Racconto di Elena Soprano
(Prima pubblicazione)
Un vociare bambino, il ritmo irregolare e il suono stoppato della pallina sui racchettoni, Baciami ancora del Jova dalla radio di spiaggia. Lui, alto e poco tonico, non ha mai voluto figli, lei, bassina e rotonda, un compagno. Sono un puzzle coi pezzi mischiati da paesaggi diversi. Flavio è un incrollabile alternativo con la barba sempre troppo folta e macchie itineranti su maglie e giacconi; Marta un’aspirante metropolitana, aggiornatissima su mostre ed eventi in città e mai pronta al salto quantico per sganciarsi dalla provincia. Una famiglia involontaria che ha accolto la casualità degli eventi come esercizio di affetti e di stile.
Seduti sullo stesso lettino, le unghie dei piedi giallo pastello affondate nella sabbia lei, in decennali ciabatte da orto numero quarantasei lui, cercano in rete una stanza per il sabato successivo quando Flavio tornerà a prendere sorella e nipotina. Marta attiva la chiamata, il fratello parla.
“Avete una stanza per il 25?” chiede.
“Si” risponde qualcuno.
“Col bagno?”
Dall’altra parte silenzio carico di imbarazzo.
“Tutte le nostre camere hanno il bagno” prosegue la voce.
“In Romagna solo le tende nei campeggi non ce l’hanno” sta per aggiungere Marta. Ma non dice nulla, ha il sospetto che il meglio debba ancora arrivare. Un’occhiata rapace al display del suo smarpthone, nessun messaggio. Nessuno di quelli che aspetta lei.
“Senta, già che sono in zona, verrei a vederla.”
” Ah…sì…certo…” fa la voce tesa camuffando un che di perplessità e dà l’indirizzo.
“Ma perché vuoi vederla?” domanda la sorella, sbuffando di lato per solleversi il ciuffo dalla fronte.
“Così se mi piace la confermo…”
Vorrebbe dirgli che non sta facendo una compravendita da 250.000 euro, teme però una frecciata di rimbalzo sul fatto che lei, alla sua età, non ha ancora la patente e molto altro. Non è proprio il momento dei loro interminabili ping pong. Ci sono trentasette gradi all’ombra ed è quasi ora di pranzo. Lui ha già cambiato capitolo e sta dando alla nipotina una manciata di monetine con un’abbondanza di pezzi da cinque centesimi perché vada a comprargli qualcosa da bere al bar.
“Chiederà del chinotto, solo perché sa che il tamarindo non lo vende più nessuno” pensa Marta.
“Prendimi un chinotto” dice lo zio alla piccola.
“Ma mi vergogno! Non lo beve nessuno il canotto!” strilla lei nel primo due pezzi dei suoi otto anni.
“E’ buonissimo, è fatto col tamarindo” replica Flavio.”E se non c’ è o una cedrata o una gazzosa.”
“E perche’ non un’acqua con l’idrolitina?” pensa Marta scorrendo le notifiche dei messaggi. “MAMMA…vai tu??” implora la piccola.
“Eddai”…continua zio Flavio ” che devo andare a vedere la camera…”
Mamma e figlia, unite nella sfida ai gusti vintage dello zio, vanno a prendere il chinotto occultando prima la ferraglia ramata nel borsellino di Marta e pagando poi con una moneta da due euro.Glielo portano, lui lo beve quasi in un’unica sorsata, si inforca i finti Ray-Ban con le lenti fumè comprati dai cinesi e, nel mezzogiorno di cicale e odore di crema solare, parte sciabattando in perlustrazione.
Torna un’ora dopo, sottobraccio una rivista con un numero speciale per orti da balcone e le parole crociate.
“C’era anche la piscina! Ho prenotato due giorni.”
“Zio, ma tu il bagno non lo fai mai!” esclama la bambina.
“E ho seri dubbi anche sulla doccia” pensa la sorella con la mano a morsa sul telefono.
“In due giorni magari il tempo lo trovo” replica lui lasciandosi cadere sul lettino mentre, nello stesso istante, la sorella si alza creando qualcosa di molto simile a un effetto catapulta.
Il vicino di ombrellone ride.
Quel tempo di una giornata al mare che si snoda in azioni e gesti matrioska: il bagno, la raccolta di conchiglie, la camminata sul bagnasciuga, i salti sul tappeto elastico e l’altalena, un cono gelato, la coda alla toilette. Poi il gran finale di biliardino, l’ultima piadina e un crescione da portar via.
“Ma il chiosco, ce l’avrà un bagno?” chiede Flavio mentre aspettano.
“Non è una camera d’albergo” risponde Marta.
“Sì, ma loro dove la fanno se gli scappa, eh?”
E con questa Grande Domanda si salutano. Marta spegne il telefono e con uno scatto nervoso lo butta in fondo alla borsa da spiaggia come se volesse scagliarlo alla fine del mondo. Flavio infila la sacca con asciugamano e costume nel bagagliaio della sua Panda blu, tra vasetti di piante vuoti e guanti da giardino bucati.
“Speriamo non piova domani” fa alzando la testa e annusando l’aria in modo canino. “Ho la raccolta dei pomodori.”
“Eh già!“ replica lei scontrandosi con una frase di Marukami emersa improvvisamente tra i flutti dei suoi pensieri: “Il dolore non si può evitare, ma la sofferenza è opzionale”. Pensa che non accenderà più il telefono per tutta la serata. Anzi, per tutta la vacanza.
“Passerai ancora tra i girasoli?” chiede la nipotina.
“Sì.”
“Ma la notte diventano dei giraluna?”
“Non fare arrabbiare la mamma” replica by passando una risposta che trova un po’ complicata e chinandosi a darle un bacio.
L’auto non si accende, due, tre tentativi, un dare di gas da Formula Uno, poi, via, una partenza in sgommata e zio lascia la pianura di ombrelloni e pedalò mentre mamma e figlia si avviano alla pensione Stella Marina.
“Mamma, guarda il sole!” esclama la bambina “E’ diventato un biscotto!”
Marta si ferma, sospira, lo osserva sul filo dell’orizzonte oltre le case dal tetto piatto.
Le sembra di sentirlo sfrigolare mentre, lentamente, scivola dietro i campi. Un leggero odore di bruciato riempie l’aria confondendo ogni tipo di inquietudine.
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