Racconto di Salvatore Porzio

(Prima pubblicazione)

 

– Tania -.

Il tono fu di un suono flebile, poetico. Il corpo vibrò di piacere e un getto di calore gli pervase il basso intestino.

Tania Schneider. Nel profondo abisso può la morte averti amato quanto me?

Il registratore da cui dipartivano una serie di cavi disordinati emetteva una spia rossa a intermittenza.

L’ultima registrazione era datata il 12 Aprile.

“Il considerevole aumento delle cellule ad opera della perdita di integrità della membrana plasmatica sembra rigenerarsi. Qui il Dtt. Lazar Vein, in preparazione del progettoglobiform.”

– Tania. Mi sei mancata.

Il lasso di tempo trascorso tra la morte e la vita fu illogicamente breve e penetrante. Procace. Freddo, con gli occhi imperturbabili, colmi d’infinito. La voce fu talmente armonica e sottile che parve agganciarsi alle corde vocali dopo un viaggio trascorso tra le anse di un mondo lontano.

– Lazar!

Quando si toccarono la percezione corporea fu simile all’incontro improvviso di una corrente tropicale con una polare. La guardava, concupiscente. Le mani le sfiorarono i fianchi e le curve delicate oltre il ventre danzante, per poi soffermarsi sui seni in una stretta implacabile. Il bacino adesso oscillava, lentamente, in un sali e scendi a ritmi alternati e piacevoli. Le bocche asciutte e spalancate presero ad ansimare e i corpi sudarono, fondendosi in orgasmi composti e sussulti tremanti.

Quando lo afferrò alla gola, prese ad ondeggiare più forte. Gemendo, poi ringhiando e stringendo, con le grinfie incalzate.

– Lazar. –

Mugolò una sola sillaba.

– Sono tornata per te. Per quello che hai fatto.

Affondò poi le unghie nel collo, e un fiotto di sangue schizzò all’improvviso. Vein si dimenò, con gli occhi rigonfi, sanguinanti e un’erezione cessata. Il bacio successivo fu lubrico, poi i denti, la stretta tra le labbra carnose e lo sciagguattio di lacerazione.

Le grida.