Racconto di Giorgio Corona
(prima pubblicazione – 22 ottobre 2020)
Era partito con l’Eurostar delle 7.30 dalla stazione di Voghera in un fresco mattino di fine luglio, diretto a Cattolica. Scese dal treno alla stazione di Rimini alle 15.30, come da programma di viaggio. Portava con sè un borsone da viaggio di tela blu e uno zainetto nero sulle spalle. Aveva atteso quel momento tutto l’anno e ora poteva godersi le meritate vacanze sulla spiaggia della riviera romagnola. Ventisette anni, fisico atletico di chi pratica nuoto da diversi anni a livello agonistico. I capelli biondi e gli occhi azzurro cielo facevano da cornice ad un viso abbronzato, regolare, rasato con cura. Le ragazze di Voghera gli ronzavano attorno come le zanzare nelle notti d’estate. Nessun legame fisso. “Non voglio la palla al piede” era il suo modus vivendi. La maglietta bianca lasciava indovinare un petto ben modellato, completo delle cosidette “tartarughe”. I jeans grigio ferro aderivano alle lunghe e muscolose gambe e si adagiavano sui mocassini marrone chiaro. Aveva messo da parte i soldi per le vacanze lavorando oltre il normale orario di lavoro come magazziniere, assunto con contratto trimestrale, che sarebbe scaduto a fine settembre in un grande supermercato della piccola cittadina dell’oltrepo pavese. Gianni uscì dalla stazione. Una fila ordinata di persone stavano aspettando il loro turno per salire sui bianchi taxi che li avrebbero portati nei luoghi destinati. Arrivato il suo turno, il taxista mise il borsone nel bagagliaio e mise in moto la vettura. “Cattolica, Hotel Miramare 21″, disse all’autista. Mezz’ora dopo era davanti all’albergo. Pagò la corsa, ritirò il borsone e si diresse verso l’entrata dell’albergo. Era esattamente come l’aveva visto nel depliant, quattro stelle, vista mare Alla reception consegnò i suoi documenti per la registrazione.”Ecco le chiavi”, disse l’addetto, “Stanza 15, colazione dalle 8.30 alle 9.30, pranzo alle 13 e cena alle 20, le auguro un buon soggiorno signore”. Come da manuale, “Che fortuna” si senti dire da una voce femminile dietro le sue spalle, “La camera proprio accanto alla mia”. La voce era uscita dalla bocca di una signora di mezza età, letteralmente sprofondata su una poltrona in pelle della Hall che con grande sofferenza riusciva a reggere i suoi cento chili. Un viso tondo come la luna piena, nascosto per metà da un paio di occhiali dalle spesse lenti poggiati sopra ad un naso a patata dalle larghe narici. Vestiva un prendisole a fiori che metteva in evidenza gran parte del suo corpo flaccido. La signora leggendo lo stupore sul viso del giovane disse, indicando con un gesto i suoi capelli: “E’ un colore di moda”. Il giovane si sorprese per quella giustificazione non chiesta. “Sarà, ma lo trovo orrendo” rispose Gianni. La donna sorrise debolmente. Gli si avvicinò e porgendogli la mano disse : “Mi chiamo Piera, felice di conoscerla”. Gianni evitò di stringerle la mano e dire il suo nome. “Ma chi me l’ha mandata questa”, pensò fra sè. Presero l’ascensore che si fermò al terzo piano. Giunti davanti alle rispettive camere, la donna disse ” Ci vediamo più tardi per la cena”. Gianni non rispose. Entrò nella spaziosa camera. Aprì la porta che dava sul balcone e vide davanti agli occhi lo spettacolo del mare al tramontare del sole. Quella vista lo ripagava in parte della delusione dell’incontro di poco prima. Si spogliò, fece una rapida doccia. Svuotò il borsone e ripose i vestiti dentro l’armadio assieme allo zainetto. Si sdraiò sul letto intatto e attese l’ora della cena. Poco prima dell’ora di pranzo si alzò si vestì con un camicia e pantaloni di lino. Scese nella sala e ebbe la sgradita sorpresa di vedere la donna dai capelli azzurri seduta al suo stesso tavolo elegantemente vestita . “Abbiamo entrambi lo stesso tavolo, non è meraviglioso?” disse la donna. “Sai che meraviglia!”, rispose Gianni, “Avrei preferito mangiare da solo”. “Su , non faccia così, sono una signora di buona compagnia” rispose la donna per nulla offesa, “Vedrà che non si pentirà”. Mentre aspettava di essere servito si guardò attorno e vide che i loro occhi erano puntati su quella strana coppia e i commenti ironici e appena accennati non si sprecavano e giunsero chiaramente alle orecchie del giovane. Cenarono in silenzio. Alla fine la donna disse: “Lo gradisce un caffè?” “No, la ringrazio ma sono stanco per il viaggio”, rispose Gianni “Preferirei ritirarmi in camera mia se non le dispiace”. “Capisco”, disse la donna , “Le auguro un buon riposo, a domani”. Gianni si alzò dal tavolo e senza ricambiare il saluto si diresse verso l’ascensore. Fece un sonno ristoratore. Fu svegliato alle prime luci dell’alba dal sole che filtrava attraverso le tapparelle abbassate. Guardò l’orologio. Erano le 8. Si alzò. Mise nello zainetto il necessario che doveva servire in spiaggia per evitare di salire dopo