Racconto di Elisabetta Periani
(Prima pubblicazione)
Gerard uscì dall’aeroporto quasi a passo di corsa. Non ne poteva più, il viaggio non era stato così lungo, certo, Parigi – Bologna non arrivava neanche a due ore, ma non gli era mai piaciuto stare seduto. Aveva solo il bagaglio a mano, non aveva intenzione di trattenersi per molto, credeva che non sarebbe stato necessario, e trovare un albergo con una stanza libera non avrebbe dovuto essere un problema, visto che non si era in alta stagione di turismo.
Uscì nel piazzale dei taxi, con un sospiro di sollievo. Era arrivato, finalmente. Bologna, con i suoi portici, le vie centrali, le stradine laterali, la piazza che lui adorava, lo aspettava… Non vedeva l’ora. Chiaramente, non solo perché gli piaceva come città, certo, ma… soprattutto per rivedere Irene. Di certo non potevano andare avanti così, lui non era il tipo…
Finalmente si sarebbero visti e le avrebbe parlato, una volta per tutte. Si incamminò alla ricerca di un taxi. C’era molta gente, e riuscì a fatica a trovarne uno. Spiegò all’autista con il suo italiano un po’ incerto che doveva portarlo ai Giardini di Via Cassarini, a pochi metri dal negozio di antiquariato di lei, in via Saragozza. Aveva bisogno di fare prima una passeggiata nei dintorni e raccogliere coraggio prima di parlarle. Si era imposto che doveva farlo, anche se al momento non ne aveva decisamente voglia, stare in mezzo al verde lo avrebbe aiutato. A quell’ora il parco non era molto gremito, al massimo qualche anziano e qualcuno che andava a fare jogging.
Passeggiò per una decina di minuti poi si decise ad incamminarsi verso la sua destinazione, con una certa preoccupazione. Mentre stava arrivando vide con disappunto che il negozio era ancora chiuso, chissà perché. Dato l’orario avrebbe dovuto essere aperto, erano ormai le 16. Fece un giro intorno all’edificio, vide che la porta sul retro era stranamente aperta. Bussò per farsi annunciare, prima piano, poi non avendo risposta più decisamente. Entrò deciso e stanco di aspettare. Ma vedendo ciò che si trovava davanti, rimase qualche secondo letteralmente senza fiato, a bocca aperta, ma non riuscì ad emettere alcun suono. Il suo corpo si irrigidì istantaneamente.
Irene era a terra immersa in un lago di sangue, con gli occhi sbarrati: MORTA.
Appena riuscì a ritrovare l’uso della parola, dalla sua bocca uscì un urlo che non pareva neanche appartenere alla sua voce, poi sentì le ginocchia cedergli, poi il buio. Quando riprese conoscenza si trovava in un letto d’ospedale. Un uomo in camice bianco e un’infermiera al suo fianco lo stavano fissando.
– Come si sente signor Beanlieu? – esordì l’uomo fissandolo negli occhi. Sulla targhetta riuscì a malapena a leggere “Dott. Casilli”.
– Sto abbastanza… bene – rispose lui con un filo di voce. Poi si ricordò all’improvviso di quello che aveva visto prima di svenire. L’immagine di Irene ebbe un effetto come di un colpo di frusta su di lui, cercò di mettersi seduto immediatamente e di saltare giù da letto.
– No, no… fermo- gli disse il dottore deciso mentre l’infermiera al suo fianco lo prendeva per un braccio… – Vuole avvisare qualcuno dei suoi familiari che è qui? – gli chiese lei.
– Ehm no… per adesso non è il caso di farli preoccupare… ma come… cosa mi è successo? -.
– Ha avuto un forte sbalzo di pressione – gli rispose il dottore freddamente.
– Ah… e lei? – non poté fare a meno di chiedere. – Lei, la signora Capriani? Non c’è stato niente da fare. Forse se il commerciante del negozio lì vicino non fosse arrivato dopo aver sentito il suo grido, sarebbe rimasta lì per molto più tempo, magari fino al giorno dopo. Pensiamo sia morta quasi subito.
Annuì a occhi chiusi, sentendosi sentì all’improvviso molto stanco, svuotato dallo shock di quella giornata.
– Senta, fuori c’è la polizia, il commissario Moruzzi, se la sente di parlargli? O vuole aspettare? – . – Io…sì, va bene…. –
– È sicuro? Se non la sente posso dirgli di aspettare… almeno fino a domani. Ah comunque pensiamo che per lei sia meglio se passa qui almeno stanotte… per sicurezza.
– Va bene…- acconsentì Gerard. Il commissario entrò subito dopo, con un suo attendente. Era un uomo alto, con i capelli radi, sui 45, con una calvizie incipiente… Lo salutò.
– Buonasera, signor Beanlieu. Sono il commissario Moruzzi –. – Sì, il dottore mi ha detto che volevate parlarmi.
-Ecco, bene, immagino sappia perché. Lei conosceva la signora Capriani?
