Racconto di Adriana Mascia e Daniela De Pasquale
(Prima pubblicazione)
Davide era un ragazzino simpatico, socievole e molto famoso tra i compagni di scuola, specialmente tra le ragazzine. Era gentile e sapeva usare sempre bei gesti e belle parole. Un brutto giorno però la mamma di Davide morì e lui, per il gran dispiacere, iniziò a balbettare ed a chiudersi in se stesso; ben presto divenne quasi una moda prendersi gioco di lui, nonostante che Camilla, l’unica amica sincera, lo difendesse come meglio poteva da tutto e tutti.” Non giudicate mai una persona per quello che appare fuori perché dentro ha un mondo da scoprire, non abbiate pregiudizi se non conoscete il motivo di certi atteggiamenti” diceva la dolce Camilla, quando rossa in viso per la rabbia, difendeva a spada tratta il suo giovane amico, ma i bulli si divertivano troppo per smetterla e perdere il loro gioco preferito. Davide stava sempre peggio ed allora Camilla prese il coraggio a due mani e decise di parlare con un’insegnante per farsi aiutare e così il giorno dopo, quando si ritrovarono tutti in classe, l’insegnante sedette alla cattedra ed esordì: “Anche se non lo sapevate, oggi ho deciso che farete compito in classe. Non sarà però uno di quei compiti che siete abituati ad eseguire, bensì qualcosa di molto particolare”. Tutti restarono a bocca aperta, attoniti ed incerti, perché non avevano ben capito a cosa alludesse l’insegnante e guardandosi gli uni con gli altri, furono costretti ad annuire.
L’insegnante scese dalla cattedra, cominciò a passeggiare tra i ragazzini e poi, con voce pacifica, cominciò a spiegare: “Dunque, ora vi metterete in fila, uno dietro all’altro ed ognuno di voi, una volta raggiunto Davide, lì davanti la lavagna, avrà una frase da pronunciare”. Gli alunni erano sempre più perplessi, ma si misero ordinatamente in fila, mentre Davide raggiunse la lavagna. “Bene” – disse l’insegnante – “la prima frase da leggere è: se la torre di Pisa venisse giù io me ne meraviglierei…però, dovrete dirla balbettando e, ogni volta che balbetterete, farete un passo indietro, mentre quando parlerete bene, farete un passo avanti”. Iniziò Francesco, ma tra parlare bene e balbettare andò in una tale confusione che praticamente restò sempre allo stesso posto, poi fu il turno di Luca che quando provò a dire tre tozzi di pan secco in tre strette tasche stanno, nemmeno più ricordava cosa dovesse dire e rimase allo stesso posto. Toccò a Mario che con aria di superiorità si accinse a dire la sua frase che recitava Pippo pesa e pesta il pepe a Peppe, Peppe pesta e pesa il pepe a Pippo… tra le risate di tutta la classe, venne talmente travolto dalle sue stesse parole che addirittura si ritrovò più indietro di tutti i suoi compagni! A quel punto l’insegnante decise di farli tornare ai banchi, lei sedette in cattedra e chiese che cosa avesse mai voluto insegnare con quel compito strano. Nessuno fu in grado di spiegare, ma Davide si alzò e chiese la parola. L’insegnante acconsentì perché, ovviamente, erano d’accordo! Davide cominciò a spiegare che non tutti sono uguali: alcuni ragazzi, con meno problemi interiori, gestiscono meglio la paura e riescono quantomeno a restare allo stesso livello, qualcuno più bravo, forse aiutato a crescere mentalmente, si concentra così tanto che riesce a fare qualche passo avanti e poi ci sono quelli terribilmente paurosi ed ansiosi, forse perché hanno vissuto qualche brutta avventura, che si sentono soli ed abbandonati e che purtroppo regrediscono… e balbettare è uno di quei sintomi che senza forza interiore e senza aiuto da parte di chi ti circonda non ti fa superare la paura e ti fa restare indietro. Tra lo stupore di tutti, Davide riuscì a parlare, tutto d’un fiato e senza quasi più balbettare, perché ora sentiva che anche gli altri potevano avere il suo stesso difetto: a Camilla uscì una lacrimuccia, si alzò, si avvicinò a Davide, lo baciò sulla guancia e si rivolse all’insegnante ringraziandola mille e mille volte per l’aiuto. L’ insegnante si alzò nuovamente e si avvicinò ai ragazzini: “Ehi ragazzi, mica è finita qui! Adesso tutti in cerchio e ripetete le frasi di prima una parola per ciascuno, chi sbaglia muore e deve stendersi a terra! Avanti!”. Un’importante lezione di vita si trasformò in una gran confusione, dove i ragazzi gridavano, ridevano, si stendevano a terra e si davano grandi pacche sulle spalle e finalmente tutti avevano capito che per stare bene bisogna darsi sempre una mano.
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