Racconto di Manuela Fucci

(Seconda pubblicazione)

 

 

«Ma chi è?»

«Sono Vale, nonna.»

La vecchina libera la porta dalle mandate. Sua nipote è davanti a lei, ritta, sullo zerbino, con la tuta di pile blu e le pantofole.

«Non lo sopporto più.»

La nonna guarda gli occhi arrossati della nipote mentre le fa spazio per farla accomodare.

«Chi?»

«Francesco. È tutto inutile, siamo troppo diversi.» Valentina si lascia scappare un singhiozzo. «Posso rimanere, solo per questa sera?»

«Puoi stare quanto vuoi. Adesso entra, vedrai che risolviamo tutto.»

Valentina fa no con la testa, la nonna, invece, annuisce.

«Mo’ ti faccio il caffè, e poi ci pensiamo.» Chiude la porta e s’incammina verso la cucina. Le pantofole spazzolano il pavimento. Valentina, dietro di lei, tira su col naso.

«Scusa se sono salita senza avvisarti.»

«Non dirlo, piccola mia. Sono così fortunata ad averti nel palazzo. Le mie amiche di burraco vedono i nipoti solo nelle feste comandate.»

La nonna apre il pensile sopra al lavello e prende la moka da due tazze. «Dove ho messo i fiammiferi? Ah, già!» Poi apre un cassetto in basso e lo richiude con la pancia.

«Abbiamo iniziato a litigare mentre montavamo un mobile di IKEA, e abbiamo continuato a cena. Così gli ho detto che me ne venivo da te.»

«Mi racconterai tutto dopo il caffè.»

La vecchina accende il fuoco con il fiammifero e appoggia la macchina del caffè sul fornello.

«Nonna, hai dimenticato di riempirla.»

«Cosa?»

«La caffettiera: non l’hai riempita con l’acqua e il caffè»

La nonna solleva le spalle; le si vedono le ossa appuntite sotto la lana del maglione.

«Ultimamente la tengo sempre pronta, non si sa mai.»

Appena il gorgoglio riempie la cucina, la vecchina prende un pentolino di metallo e ci versa il caffè, tre cucchiai di zucchero, e inizia a girare. Si forma una cremina.

«Il tuo caffè schiumato è il migliore del mondo.»

«Non dirlo a mamma, sennò si ingelosisce.»

«Neanche tu, di stasera, per favore.»

«Certo, tesoro, non è il caso di allarmarla. Ora bevi, sennò si raffredda. Versa il caffè in una delle due tazze che lascia sempre sul tavolo.

Valentina dà un sorso, a occhi chiusi, centellina il caffè, abbraccia la tazzina con le dita.

«Il tuo caffè fa miracoli».

«Tuo nonno lo chiamava: il caffè di San Gennaro.»

Valentina accarezza la mano piccola e fredda della nonna, sulla tovaglia plastificata a fiori.

«Ti manca tanto, vero?»

«A volte capita che gli parli e che scema che sono! mi sembra pure di sentire le sue risposte.»

Valentina si appoggia allo schienale della sedia.

«Eravate fatti l’uno per l’altra.»

«Avevo un caratterino! Però sapeva trattarmi.»

«Come vi siete conosciuti? Non lo avete mai raccontato.»

La nonna sposta lo sguardo sui vetri ingialliti della veranda.

«Tuo nonno era di riposo dal militare quel giorno; era andato in spiaggia. Caso ha voluto che anche io fossi lì, proprio in quel lido, coi miei genitori. Ero seduta sulla riva insieme a zia Mimma quando lo vidi passare, magro, con una capigliatura fitta. Non avevo mai osato fissare un ragazzo prima di allora. Anche lui mi aveva notata. Non per vantarmi ma, all’epoca, ne facevo girare di teste. Comunque, mi sono voltata verso Mimma e le ho detto: “Io me lo sposo!”»

«Mi sono venuti i brividi.»

«Non ci siamo più lasciati.»

«Quanto vorrei far funzionare le cose con Francesco ma litighiamo così spesso ultimamente.»

«La vuoi una fetta di torta alla nutella?»

«La prendo io, aspetta.»

«Stai seduta», e mentre glielo dice, le sfiora la guancia con il palmo liscio. Infila due guanti rossi e prende la teglia circolare dal forno.

«L’ho fatta stamattina.»