– Sì, la conoscevo, ero venuto apposta a Bologna, per s…salutarla- stava per dire “per stare con lei” poi si bloccò. Anche se era inutile nasconderlo.
Il commissario notò subito la sua esitazione, se ne accorse perché cambiò subito espressione, alzando un sopracciglio.
– In che rapporti era con la signora? Mi dica la verità. Non le conviene mentirmi.
Gerard sospirò – ero… avevamo una relazione.
– Capisco – mormorò il commissario – quindi era venuto a Bologna per vederla? Avevate in programma di passare qualche giorno assieme?
– No – rispose lui – sono venuto perché dovevo vederla. Dovevo parlare. Non sapevo come l’avrebbe presa e… ho deciso di non avvertirla. Volevo dirle che non avevo più intenzione di continuare a vederla così, di nascosto.
– È arrivato troppo tardi… – gli rispose l’uomo – Come è morta? – chiese Gerard con un filo di voce – Io sono entrato e ho visto… tutto quel sangue…
– È stata accoltellata…. almeno una decina di volte. Sembra che l’assassino si sia accanito più volte contro il suo corpo anche se ormai privo di vita. Doveva odiarla davvero
Gerard non riuscì a rispondere. Il capitano lo guardò e gli disse: – Bene, la lascio a riposare… Non lasci la città, almeno per le prossime 48 ore. Potrei aver bisogno ancora di lei. Ora la saluto.
SUL LUOGO
Il commissario entrò dal retrobottega, dove era stato trovato il corpo della vittima. Diede un’occhiata in giro, era uno spazio molto vasto in cui si trovavano diversi mobili in stili anche molto diversi tra loro, dal rococò al chippendale. Con l’agente che lo aveva seguito iniziarono a perquisire. L’occhio gli cadde su una foto messa in cornice su un mobile, in cui era ritratta la vittima in compagnia di un’amica, una donna mora con i capelli corti. Il contrasto fra le due era forte: Irene era praticamente la fotocopia di Jennifer Lopez, sorridente e bellissima, in posa con il braccio sulle spalle dell’altra donna, la quale invece aveva un sorriso molto più incerto, più timido. Irene spiccava indubbiamente per personalità e bellezza, e il costume da bagno decisamente sgargiante, come il bracciale che indossava al polso sinistro. L’altra donna era invece piccoletta e un po’ in carne, e già dalla foto sembrava sparire davanti al fascino dell’amica. Fece una foto all’immagine con il suo cellulare.
LA MATTINA DOPO
Mauro Capriani era un uomo di 46 anni, ma quella mattina se ne sentiva cento di più. Nonostante l’espressione stanca e sconvolta, poteva dirsi ancora un bell’uomo, faceva sport regolarmente, era alto e con un bel fisico e con tutti i capelli…. Aveva dormito poco e male, nonostante avesse preso un calmante per riuscire a prendere sonno, dopo aver saputo dell’omicidio della moglie.
– Buongiorno, signor Capriani.
– Buongiorno, commissario- disse l’uomo con un filo di voce.
– Come sta? Ha dormito stanotte?
– Ho preso un calmante, se no non ci sarei riuscito.
– Vengo subito al dunque. Che lei sappia sua moglie aveva qualche nemico, qualcuno che la odiava? che la detestava? –
– No, non fino al punto di ucciderla…. almeno credo- rispose lui.
– Certo, ma non si sa mai. È’ successo qualcosa di strano negli ultimi tempi? Irene si sentiva seguita, minacciata da qualcuno?
– No – rispose l’uomo – o almeno non mi aveva detto nulla. Irene mi informava sempre di tutto. E poi mia moglie ha… aveva un carattere così solare e generoso – disse con un tremito nella voce – oltre ad essere bellissima. Mi sembra impossibile che qualcuno ce l’avesse con lei.
– Quindi non ha sospetti su nessuno? –
– Mah, commissario, io penso che si tratti di una semplice effrazione, qualcuno che è entrato per rubare, Irene lo ha sorpreso e lui senza farsi scrupoli l’ha uccisa.
– Mmmmh… Mauro, mi pare strano. Questa persona si è accanita sul cadavere di sua moglie. Mi dispiace dirglielo, ma c’è traccia di nove coltellate sul corpo – io non lo vedrei solo come un semplice tentativo di furto.
– Capisco – l’uomo si prese la testa fra le mani – io non …non saprei.
– Lei adesso come minimo è confuso – gli disse il commissario – però la devo informare su una cosa. Sul posto abbiamo trovato un uomo, che l’ha trovata lì. Un certo Gerard Beaunlieu.. Lei lo conosce? –
– So che era un suo collega, che lei aveva conosciuto a un convegno. Non so altro di lui – rispose Mauro con una luce fredda negli occhi – cosa faceva lì?
– Vede Mauro – disse il commissario guardandolo – vedo che lei non lo sa, ma quest’uomo e sua moglie avevano una relazione … non di lavoro.
