Racconto di Margit Horsky

(Settima pubblicazione)

 

Clara fa tutto il pontile di corsa, si tuffa e nuota con foga fino alla boa più lontana e poi oltre, a velocità costante.  Si ferma solo quando non ha che mare tutto intorno, quando le persone che giocano sul bagnasciuga sono diventate figurine di un videogame. I muscoli delle braccia sono indolenziti, ha un inizio di crampo al polpaccio. E il cuore che batte all’impazzata. Si gira sul dorso e galleggia a morto, le braccia allargate, le gambe appena divaricate. Si fa cullare dall’acqua e, libera da ogni peso esteriore, cerca di calmare l’anima. Piano piano il sole inizia a far sentire il suo tepore sulla pelle del viso e dell’addome, mentre il resto del corpo è immerso nell’acqua fredda. Sembra una metafora, pensa, ciò che è in superficie è gradevole, quello che sta nascosto alla vista è gelo. Proprio come quello intorno al suo cuore, che, lentamente, ritrova il ritmo usuale. Il respiro si fa normale, più pacato. Non corrisponde alla confusione che sente dentro.

Aveva avuto dei sospetti mesi fa, ma li aveva spazzati via, erano troppo destabilizzanti. Ora non ci sono più dubbi. Bastardi!

Li ha visti baciarsi dietro una duna, sua mamma e suo zio! Li ha fissati incredula, poi ha distolto lo sguardo inorridita quando la mano di lui è scivolata lentamente giù dal seno, ha percorso la pelle morbida e abbronzata del ventre, per sparire negli slip di lei.

Ripensa a quando tre mesi prima li aveva scorti fuori dall’appartamento dello zio, il braccio di lui sulla spalla della mamma, lo sguardo complice con cui si guardavano. Che ci faceva lì di mattina, quando doveva essere al lavoro? Non aveva potuto chiederglielo perché in quel momento, in teoria, lei doveva essere a scuola, a fare il compito di latino. Solo che Paola l’aveva convinta a bruciare. Era maggio, c’era una verifica al giorno e lei non reggeva più. Per fortuna Paola non se n’era accorta, dandole l’opportunità di cancellare quell’immagine dalla mente. Era più facile fare finta di niente, convincersi di essersi sbagliata, non pensarci più.

Poi però aveva notato quei comportamenti ambigui quando la mamma riceveva messaggi: dava un’occhiata veloce al cellulare, diceva che non era niente di importante e se lo ficcava in tasca. Poi filava in bagno, per leggerli in santa pace, di sicuro. Aveva anche cambiato il codice di blocco schermo del cellulare, così nessuno poteva più guardarci dentro. E quando lo zio veniva da loro? Come si scambiavano sorrisi, se credevano di non essere visti; come si separavano veloci se per caso li sorprendevi soli in salotto o in terrazza!

Comincia a muoversi lentamente, si gira sulla pancia, inarca la schiena e si immerge, nuota verso il fondo, gli occhi spalancati in cerca di…non sa neanche lei di cosa: un rifugio, pace forse. Come se l’acqua fosse liquido amniotico che l’avvolge, la coccola. Quando l’aria nei polmoni è esaurita si ferma e si lascia trasportare in superficie.

Pensa a suo padre, tradito due volte. Da una moglie bugiarda, da un fratello che adora. Pensa a Tommy, il suo fratellino, che stravede per lo zio. E lei?  Prova solo rancore, perché si sente tradita più degli altri, perché ora sa…e non sa cosa fare. Che parte può avere in tutto questo? Parlare con sua madre? Dirle che sa, che la odia, che non si fa così, che deve smetterla? O parlare con suo padre, fargli cadere il mondo addosso? Magari pretendere che niente sia successo.

Forse dovrebbe affrontarla e sentire la sua scusa, di sicuro ne ha una. Così potrebbe fingere di crederle e tutto tornerebbe come prima. O quasi.

Si sente troppo debole per tutto questo peso. L’unico sollievo è nuotare, lontano. Puntare in direzione del sole, andare avanti lentamente e con costanza finché lo vedrà affondare in mare, portandosi dietro i brutti pensieri.

Sente un fischio ripetuto, si volta a guardare.

“Ma sei scema? Vuoi arrivare in Croazia?”

È Marco, il bagnino che rema verso di lei, le si accosta “Sali dai, che ti riporto a riva. Ti rendi conto di quanto sei lontana? Lo sai che c’è una corrente fortissima poco più in là?

“Eh che sarà mai, mi stavo solo allenando” finge, ma lui la guarda strano, non le crede. Forse l’ha vista correre lungo il pontile. L’aiuta a salire.

“Sarai gelata, tieni questo telo”. Sente il suo sguardo mentre vi si avvolge, non ha il coraggio di ricambiarlo.

“Mi fai fare gli straordinari,” le dice. “Stavo per finire il turno”.

“Non ce n’era bisogno” risponde un po’ strafottente. “Stavo per tornare indietro!”

“Qualunque fosse il motivo, non farlo più.” Lei finalmente alza gli occhi e vede come la guarda, con preoccupazione, quasi con tenerezza.

“Adesso penseranno che mi sono allontanata per farmi salvare da te.” Fa un sorriso tirato, ma pur sempre un sorriso.

“Non occorreva fare tutta sta scena. Bastava un’occhiatina compiacente, un sorriso solo per me” e le fa l’occhiolino.

È bello Marco, un figo. Ha sempre un sacco di ragazze intorno. Quando torna a riva col suo kitesurf sono tutte a morirgli addosso e lui ci gode, neanche a dirlo. Se non fosse che ha altri problemi per la testa si sentirebbe lusingata dalle sue attenzioni.

Ma quali attenzioni! Ha fatto solo un salvataggio di cui non c’era proprio bisogno, sarebbe tornata indietro, senza sforzo. Ne è certa. È stanca morta, però e non solo nel fisico. Vorrebbe andare a casa, farsi una doccia bollente e buttarsi sul letto. Casa… Cosa l’aspetta a casa? Cerca di soffocare un singhiozzo, ma lui se ne accorge.

“Ehi sei un po’ troppo giovane per pensare al suicidio” le dice buttandola in ridere.

“Sono nei casini” e finalmente piange, se ne vergogna come una ladra, ma piange. Non per rabbia, ma senza far rumore, con tristezza.

Lui la guarda sconcertato, non sa come reagire. Intanto sono quasi a riva. Clara si passa una mano sugli occhi. “Scusa” gli dice.

“Senti, dammi il tempo di sistemare il cambio di turno, intanto ti vesti, poi ti accompagno.”

“Non voglio andare a casa!”

“Andiamo dove vuoi” le dice, “ci beviamo una birra e se ti va, mi racconti. Facciamo anche un corso accelerato da psicologi, sai?” scherza.

Ha un sorriso caldo, aperto. Non gli racconterà quale problema la tormenta, come potrebbe? Ma un amico vicino in questo momento è proprio quello che ci vuole. Per distrarla dai pensieri, per rinviare l’incontro con sua madre.