Mentre la nonna taglia e serve una fetta su un piattino da frutta, Valentina si alza e prende un mucchio di tovaglioli dalla credenza. Poi si siede.

«Tu non mangi?»

«Meglio di no, sennò stanotte non dormo. Ma se ci fosse stato tuo nonno, se la sarebbe finita di notte.»

Guarda sua nipote che divora il triangolo di torta; intanto, le parla dell’umido, della pioggia che non vuole arrivare, della cervicale che le fa girare la stanza davanti agli occhi.

Finita la fetta di torta, lei e Valentina si spostano nel salotto, dove c’è la TV a tubo catodico, addossata alla parete, vicino alla grande madia.

«Nonna, se vuoi andare a letto, non ti preoccupare per me.» Valentina l’aiuta a sedersi.

«Se non ti dispiace, finisco di vedere il divvudì

«Ti faccio compagnia. Cosa stavi guardando?»

«Natale in casa Cupiello.»

«Ne ho sentito parlare, ma non l’ho mai vista.»

La nonna prende il telecomando. Lo infila sempre nell’incavo del divano, tra due cuscini.

Appare l’interno di un teatro, buio, un palcoscenico, una stanza, una donna con uno scialle sulle spalle, un uomo magro nel letto al centro dell’inquadratura, e un presepe sulla sinistra dello schermo. I due si chiamano spesso per nome: Luca e Concetta.

Sotto la luce della piantana, a destra, la pelle sottile della nonna è solcata da rughe, come segni nella sabbia, che si infittiscono quando sorride alle battute di Concetta.

«Come la capisco.»

«Concetta è uno spasso.»

«Vedi: lui le dice che non sa fare neppure il caffè.”

La nonna mette la pausa.

«Sai perché rido quando parla Concetta? Perché mi ricorda me. Tuo nonno mi diceva che non sapevo cucinare. E io mi arrabbiavo.»

«Ecco, è proprio questo il problema: Francesco non mi fa mai i complimenti.»

«Mangia quello che gli prepari?»

«Sì, nonna.»

La nonna fa ripartire e il DVD.

«Le dice pure che il caffè è una ciofeca

La nonna continua a guardare le immagini.

«Piccola mia, ma tu lo sai cosa significa il caffè per noi napoletani?»

Valentina sembra non capire.

«Il caffè è uno dei momenti più belli della giornata. Quando decidi di prepararlo, ecco, in quel momento ti stai prendendo cura di te stessa, è come dire: Mi voglio bene. Quando un’amica viene a casa, la prima cosa che le chiedi è: Ti faccio il caffè? Giusto? Ebbene, col tuo caffè le stai dicendo che desideri passare del tempo con lei.»

Intanto il palcoscenico si riempie di altri attori.

«Per Luca il caffè è importante, perché in quella tazzina lui si aspetta di vedere tutto l’amore della moglie. E se è una ciofeca di caffè, beh, vuol dire che in quel momento Concetta è arrabbiata con lui.»

«A Francesco faccio sempre il caffè, ma lui non mi dice niente, mi guarda come nu’ scemo.»

Quando il sipario della rappresentazione teatrale si chiude, la nonna spegne la TV e guarda Valentina: «Andiamocene a letto, abbiamo bisogno di riposare, tu soprattutto.»

Valentina aiuta la nonna ad alzarsi. Qualcuno suona al campanello.

«E mo’, se è lui?»

«E se è lui lo facciamo entrare.»

«Ma io non lo voglio vedere.»

«Aspettami di là.»

La nonna si avvia lungo il corridoio. Di nuovo, le pantofole sembrano spazzare il pavimento dalle briciole. Si ferma davanti alla porta, poi apre.

Francesco ha il viso lucido e i capelli scarmigliati. «Buonasera, signora Carsina. Mi scusi se la disturbo.»

«Nessun disturbo, entra pure.» Gli risponde anche con un sorriso e gli fa l’occhiolino, egli sussurra: «Sta di là.»

Entrano in cucina.

«Che sei salito a fare?»

Prima che Francesco apra bocca la nonna ha la risposta pronta: «Sei salito per il caffè, giusto?»

«Veramente, volevo.»

«Il caffè!»

La nonna gli fa un altro occhiolino.

«Sì, per il caffè.»

«Sei anche fortunato, perché la nonna ha fatto una torta. Una torta buona

Francesco e Valentina sono in piedi.

