Racconto di Gabriella Chiulli
(Seconda pubblicazione)
9 Marzo 2020.
Giampiero era in cucina nell’intento di consumare il suo pasto serale, era la prima sera che rimaneva a casa per cenare; di rado era a casa, di solito vi tornava solo per dormire dopo aver lavorato e passata l’intera giornata con gli amici.
Davanti a lui il televisore acceso trasmetteva il solito tg, le notizie trasmesse passavano, quasi, con indifferenza dinanzi ai suoi occhi. Ad un certo punto un annuncio proclamato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte gli catturò l’attenzione: “Dalla data di oggi 9 marzo scatta il lockdown per tutto il territorio nazionale a causa della pandemia da Covid 19, saranno aperti solo gli uffici pubblici e le attività ed industrie che forniscono beni di prima necessità, per recarsi al lavoro o in qualsiasi altro posto bisogna compilare e portare con sè un autocertificazione che attesti il luogo di residenza ed il punto di arrivo, ed ovviamente, la motivazione dello spostamento”.
Giampiero non poté credere a quelle parole appena pronunciate dal Presidente del Consiglio, di colpo si alzò dal tavolo, corse in bagno e si sciacquò la faccia per esser sicuro che non stava sognando, ma la realtà era proprio lì davanti ai suoi occhi, una realtà fantascientifica, simile ai tanti films surreali che aveva visto durante la sua vita. Per un attimo le gambe gli cedettero, un malessere generale lo colpì d’improvviso, a stento si risedette in cucina, con la mano tremolante prese il bicchiere e si versò del vino per riprendersi, per tutto il resto della cena rimase con gli occhi sbarrati e con lo sguardo perso davanti a sé poi decise di andare di corsa a letto.
Il mattino seguente Giampiero si svegliò da un sonno quasi catatonico, la luce del sole filtrava dalle tende della sua camera da letto, tutto sembrava così bello e rasserenante, ricordava ancora la serata appena trascorsa, ma si convinse che fosse stato tutto un terribile sogno finché non lo chiamò il direttore della sua azienda che gli illustrò come sarebbe cambiato il suo lavoro a seguito del lockdown. D’ora in poi il suo compito doveva svolgersi esclusivamente a casa davanti ad un pc. Giampiero ripiombò di nuovo nel malessere, di nuovo sentì cedergli la terra sotto i piedi, per un attimo anche la vista capitolò, iniziò a vedere tutto nero, con il telefono ancora all’orecchio si recò di corsa in bagno, si guardò allo specchio e si sciacquò la faccia, tutto questo mentre il capo gli elencava le numerose novità riguardo l’evolversi del suo lavoro. Giampiero aveva difficoltà a seguirlo, ma se voleva mantenere il suo impiego doveva comunque seguire le direttive. A tentoni si recò davanti al pc, lo accese, scaricò il programma appropriato e con la supervisione del responsabile, iniziò il suo lavoro.
Passate circa due ore davanti al dispositivo come un automa, egli ancora incredulo riguardo a tutta quella bizzarra situazione, si alzò dalla scrivania con gli occhi in fiamme, decise di dirigersi in cucina per farsi un bel caffè forte ed energizzante. Mentre era intento a consumare il suo caffè, un pensiero diverso da tutti gli altri avuti fino a quel momento gli balzò in testa: “Questa quarantena forzata in fin dei conti non è così male, in ufficio non avrei mai potuto alzarmi e prendere un buon caffè in orario di lavoro!”. Dopo aver consumato ed essersi goduto il suo espresso come se fosse l’unica isola felice di tutto quel caos, Giampiero tornò alla sua postazione di lavoro.
Con l’arrivo della sera egli si trovò di nuovo in confusione riguardo alla sua seconda cena solo come un cane ed a casa, la depressione fece capolino di nuovo in quanto si sentiva quasi un emarginato dalla società. Non amava affatto stare solo, lui era la classica persona che ha bisogno di più gente possibile attorno, stare soli, secondo la sua concezione di vita voleva dire essere “sfigati”, era un’idea che gli aveva trasmesso sua madre, ed egli se ne convinse per tutto il resto della vita.
