negozio, Marcello lanciò uno sguardo carico di odio verso Francesca. “Me la pagherai, maledetta puttana! Stanne certa!” Gridò, dimenandosi nervosamente. Pietrificata, la giovane donna non proferì parola. “Senz’altro, tornerà per vendicarsi, non ha più freni inibitori, ormai. – Pensò, mordicchiandosi il labbro – Devo trovare il modo per porre fine a questo supplizio, una volta per tutte.” Ringraziò Simone per il nobile gesto, congedandolo con un forte abbraccio, dopodiché si mise a raccogliere i libri che Marcello aveva scaraventato per terra. Era così sconvolta da quella tremenda sfuriata che, dopo qualche istante, colta da un attacco d’ansia, si accasciò accanto alla porta e scoppiò in un pianto amaro.
Un trillo improvviso interruppe bruscamente quel vortice di tristi ricordi, riportando Francesca al presente. Estrasse, dalla tasca della giacca, il suo smartphone e, senza esitare, lesse il messaggio che aveva appena ricevuto.
“Francy, so che è difficile, ma stai facendo la cosa giusta. Chiamami pure, se hai necessità di sfogarti. Un bacio. Simone.”
Un accenno di speranza comparve sul suo volto. “Certo, Simone. Non ti deluderò.” Pensò, riponendo il cellulare. Con fare risoluto, scese dall’auto e, attraversata la strada, varcò la soglia della Stazione Carabinieri. “Buongiorno, sono stata vittima di maltrattamenti da parte del mio compagno. – Esordì, rivolgendosi al giovane carabiniere, responsabile dell’accoglienza – Vorrei sporgere denuncia.”
“Venga con me, signora. La accompagno subito dal Maresciallo.” Rispose il ragazzo, facendole un cenno con la mano.
Mentre si apprestava a seguirlo, il suo cellulare squillò nuovamente: Simone le aveva inviato un altro messaggio.
“Ah, dimenticavo! Oggi è la festa della donna, quindi, un caro augurio da parte mia. Ti abbraccio forte.”
Francesca posò lo sguardo sul calendario pieghevole, appoggiato sul bancone della reception, e constatò che il suo amico aveva ragione: in effetti, quel giorno era l’otto marzo 2014.
Dopo tempo immemore, abbozzò un sorriso. Era certa che quella data sarebbe rimasta impressa, per sempre, nella sua mente. In quelle specifiche circostanze, infatti, avrebbe finalmente riconquistato ciò che di più prezioso potesse desiderare: la sua dignità.
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