«Fate le guardie della Regina?» La nonna indica loro le due sedie. “Vuoi un’altra fetta, nennè

«No, nonna, grazie. Mi sento piena come se avessi mangiato un bue.»

Valentina continua a guardare il marito.

«Voglio proprio vedere se dici qualcosa.»

La nonna è di spalle, armeggia con i piatti nel lavello. Si ricorda di aver dimenticato di offrire il caffè al genero.

Si asciuga le mani.

«Bevi, bevi, ne hai bisogno.»

Francesco posa forchetta e torta e beve; il caffè è ancora bollente, si asciuga la fronte con il dorso della mano. «Fa caldo qui, eh!»

Valentina lo guarda.

«Ma che c’è, Valentì?»

«Niente.»

«Quando dici niente vuol dire: un sacco di problemi. E, infatti, sei uscita come un fulmine mentre eravamo a tavola.» Francesco prova a prenderle la mano ma lei gliela sfila dalle dita.

«Ti ricordi che stavamo facendo?»

Francesco aggrotta la fronte.

«Stavo mangiando il polpettone.»

«Te lo ricordi cosa mi hai detto?»

«Non me lo ricordo…» Ammette Francesco e spalanca le braccia in segno di resa.

Valentina si schiarisce la gola: «Se il polpettone ti fosse piaciuto, avresti fatto un sacco di complimenti; invece non hai detto nulla.»

«Tu cucini benissimo! L’altro giorno hai fatto pure la minestra, c’erano quaranta gradi; me la sono finita tutta.»

«Ma non hai detto nulla.»

«Grondavo di sudore!»

«Per non parlare della storia del mobiletto di IKEA.»

«Maledetto Vasagle

«Ah, guardate, quello se lo ricorda.»

«Tutte le coppie, almeno una volta, hanno litigato davanti a un libretto di istruzioni IKEA. La prossima volta, non mi faccio fregare: si va in un mobilificio.»

Francesco allunga le braccia verso Valentina, ma lei fa due passi indietro. «Se non mi capisci allora è inutile che stiamo insieme, Francè!»

«Tesoro, ma che ti piglia

«Su, su, non è successo niente di grave.»

Carsina si asciuga le mani.

Francesco allarga le braccia e solleva le spalle.

La nonna si avvicina alla nipote, le accarezza i capelli e glieli sistema dietro alle orecchie.

Valentina dice che si sente soffocare, esce dalla cucina. Pochi secondi e si sentono colpi di tosse dal bagno. La nonna e Francesco la raggiungono.

Lui si ferma sotto lo stipite mentre la nonna si avvicina alla nipote che se ne sta piegata sul lavandino; il profilo coperto dai capelli.

«Mi è venuto da vomitare.» Valentina si solleva, sposta i capelli e si asciuga le guance con un asciugamano pulito.

«Nennè, tutto bene adesso?»

«Dev’essere stato il caffè.»

«Non credo proprio, piccola mia.»

Carsina sorride mentre le pettina i capelli con le mani. «I primi mesi ti sentirai piena, avrai sbalzi di umore continui: per quelli devi avere tanta pazienza, tu, Francesco. Ma poi tutto si assesta, e non te ne accorgerai più.»

Il viso di Valentina si illumina. Le scende una lacrima, prende le mani della nonna e appoggia i palmi sulle proprie guance. Francesco guarda lei e poi Carsina, e fa questo per qualche secondo, trema, ma dà un bacio in fronte a Carsina e abbraccia sua moglie; la riempie di baci. «Ma davvero saremo genitori?»

Escono dal bagno e si avviano come due vecchietti verso la porta d’ingresso, seguiti a distanza da Carsina.

Valentina ha la testa appoggiata sopra la spalla di Francesco, che, da quando ha saputo, parla come una radiolina. Valentina gli dice che il caffè vuole prepararglielo lei, tutte le mattine; il migliore caffè di Napoli.

Prima di uscire, la coppia si gira un’ultima volta a guardare la nonnina. Valentina le dice “grazie” con il labiale e le manda un bacio.

 

In casa c’è un improvviso silenzio. Carsina spegne l’interruttore nel corridoio, poi in bagno e, infine, in cucina. Le tazzine di caffè sono ancora sul tavolo. Sorride e guarda in alto.

«Avevi ragione, Rodolfo: il mio caffè è miracoloso.»