Racconto di Daniela Alampi
(Prima pubblicazione – 2 marzo 2021)
Martino lavorava da così tanto tempo in quel liceo da avere quasi dimenticato quando andare a scuola non gli piaceva. Niente ansia da interrogazione, niente stress da compiti. Niente più ragazze di cui attirare l’attenzione. Adesso si alzava presto per pulire e controllare il flusso degli studenti ad ogni campanella.
Aveva finito di sistemare la palestra, i ragazzi la lasciavano sempre in disordine. Ora poteva rilassarsi. Per passare il tempo stava guardando un film sul piccolo televisore nello stanzino che gli faceva da ufficio. Un horror movie che lo stava intrigando. “Questo film è agghiacciante, sembra di essere con la protagonista in quella casa”.
Sentiva persino il respiro pesante del suo inseguitore.
Ma l’omicida del film stava nascosto badando a non fare nessun rumore per non essere scoperto. Tratteneva persino il respiro!
Non capì nemmeno quello che stava succedendo. Mori di infarto quando sentì la stretta mortale che gli serrava il collo.
………………………
Gilda stava sistemando i bicchieri sulla rastrelliera. Fra un paio d’ore avrebbe finito il turno, lasciato il bar e dimenticato quella lunga giornata.
La porta a vetri si aprì lasciando passare due uomini.
Camminavano appaiati, impegnati in una conversazione che le sembrava interessante. Uno dei due, il meno attraente, si avvicinò al bancone. L’altro si guardava intorno.
⁃ Due caffè – La fissava porgendole una banconota da cinque euro – Lei lavora qui da molto?-
– Dalle sette di questa mattina – Sorrise. Un sorriso affascinante.
– Pesante – Sorrise anche lui – ma pensavo ad un intervallo più lungo…-
– Due anni, signore – Flirtava con lui – C’è un motivo particolare per il quale le interessa il mio lavoro? –
⁃ Sicuramente avrà sentito quello che è accaduto al custode.-
⁃ Martino? – Un’ espressione disgustata le alterò il viso.
– Già – Era più impacciato adesso – Io e il mio collega stiamo cercando di capire chi possa avere commesso un simile delitto. –
Gli diede il resto trattenendo le dita nel palmo di lui.
⁃ Pensa che siamo in pericolo? Che ci sia un pazzo che si aggira per la scuola? –
Il disgusto era diventato terrore.
– Spero proprio di no! In ogni caso non ne potrei parlare. – Le fece l’occhiolino – Non qui al bar, almeno – Si era appoggiato al banco, più sciolto – Usciamo insieme stasera?-
⁃Ma se non sa nemmeno come mi chiamo – Scherzò lei.
⁃Dimmelo e non resterò nell’ignoranza. Io sono Dino –
Tese la mano aperta.
⁃Gilda –
La stretta era decisa, piacevolmente calda.
⁃A che ora finisci?-
La ragazza controllò il grande orologio a muro.
-Fra due ore, più o meno –
⁃A stasera allora. –
Prese il resto e lo scontrino lasciandole la mano. Gilda lo seguì con lo sguardo anche dopo che fu fuori dal bar e si sentì impaziente. Avrebbe voluto che non fossero solo le cinque.
……………..
Era in anticipo, poteva lasciare la macchina senza fare troppi giri. Avrebbero fatto una passeggiata prima di cena. E magari avrebbero anche saltato la cena. Parcheggiò vicino alla scuola e imboccò la traversa che lo separava dal bar. Sperava che Gilda gli avrebbe mostrato un sentito gradimento per la sua presenza all’uscita.
Doveva aver calcolato male la distanza, camminava da un po’ e le luci della strada si erano diradate. Sentiva forte il rumore dei suoi passi… e sentiva anche qualcos’altro. Come se qualcuno lo seguisse.
“Meglio affrettarsi, se devo affrontare una lotta meglio farlo con un po’ più di luce.”
Senza accorgersene iniziò a correre. Aveva il fiato corto prima di arrivare all’angolo del palazzo. Scartò a destra e, troppo tardi, si accorse che la spiacevole sensazione non era frutto di una suggestione. Aveva commesso solo un errore. Non era stato seguito ma preceduto. Qualcosa uscì dall’ombra e gli si avventò addosso con una forza incredibile. Non ebbe neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo. Sentì il sangue scorrergli lungo il petto e quel sangue era il suo! Quando fu a terra, incapace di respirare per le ferite che gli segnavano il corpo, l’essere che lo aveva aggredito si alzò ansimante per essere nuovamente inghiottito dal buio.