Le settimane passarono lentamente e tristemente per Giampiero, le sue giornate erano tutte angosciosamente immutabili: la mattina era dedicata al lavoro tramite smart working, così veniva chiamato il lavoro durante quel periodo di quarantena forzata, ma egli costantemente non si precludeva il caffè quotidiano tra una pausa di lavoro ed un’altra, quel rituale era l’unico momento felice di quell’isolamento obbligato. Il pomeriggio lo passava gironzolando per tutto il perimetro del suo appartamento, si trascinava da una stanza all’altra cercando qualcosa con cui ammazzare la noia con gli occhi tristi e sconsolati, delle volte cercava di dilettarsi nel pulire casa, alcune volte provò a leggere qualche libro dimenticato nella sua piccola libreria, libri che da molti, molti anni non venivano mai aperti, alcuni avevano anche un sottile strato di polvere sopra, altre volte guardava la tv sempre con lo stesso sguardo perso nel vuoto. La sera, il momento più triste della giornata, delle volte la passava guardando un ridicolo film in tv oppure altre volte organizzava degli aperitivi on line con gli amici. Quelle pochissime volte che doveva uscire per fare la spesa per Giampiero significava evadere da una, seppur comoda, prigione, l’aria fresca, senza i tubi di scappamento delle macchine che inquinavano, gli uccellini che cantavano con l’arrivo imminente della primavera, pochi rumori umani, e questo sorprendentemente gli piaceva, iniziava ad amare il silenzio, la natura, quel mondo che per poco tempo fu incontaminato dalla presenza dell’essere umano.
15 Giugno 2020
Dopo circa tre mesi di isolamento forzato e vari annunci a reti unificate del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e dopo aver passato anche la Pasqua e la Pasquetta da solo nella più totale depressione, la quarantena finì. Finalmente riaprirono tutti i locali, le aziende, centri commerciali e negozi.
Giampiero come tutti gli italiani o quasi non poté credere che quella tortura finì.
Una sera egli ricevette una chiamata dei suoi amici che lo invitavano a mangiare finalmente una pizza insieme, un evento abbastanza normale in altri tempi, ma né Giampiero né gli amici riuscivano a credere che, ora, erano autorizzati a potersi muovere senza autocertificazione e senza eventuale multa. Dopo aver chiuso la chiamata, ed aver accettato l’invito, egli rimase quasi incredulo per ciò che era appena successo. Era molto sorpreso e felice, rimase fermo con il telefono in mano realizzando il tutto, la voglia di tornare alla realtà era molta, ma c’era un pensiero che fece capolino nella sua testa: si era incredibilmente abituato a stare in casa, alla solitudine, quella solitudine che per tutta la vita aveva allontanato e disgustato, quella quarantena gli aveva fatto scoprire i benefici e la bellezza dello stare solo con sé stesso, solo con i suoi pensieri, con l’unica persona più importante nella sua vita, ovvero sé stesso; l’unica persona che doveva ascoltare, sentire ed amare.
Aveva riscoperto la bellezza del silenzio, quel silenzio che lo impauriva, da cui cercava di fuggire sempre; quel silenzio che per quei mesi lo aveva accompagnato che, ascoltandolo, lo aveva aiutato nel capire molte cose e comportarsi di conseguenza.
In quei mesi duri Giampiero imparò a fare ordine nella sua testa, scoprire le cose davvero importanti nella vita come il suo futuro, ciò che voleva dalla vita stessa; infatti, non era fondamentale uscire tutte le sere, stare con gente improbabile e sembrare felice. Aveva scoperto un altro tipo di felicità, più semplice e più sottile.
Dopo essersi ripreso da quei pensieri, compose il numero di telefono del suo amico e gli disse che aveva deciso di rimanere a casa.
Finì di consumare la sua cena, si sedette sul divano ed aprì un bel libro.
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