– Beh direi che allora si è trovato il colpevole! – No, aspetti un attimo. Gerard era lì dopo che è successo-
– Questo lo dice lui! E voi gli credete? – urlò Mauro
– Gli crediamo. Ci sono le prove, abbiamo controllato. Quando è successo, era ancora in volo.
Mauro fece un grosso sospiro. – Posso avere un bicchier d’acqua? – Sì, certo, agente Rossini, vada a prendere l’acqua per favore.. Per caso sapeva se sua moglie frequentava persone… non raccomandabili, diciamo? Amicizie?
L’uomo lo guardò gelidamente – No e non ha mai frequentato gente di quel tipo. Non aveva traffici illegali, sono sicuro –
Il commissario alzò le mani: – Non per mettere in dubbio la sua parola, ma sa, per avere una pista sui cui indagare, può essere utile.
Mauro bevve l’acqua, non rispose, poi dopo circa un minuto disse: – Aveva due amiche, in particolare che vedeva spesso… Una è una collega, che abita nella zona colli di Bologna. Si conoscevano da diversi anni. Daniela è una professionista stimata. Poi c’è una coppia che frequentiamo ogni tanto, Silvana e Alberto Chiari. Siamo stati vicini di casa per una decina d’anni.
RITORNO SUL LUOGO DEL DELITTO
Moruzzi decise di tornare per un sopralluogo, per poter riflettere e magari scoprire qualcosa di più. Magari con la confusione gli era sfuggito qualcosa. Si guardò intorno con curiosità. Vide un pc in un angolo, sopra un piccolo tavolino, che il giorno prima non aveva notato. Quindi lo accese, con la speranza che gli sarebbe stato di aiuto. Sul desktop c’era una cartella denominata “NEGOZIO” in cui si trovavano le fatture e in generale documenti di lavoro. Cercò poi di aprire la casella di posta elettronica, di cui conosceva l’indirizzo, ma chiaramente non la password per entrare. Fece un primo tentativo, nome della vittima più anno di nascita. Nulla, troppo facile così. Gli venne l’idea di mettere il nome di Gerard più l’anno di nascita di lui, e infatti così riuscì ad aprirla.
C’erano diverse mail di lavoro, pubblicità, e ricorrente la mail di una donna, Silvana Chiari, la quale millantava il fatto che Irene le doveva ancora soldi da oltre 1 anno. Poi trovò un paio di video allegati alle mail… Si trattava di Irene a letto con Gerard. Nella mail era scritto “questo è un ricordo…. per quello che mi devi”.
Erano mail che arrivavano almeno una volta a settimana, alcune erano state spostate nel cestino ma non cancellate.
Notò all’improvviso una telecamera in un angolo. Di solito le telecamere venivano messe fuori, in caso di ladri, una all’interno del negozio non gli era mai successo. Irene sospettava di qualcuno con cui di solito si vedeva lì dentro?
Provò a metterla in funzione. Vide Irene discutere con una donna, all’improvviso questa iniziò a urlare “Basta! Me lo devi” poi vide la scena…
Irene le mise le mani intorno al collo, poi si riprese e la lasciò andare, scoppiando a piangere. L’altra prese un coltello che si trovava dietro di lei, sul bancone e la colpì ripetutamente.
LA SCOPERTA
Era la donna della foto in costume.
Moruzzi convocò subito Mauro Capriani per farlo partecipe della scoperta.
Gli mostrò la foto scattata sul suo cellulare. Capriani sbarrò gli occhi, e disse subito che si trattava di Silvana Chiari… ma espresse i suoi dubbi. Che movente avrebbe potuto avere? Il commissario si fece dare l’indirizzo dei coniugi.
– Bene, Rossini – disse rivolto all’agente che era con lui – andiamo a trovare questi signori Chiari.
Per strada non c’era troppo traffico, impiegarono circa 15 minuti per arrivare a casa loro.
Suonarono al campanello di quella che era una villetta molto carina ma bisognosa di manutenzione, con una vegetazione lasciata un po’ allo sbando. Venne ad aprire proprio la donna, che si mostrò stupita della loro presenza. Alle parole del commissario dapprima negò. Poi le dissero del video ritrovato.
– Dunque ha ripreso tutto… senza dire niente, quella… Quindi sapete tutto. Spero avrò almeno qualche attenuante, visto che esiste questo video. Mi aveva attaccato lei.
– Signora, abbiamo trovato anche le sue mail. E i video.
– Oh lei era lei aveva tutto… tutto, capite? – disse poi piangendo – Un marito affermato e affascinante, aveva un lavoro interessante, e… anche un amante, capite?’ Quel Gerard…. Una poco di buono. Io invece sto qui da una vita, sono una semplice casalinga, lo stipendio di mio marito basta a malapena, ci arrabattiamo come possiamo. I viaggi che faceva lei io non me li potrò mai permettere… Non era giusto, capite? Doveva pagarla in qualche modo.
Il commissario le mise le manette intorno ai polsi … Proprio vero che l’invidia era uno dei moventi più diffusi negli omicidi, pensò mentre la scortavano alla macchina.
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