Racconto di Osvaldo Farsella

(Terza pubblicazione – 16 giugno 2021)

 

 

 

Venerdì sono andata dal mio medico, era molto tempo che non andavo e quando sono entrata nella sala d’aspetto, mi sono seduta su una poltrona di finta pelle nera ed ho atteso paziente il mio turno, si sa che le attese sono sempre noiose, inizialmente ho contato le mattonelle, poi il mio sguardo si è soffermato sui due quadri appesi alle pareti, uno raffigurava una cattedrale in mezzo ad un fiume, mentre il quadro che avevo di fronte mi ha incuriosita, aveva la cornice rossa che risaltava sulle pareti bianche dello studio. Il tema del quadro era rappresentato da un muro di mattoni ad arco, una vecchia costruzione circondata dall’edera e all’interno il fogliame del bosco dal quale si intravedeva uno spicchio di cielo azzurro e un raggio di sole che si faceva largo nella siepe fiorita, un quadro anonimo di un autore mai sentito nominare, però brutto non era. C’era però qualcosa mi attraeva in quel quadro, così l’ho osservato meglio ed è apparso il volto di un vecchio, si vedevano gli occhi, un enorme naso e la bocca storta con un sorriso, ho pensato che l’autore sia stato bravo a dargli quell’aspetto bizzarro, mi sono avvicinata e il volto cambiava aspetto, il sorriso spariva e il volto si faceva truce, l’azzurro si faceva cupo e la siepe fiorita si avvizziva, il colore verde diventava scuro, l’arco di mattoni era una porta d’ingresso che conduceva chissà dove.

Tornai a sedermi in un’altra sedia, questa volta il quadro non l’avevo di fronte ma alla mia sinistra, i colori erano sfocati e i mattoni dell’arco erano sbeccati e rovinati, l’edera aveva perso il colore brillante e i fiori della siepe anche, l’occhio prima aperto ora era socchiuso con lo sguardo triste, restai stupita e tornai a sedermi di fronte al quadro e tutto tornava come prima. Pensai che fosse un effetto cromatico dei colori ma non ne ero certa. Venne il mio turno ed entrai nello studio della dottoressa, esposi il mio problema, che fortunatamente non era grave, una pomata e il mio eczema sarebbe guarito. Dopo di me non c’era più nessuno così domandai alla dottoressa se conosceva l’autore del quadro con la cornice rossa, la dottoressa sorrise e mi disse – È una ragazza giovane, una mia paziente, perché mi fa questa domanda? – risposi che ero incuriosita e avevo notato questo scambio cromatico dei colori e quel quadro lo trovavo molto bello. Tornai a casa ma avevo nella mente il quadro, mi sarebbe piaciuto rivederlo. Passarono i giorni ma quando andavo a dormire il pensiero correva al quadro e non me ne capacitavo, mi sentivo attratta e mi dissi che al mattino successivo sarei tornata dalla dottoressa per rivederlo. Quella notte feci un sogno, avevo il quadro in casa, appeso alla parete del mio tinello ed ero felice, passavo delle ore a osservarlo, improvvisamente il volto mi sorrise e la siepe si riempì di fiori, il sole inondava il quadro ed io entrai nell’arco di mattoni, superai la siepe e mi trovai in un grande prato fiorito. L’erba era così verde e fresca che mi tolsi le scarpe e camminai sul prato facendo attenzione a non calpestare i fiori, provavo un piacere immenso, il contatto del mio piede sull’erba umida mi dava felicità, camminai a lungo e il prato non finiva mai, mi sentivo smarrita, cercai le scarpe ma non le trovai, le avevo lasciate dall’altra parte del prato, volevo tornare indietro a riprenderle, ma quando mi voltai il prato era sparito, al suo posto vi era una distesa di erba secca che mi tagliava le piante dei piedi e mi faceva male, però nel punto dove mi trovavo c’era l’erba verde e umida, proseguii il mio cammino e arrivai al fondo del prato, un muro di mattoni vecchi e rovinati dal tempo fermavano il mio cammino. Mi prese l’ansia, volevo tornare al punto di partenza ma non potevo così camminai sul sentiero che fiancheggiava il muro, non sapevo più dove fossi, mi sentivo perduta e pensai che sarei morta in quel quadro. Continuo a camminare sul sentiero perché non posso fare altro, mi fanno male i piedi ma resisto, il muro finalmente finisce e di fronte a me c’è una porta di legno consumata dal tempo, l’apro e mi ritrovo sul prato che avevo lasciato, ci sono delle rose rosse e dei tulipani che prima non avevo visto, mi avvicino, le rose sono bellissime e profumate, sono tentata di prenderne una ma appena la tocco una lunga spina mi penetra nel dito della mano, mi allontano e continuo a camminare sul prato, ritrovo il percorso iniziale ed arrivo alla porte posteriore dell’arco, c’è una panca di pietra sulla quale sta seduto un vecchio, fuma la pipa e mi osserva, anche io lo osservo, mi pare un volto noto, poi lo riconosco è il volto che ho visto sul quadro. Il vecchio mi saluta con la mano e fa segno di avvicinarmi, lo faccio un po’ intimorita, il vecchio sorride e mi dice – Benvenuta nel mio regno, io sono il tempo. – sorpresa lo guardo ma il vecchio continua a parlarmi – Il prato verde che hai attraversato è la tua vita, l’erba secca che ti ha ferito i piedi sono le sofferenze che hai patito nella vita, le rose sono i desideri e le spine sono le fatiche che devi fare per realizzarli, la piccola goccia di sangue è il dispiacere per la perdita di ciò che ami, la porta invece è solo una vecchia porta di legno. – Vorrei dire qualcosa ma le parole non mi escono dalla bocca, il vecchio continua – Ora sei libera di andare, ma ricorda che troverai sempre delle difficoltà, affrontale con determinazione, addio. – Mi sveglio nel mio letto, sono madida di sudore e mi fanno male i piedi. Faccio una doccia calda e pian piano mi riprendo e mi dico – Per fortuna era solo un sogno. – Mi guardo il dito della mano è arrossato e una goccia di sangue è coagulata, frastornata mi faccio un caffè forte e decido di tornare dalla dottoressa: voglio rivedere il quadro.

Nel pomeriggio lo studio è aperto, entro e subito mi accorgo che il quadro non c’è più, sono sbalordita. La dottoressa mi vede e mi domanda se sto bene, certo che va bene rispondo, ma sono venuta per vedere il quadro, quello con la cornice rossa e vedo che è stato tolto, la dottoressa m’invita a entrare nel suo studio, il quadro è per terra coperto da fogli di giornale e mi dice -Ho preferito toglierlo, alcuni miei pazienti hanno avuto degli incubi dopo aver osservato il quadro. Ho detto alla ragazza che l’ha dipinto di ritirarlo, ma mi ha detto che non può. – Non ci penso un attimo – Allora lo prendo io! Quando l’autrice lo vorrà lo riporterò. – Esco con il quadro e appena a casa lo appendo sulla parete del tinello sta magnificamente, lo osservo con attenzione, sulla panca in pietra ci sono due piccole macchie nere che non avevo notato, osservo meglio, sembrano delle scarpe. Gli amici quando lo vedono mi dicono che è bello ma trovano inquietante quel volto che sorride sornione.