la colazione. Indossò un paio di pantaloncini corti, una maglietta azzurra e un paio di sandali da spiaggia. Quando raggiunse la sala da pranzo fu felice di non vedere la donna che lo attendeva al loro tavolo. Fece una abbondante colazione e si diresse verso la vicina spiaggia. Gli fu assegnato dal bagnino un ombrellone e una sdraio a poche decine di metri dal mare. Fu sorpreso di vedere sdraiata sul lettino accanto al suo ombrellone la donna dai capelli azzurri che indossava un costume intero verde pisello che a malapena riusciva a contenere quel corpo traboccante di cuscinetti di grasso ben allineati e due seni che chiedevano di essere liberati da quella morsa infernale. “Salve” disse la donna appena lo vide sedersi sulla sdraio. “Riposato bene?”, per tutta risposta Gianni le girò le spalle. Le ragazze che gli passavano davanti si soffermavo ad ammirare quella statua greca e la donna che sembrava uscita da un quadro di Fernando Botero. “Mi farebbe la cortesia di spalmarmi un po’ di crema abbronzante?” gli chiese la donna. “Sta forse scherzando?” rispose il giovane girandosi di scatto verso la vicina, “Io dovrei mettere le mie mani su quell’ammasso di lardo?” “Ciò che gli altri pensano di noi si attacca come una seconda pelle” rispose la donna. “Mi sa proprio che il sole le ha dato alla testa”, continuò, “lo chieda a qualcun’altro”. La donna non parve anche in questa occasione essere offesa da quelle parole.”Che ne direbbe se dopocena andassimo a vedere “Le fontane danzanti?” disse la donna con la naturalezza che le apparteneva. Gianni aveva sentito spesso parlare dai suoi amici di queste famose fontane danzanti e ne fu incuriosito. Non ebbe il coraggio e la voglia di negarsi. “Va bene” rispose, ” se le fa piacere l’accompagno volentieri. Dopocena, uscendo dall’albergo con la donna dai capelli azzurri, notò con meraviglia che gli ospiti dell’albergo la salutavano familiarmente, segno che doveva essere molto conosciuta in quel posto. Imboccarono Viale Bovio, la via principale della cittadina romagnola già affollato nei due sensi di marcia. Gianni si manteneva a debita distanza dalla donna per non dare l’impressione ai passanti che fosse in sua compagnia. Percorsero alcune centinaia di metri e si trovarono nella Piazza 1° Maggio. Una piazza rettangolare dove ai lati erano sistemate le panchine e al centro della piazza faceva bella mostra una grande fontana a forma circolare, tre sirenette reggevano una lastra a forma circolare dalla quale uscivano gli zampilli che si riversavano vasca d’acqua a ritmo regolare. La piazza era illuminata dai lampioni e dalla luna che aveva preso il posto del sole che aveva riscaldato i bagnanti durante la giornata. Trovarono posto su una panchina a pochi passi dalla protagonista dello spettacolo serale. Improvvisamente alle 21.45 le luci dei lampioni si spensero . Fasci di luce multicolore illuminavano ora la fontana. Il suono di una musica danzante usciva dagli altoparlanti e gli zampilli si alzavano e si abbassavano al ritmo della musica come provetti ballerini. Tutti gli occhi dei presenti erano puntati su quello originale spettacolo di luci e movimenti sincronizzati che si ripeteva puntualmente ogni sera alla stessa ora per circa venti minuti. Al termine dello spettacolo la donna disse rivolgendosi al suo accompagnatore : ” Le è piaciuto lo spettacolo?” “Devo ammettere che sono stato veramente affascinato” rispose Gianni. “Devo inoltre chiederle scusa per essermi comportato in modo scortese verso di lei durante questi giorni. Solitamente non uso comportarmi in questo modo con le persone”.”Non deve scusarsi “, rispose la donna ” ormai in questi anni ci ho fatto l’abitudine, mi ha fatto piacere trascorrere con lei questa serata”. Ritornarono insieme silenziosamente verso l’albergo. La luna era alta nel cielo. Davanti alla porta delle loro camere si scambiarono la buonanotte. Il mattino dopo e in quelli successivi Gianni non trovò la donna dai capelli azzurri ad attenderlo al solito tavolo e il lettino accanto al suo ombrellone era rimasto vuoto. Chiese notizie al personale di servizio dell’albergo e ai suoi ospiti ma nessuno seppe darle sue notizie. Fu la sera del suo ultimo giorno di vacanza, quando i bagnini stavano chiudendo gli ultimi ombrelloni e il sole cominciava a rosseggiare il cielo e l’acqua del mare che la vide camminare a piedi nudi lungo il bagnasciuga. Si ricordò il nome con il quale si era presentata il giorno del loro incontro e lo gridò a gran voce ma non ebbe risposta. La vide immergersi fra le onde e allontanarsi dalla spiaggia. Si tuffò nelle acque fredde del mare per tentare di raggiungerla e da esperto nuotatore riuscì ad avvicinarsi ad una decina di metri da lei. Poi la vide improvvisamente scomparire. Era troppo tardi. Solo allora capì che quella donna era la Fortuna.
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