Racconto di Francesca Coppola

Da un fatto realmente accaduto

 

«Chiama subito Vincenzo!» urlò terrorizzato il caporeparto.

I quattro uomini stavano in un angolo a confabulare. Il primo parlava, il secondo riportava tutto quanto sulla sezione note del cellulare. Gli altri due ascoltavano con una attenzione innaturale.

Attorno lo sconcerto era generale. C’erano diverse persone in divisa in prossimità sul corpo. Era trascorsa appena un’ora dal fattaccio. Manuele giaceva a terra.

“Sono stato via dieci minuti” ripeteva Gennaro. Lui aveva condiviso il turno col ragazzo nuovo, si era allontanato col muletto per l’ultimo giro.

«Non sono riuscito a staccarlo, in tempo dal torchio» non si dava pace, allargando le braccia. Confessò di aver udito un leggerissimo respiro quando era riuscito a sbloccare il meccanismo. Il ragazzo era crollato tra le sue braccia e lui, con tutta la forza della disperazione lo aveva trasportato all’esterno. Aveva praticato le prime manovre per cercare di rianimarlo poi era corso a chiamare il caporeparto, che a sua volta aveva allertato il vicedirettore, e in un’ora, all’alba, erano arrivati i quattro azionisti.

Tutti conoscevano i ritmi del turno di notte. Si lavorava velocemente per terminare il ciclo di produzione. Accelerare i tempi era una competizione presa con grande serietà dai vari capo reparti al fine di ottenere il premio produzione. Cinquecento euro in più sullo stipendio. Il proprio nome di bocca in bocca come migliore responsabile dell’anno.

Gennaro si passava la mano fra i capelli. Tutti guardavano gli occhi di tutti. Qualche minuto prima delle ventidue, era iniziato il turno di Manuele, aveva indossato il gilet arancione. Gennaro aveva scherzato sulla fine del periodo da stagista, ora il ragazzo di venti anni era stato assunto a tempo indeterminato. Appena due giorni prima, nella ricorrenza del suo compleanno, era stato chiamato in azienda per firmare il contratto, lungo la strada di ritorno aveva deciso di fare una sorpresa a sua madre. Si era presentato con una rosa rossa e il fratello gemello, aveva preteso una colazione al bar, tanto per festeggiare.

«Fra’ quanto manca alla fine del turno?»

«Venti minuti bro’ faccio il carico e torno».

Gennaro aveva fatto il solito giro. Era passato all’altro reparto, aveva scaricato la merce ed era ritornato, in tempo per la fine del turno e voleva stuzzicare il ragazzo nuovo.

Giunto sul posto aveva sentito un rumore di inceppamento, un rumore a lui noto perché già capitato altre volte. Sapeva che alcuni meccanismi venivano modificati al fine di consentire un aumento di velocità non consentito dal regolamento. Si era recato alla postazione di Manuele per spiegargli il procedimento ma lui non c’era. Allora era corso verso la parte centrale della macchina e lo aveva visto: era viola. In un secondo tutto era viola: le pareti, il pavimento, il cuore.

Aveva gridato, aveva implorato aiuto? Nessuno lo aveva sentito?

Delle urla di Gennaro si avverte ancora l’eco. Era sopraggiunto il caporeparto, impegnato su due divisioni. E ora dall’altra parte i fagioli si erano gonfiati oltremodo, nessuno aveva fermato l’acqua nelle vasche.

Il turno di notte era finito da quasi due ore. Con un intervento straordinario e ben pagato, Vincenzo, il tecnico dell’azienda entrava nella stanza e non si accorgeva del colore viola, eseguendo l’ordine: ricollegare il sensore.

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