Racconto di Marco Leonardi
(Quinta pubblicazione)
E’ il crepitio marrone sul sentiero alle mie spalle a distogliermi dai pensieri che svolazzano nella mia testa, l’improvviso silenzio a farmi voltare.
L’uomo ritto in mezzo al tratturo ha il viso cotto e scavato dal sole e dall’età, incorniciato da una massa grigia di capelli che il vento sbatte qua e là, quasi a sottolineare la fermezza di quel suo sguardo celeste, fisso su di me.
Uno sguardo che ricordo bene, anche se sono passati… quanti? Ventidue anni, buon Dio, ventidue anni!
“Aldo, Aldo Mei! Ma che ci fai qui, vecchio pirata?”.
Parlando mi avvicino a lui, gli stringo le spalle ossute e ancora diritte e la mano destra aperta sulla sua schiena mi restituisce un crepitio come di foglie secche.
“Oh, dicono che una camminata quotidiana nei boschi faccia bene – risponde con fatica sibilante – Ma tu, tu piuttosto?”.
Indico con un ampio gesto il paesino poco più a valle.
“Suggestivo, vero? Peccato che da quando hanno aperto la superstrada stia lentamente morendo. E dire che la vista sul mare è di una bellezza…”
“E quindi?”
Indico con l’indice destro il logo stampato sulla felpa verde. “Quindi, interveniamo noi di Ex Novo. Acquistiamo le case, le ristrutturiamo se occorre et voilà! Ecco che un paese morente come Collemezzo diventa un magnifico albergo diffuso”.
Lui si mette alla mia sinistra, guarda con me la vallata.
“Ok. E gli abitanti?”
“Oh, quelli hanno fatto, chi più chi meno, un po’ di manfrine, ma alla fine abbiamo convinto quasi tutti. Manca solo il proprietario dell’autofficina Mia, dove la gente del posto fa rimettere in ordine trattori, mietitrebbia, cose così, da contadini. Sto aspettando che Laura, la mia segretaria, mi comunichi il nome di quel…”
Mi blocco, dolorosamente consapevole. Mia Belli: come avevo potuto dimenticare?
Ero stato anche testimone, buon Dio!
Lui fa un ghigno storto, mi punta il bastone verso il petto.
“Oh, ci sei arrivato! Ho dato il nome di mia moglie all’officina quando è morta di un tumore ai polmoni, sei anni fa. Fumava, e come se fumava. Però cucinava da Dio. Forse un po’ troppo condito, per le mie vene e il mio cuore. Ma, accidenti che goduria!”.
Un quarto d’ora dopo sono seduto al suo fianco a guardare il mare lontano, e non solo.
“Perché quell’ambulanza?”.
“Oh, niente. Un problema ai semiassi. Ah, sai che Giulia è diventato volontaria della CRI?”.
“Giulia tua sorella?”.
“E chi se no? Da quando è finita col Teo vive qui, con me. Certo, lei è invecchiata meglio. Buono sto Vermentino, eh?”.
Appoggio il bicchiere sul tavolino arrugginito, indico quella roba bianca e azzurra chiamata Mia Riparazioni e Manutenzioni con il suo corredo di rottami.
“Aldo, per la miseria… Mi dici perché ti incaponisci così? Mi dici a cosa ti serve sto ca… di officina se i clienti non ci sono più?”.
Ancora quel sorriso storto…
“Ti ricordi i vecchi tempi, le nostre sfide in auto?”.
“Cosa vuoi dire?”. Non risponde. Apre un cassetto del tavolo da cui prende una cartina.
Solo dopo averla spiegata davanti a me riprende a parlare.
“Questo è il piazzale dell’ospedale di Riva. Partendo da Pianalto ci arrivi o raggiungendo la superstrada e uscendo a Mongallo o facendo la costa, vedi? Il bello è che il navigatore dà gli identici tempi di percorrenza, anche se, a dire il vero, la litoranea in questa stagione è trafficata. Per non parlare dei quattro semafori che la interrompono a Cabassa e Coltorto”.
Lo interrompo.
“Ok, ho capito. E quindi?”.
“Quindi al mattino di dopodomani, alle otto in punto, ci troviamo nella piazza di Pianalto e partiamo. Tiriamo a sorte sul tragitto che percorreremo e via; se arrivi prima tu, l’officina è tua e magari anche Giulia, chi sa, le sono sempre piaciuti i vincenti”.
“E se…?”
“Sai, Giorgio? Penso che tu abbia ragione: è inutile tenere in piedi una baracca come questa se clienti non ce ne sono più. Se vinco, l’albergo che stai progettando è mio”.
Ridacchio tra me mentre corro sulla superstrada, infischiandomene dei limiti.
Per portare a termine un’impresa come trasformare un paese in albergo non si dovevano solo convincere i proprietari delle case a vendere. C’erano anche conoscenze, da coltivare.
Era bastata una telefonata all’assessore alla viabilità del comune di Riva per convincerlo a spegnere gli autovelox e a regolare il timer dei quattro semafori sulla litoranea perché il rosso durasse 45 secondi invece dei soliti 20.
Oh, non che ci contassi molto, sul rispetto delle regole da parte del vecchio pirata, ma, se voleva portare a casa la pelle, e magari non falciare qualche vecchietta…
Arrivo all’ultimo incrocio.
Verde, bene.
Mi blocca la sirena di un’ambulanza, la faccio passare, mi accodo, arrivo al piazzale.
Nessuna traccia di Aldo e della sua Mini, accendo una sigaretta.
La donna che scende dall’ambulanza si gira un attimo verso la mia direzione e il cuore mi si ferma.
No, non è invecchiata male, Giulia. Proprio no.
Vado verso di lei come un automa.
Lei alza gli occhi, mi guarda, mi riconosce. Dovrei gioirne, ma il gelo non mi lascia.
“Stavamo riportando l’ambulanza al deposito, quando ho visto la sua Mini in un fossato. Un malore, visto che non c’erano segni di incidente”.
“Come un malore?”.
“Oh, non lo sai? Ha una brutta cardiomiopatia dilatativa, è in attesa di trapianto. Ma sai lo strano? Prima di perdere conoscenza ha alzato il collo, ha guardato verso la tua Audi nera e ha cominciato a ridere, a ridere…”.
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https://www.ibs.it/dialoghi-sette-percorsi-narrativi-libro-vari/e/9788874706525
https://www.tomarchioeditore.it/2022/05/04/come-fiori-sul-ciglio-della-strada-aa-vv/
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