Racconto di Giorgio Rinaldi

(Decima pubblicazione)

 

È sera e sono passate da poco le dieci. Marcello ha appena spento la vecchia Cimbali e ha tirato giù la saracinesca del Bar. Franco si accende in fretta una sigaretta, prima che il sapore del suo ultimo caffè ristretto svanisca diluito dalla saliva. Ogni volta che compie quel gesto rimpiange i vecchi caffè normali insieme a Caterina, che gli davano il tempo di accendere una sigaretta e di guardare sua moglie negli occhi prima dell’ultimo sorso. Con il ristretto non è così, non è abbastanza per sorseggiarlo e allora lo ingoia tutto insieme, mentre la mano sinistra già fruga nella tasca per cercare accendino e sigarette.

Le loro abitazioni sono distanti pochi passi dal Bar e ogni sera li percorrono insieme, in silenzio, perché c’è poco tempo per parlare e forse poca voglia. Le due ombre appaiate li seguono accorciandosi fino quasi a scomparire sotto i lampioni di una Roma stranamente silenziosa. Poi, prima di entrare nel suo portone, Marcello lo saluta chiamandolo, per l’unica volta della giornata, con il suo vero nome.

«Ciao Fra’! Mi raccomando, domattina puntuale eh!»

«Buonanotte Marce’! Stai tranquillo, se tardo chiama il 118!»

Per tutto il resto del giorno, e per tutti i frequentatori del Bar, Franco è “CR7”. Chissà se a Caterina sarebbe piaciuto quel soprannome; di sicuro però le sarebbe andato a genio Giulio, il ragazzo che ha avuto questa idea e che dice che il suo vero idolo è Franco e non quel pagliaccio impomatato pieno di soldi con cui condivide il soprannome. A Franco non è mai piaciuto granché, ma i Bar sono sempre stati fabbriche di soprannomi e una volta che te ne appioppano uno, quello è e quello rimane, come all’Anagrafe. Lo tollera solo perché il suo soprannome, in effetti, non ha nulla a che fare con il calcio ma è l’acronimo di “Caffè Ristretto 7”, dove 7 sta per il numero di caffè ristretti che beve al Bar di Marcello ogni giorno.

Ha sempre bevuto molti caffè, forse perché ha sempre fumato molto. Oppure ha fumato sempre molto perché ha sempre bevuto molti caffè. Una cosa è certa: il tentativo di assolversi in questo modo dai suoi vizi, dando a uno la colpa dell’esistenza dell’altro, gli ha permesso di mantenerli forti e vitali fino ad ora che ha quasi ottantacinque anni. Molti conducono una vita monacale pur di raggiungere quell’età, abbandonando i propri vizi per tempo, lui no, CR7 ci è arrivato portandoseli dietro tutti come una tartaruga con il suo guscio, e ne va discretamente fiero nonostante gli abbiano segnato visibilmente l’aspetto. È talmente scheletrico che vederlo camminare sembra un miraggio, un’allucinazione. Ha gli occhi di un calamaro, la pelle di cuoio raggrinzito e ogni capello o pelo che ancora resiste sul suo corpo ha assunto il colore della nicotina. Anche i suoi denti non se la passano bene, pochi e ricoperti di uno strato di tartaro marrone.

Domani sono due anni che non c’è più la sua Caterina e in questi due anni, oltre a conquistarsi il soprannome di CR7, ha sempre bevuto i suoi sette ristretti in piedi, appoggiato con i gomiti ossuti ad un angolo del bancone. Neanche oggi si siede e, come al solito, dopo ogni caffè esce, si accende una sigaretta e scompare per due o tre ore. Ogni tanto qualcuno lo avvicina per fare due chiacchiere e CR7 finisce sempre per raccontare che da quando non c’è più Caterina, di lui ne è rimasta solo la metà ed è per questo che beve solo caffè ristretti. E spiega che per lui ora bere un caffè normale è un’impresa impossibile, ben oltre le sue forze, e gli lascerebbe troppo tempo per ricordare. Un caffè appena svegli, un altro dopo essersi lavati e uno prima di uscire, uno al Bar vicino al Supermercato, un altro al Bar Tabacchi dopo aver comprato le sigarette, poi uno appena rientrati, uno prima di cena, uno dopo cena, uno prima di fare l’amore e un altro dopo, questo era il ritmo che riuscivano a tenere in coppia, altro che CR7. Altro che i sette miseri sorsi che gli servono oggi per riuscire a contare tutte le ore di un’altra giornata così lenta a consumarsi.

La vecchia Cimbali esala l’ultimo sbuffo di vapore della giornata e la saracinesca stride tra i binari non ingrassati. Ormai per il vicinato quello stridio e quel tonfo finale sulla soglia di travertino del Bar segna la mezza serata e suona come un invito ad affrettarsi nei propri affari prima che la notte metta tutto a tacere.

Anche il rumore di passi è lo stesso di ogni sera a quest’ora.

«Ciao Fra’! Mi raccomando, domattina puntuale eh!»

«Buonanotte Marce’! Stai tranquillo, se tardo chiama il 118!»

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