…………
⁃Io e Dino avevamo un appuntamento. – Gilda rispondeva alle domande del poliziotto più attraente – Ma non si è presentato. Ho provato a chiamarlo e…- Si portò una mano alla bocca, impaurita. – Gli è successo qualcosa, vero? –
⁃Purtroppo è stato vittima di un agguato brutale. – Non provava nemmeno a trattenere la rabbia che sentiva – Nel vicolo dietro la scuola. –
Le parole, come il tono, lasciavano sottintendere che pensava allo stesso colpevole del delitto precedente.
⁃Stava venendo da me – Riflette’ – Avrei potuto aiutarlo. –
⁃Non credo, anzi, probabilmente è sfuggita ad un grosso pericolo. –
⁃Probabilmente ha ragione – Un’inopportuna espressione di sollievo le sollevò l’angolo delle labbra.
……………..
Le lezioni erano finite. La moltitudine dei ragazzi si riversava nei corridoi con indisciplinata confusione. Il professore di lettere voleva dedicarsi alla sua vera passione, la letteratura erotica. Così lontana dalla lagna che gli toccava insegnare per guadagnare lo stipendio. Si infilò controcorrente nella prima aula vuota. Era l’ora che preferiva. Sistemò i suoi appunti sulla cattedra e si tolse la giacca. Apparecchiò con tovaglioli, tramezzini e caffè. Un rapido spuntino e avrebbe potuto iniziare a lavorare seriamente.
Ma i suoi propositi di lavoro furono smontati da un improvviso blackout. Si trovò immerso nel buio. Cercò di alzarsi ma i pantaloni si erano impigliati da qualche parte. Si sentì gelare perché non c’era niente sotto la cattedra quando era entrato. Sentiva qualcuno che ansimava e trattenne il fiato sperando che fosse il suo respiro a fare quel rumore. Ma fu inutile, anzi, adesso lo sentiva più vicino. Era una sensazione sgradevole come quando era bambino e gli sembrava di vedere delle ombre scure e minacciose che lo terrorizzavano.
– No! –
L’urlo gli uscì strozzato. La sagoma si era materializzata nel buio e ripeteva gli incubi infantili. Si avvicinava e alternava il forte ansimare con dei ringhi sommessi. La vedeva delinearsi sempre meglio. Prima il corpo, poi la testa. Gli ricordava qualcuno che aveva visto quella mattina…eppure non riusciva a capire chi o cosa fosse. Però avrebbe dato qualunque cosa per non vedere quegli occhi fissi nei suoi e per non leggervi il messaggio di morte che portavano. Non vide niente altro perché l’ombra gli fu sopra e lo aggredì con una furia selvaggia. Si coprì istintivamente il viso e il colpo che gli aprì il ventre gli giunse inaspettato. Cercò di fermare il sangue mentre la cosa gli devastava il volto ormai scoperto. Nello stesso istante sentì che gli veniva strappata la carne del polpaccio rimasto incastrato sotto il tavolo. Era il risultato di tutti i suoi sforzi per liberarsi. Morì prima di assistere allo scempio del suo corpo.
Avevano fatto tardi per colpa del compito in classe. Consegnato all’ultimo minuto per sfruttare ogni possibilità di copiare. Non ci sarebbe più stato nessuno in giro, e nemmeno un panino rimasto al bar. Così, quando la vide, tirò di gomito al compagno vicino. Gli stava venendo incontro Gilda, la barista, fantasia che turbava i loro intervalli.
⁃Guardala! –
⁃Ma che…-
Alta, rossa e decisamente troppo grande per uscire da una classe del liceo. Bellissima. Stava sistemando la gonna con gesti lunghi.
Anche lei li aveva visti, impacciati e stupiti. Con certi uomini era fin troppo facile, pensò. Credono di condurre il gioco e si ritrovano a diventare loro stessi il gioco.
Ravviò i capelli, spostò una ciocca dietro l’orecchio e sorrise.
⁃Ciao ragazzi. –
⁃Ciao –
⁃Finite già le lezioni per oggi? –
⁃Beh, si. Ma se ci fosse un altro programma…- Ridacchiò.
⁃Magari dopo la maturità – Gli sfiorò una guancia con le unghie laccate, ammirando l’effetto cromatico su di lui. Erano lunghe, rosse, perfette. Rosse, come le sue labbra, pensò lui godendosi il tocco. Labbra perfette come…no, le labbra mostravano una sbavatura. Un piccolo sbaffo, rosso. Gilda seguì lo sguardo del ragazzo, da compiaciuto a perplesso.
⁃Hai una…- Le indicava, imbarazzato, le labbra con un dito.
Il sorriso di lei diventò ampio, pieno.
Passò la lingua sulle labbra, soddisfatta, incontrando con la punta la piccola goccia scarlatta. Ad una donna non sarebbe sfuggita la punta di differenza di colore.
Una goccia dolce e vischiosa. Un movimento rapido e sparì in bocca, messaggera di un delizioso momento appena passato. Poi schioccò le labbra.
Non aveva mai sbavato il rossetto.
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