Racconto di Alessia Piemonte

(Prima pubblicazione – 31 gennaio 2020)

 

Ogni volta che torno a casa dal mio lavoro di insegnante di lettere del liceo e m’imbatto nel quartiere di Dustin Byre, vorrei prendere una scorciatoia, ma è un percorso inevitabile per raggiungere la destinazione, e sono costretto così ad attraversare quella strada, brulicante di bambini allegri e di adolescenti che amoreggiano nelle panchine. La casa di Dustin, dal tetto rosso e cinta di fiori, per me è diventata una presenza ingombrante e fastidiosa, come una sostanza viscida e collosa, perché simboleggia un mio fallimento…

Sono rabbuiato con me stesso… Non avrei dovuto trascurare, anche solo per un attimo, il 13enne Dustin. Le tv locali riproponevano senza tanto enfasi e clamore, un’altra tragedia avvenuta a Hawkins che colpì un adolescente, mostrando il loro ‘falso’ dispiacere, speculandosi in eresie di conforto, per alleviare la tristezza dei Byre, causata … dal suicidio di Dustin.

Era un ragazzino timido, sorridente e ingenuo, appassionato di libri e giochi fantasy, molto perspicace e intelligente, spensierato e con gli occhi pieni di sogni. Si distingueva notevolmente dai canoni e dalle tendenze, per il suo stile eccentrico e un po’ scanzonato. Ma dietro a quel sorriso limpido, Dustin nascondeva il suo dolore…di essere emarginato e deriso.

Una volta lo trovai accucciato in un angolo del bagno dei maschi che piangeva profusamente. Preoccupato gli chiesi che cosa avesse e da quella volta Dustin, forse rasserenato dal mio sincero e paterno sostegno, liberò il suo tumulto. La voce gli riverberava dalla rabbia per essere reputato dai suoi coetanei, come uno mostro deforme e abominevole. Veniva quotidianamente etichettato dai bulli con dei nomignoli offensivi, arrivando al punto che Dustin si sentiva inferiore, sottovaluto, convincendosi che era sbagliato. Quei soprusi gli causarono malesseri come ansia, attacchi di panico, gastrite nervosa e emicrania. Era ferito da questi danni seriali, che gli toglievano quei fugaci momenti di felicità, ad esempio quando comprava un fumetto o mangiava la sua merenda preferita e per questo preferiva restare a casa, nel suo mondo, dove era accettato per quello che era, senza pregiudizi e cattiverie, fuggendo così da quei demoni, che ogni giorno gli facevano del male…

Lo consolai dicendo che le persone non sono tutte così…perfide. Ci sono quelli che non si basano sulle apparenze. Purtroppo, al giorno d’oggi, è facile e immediato giudicare senza conoscere, convinti di conoscere la personalità di una persona anche solo tramite una foto pubblicata nei social, ma a loro malgrado, le loro arroganti affermazioni, del tutto sbagliate, non coincidono spesse volte con la realtà.

Dustin, sembrava stare bene con il mio supporto, e tornò a sorridere, dopo avermi ringraziato con uno stritolante e avvolgente abbraccio.

Io ero il suo unico amico, ma senza volerlo, mi sono comportato come gli altri: l’ho lasciato da solo…
Ero talmente oberato e distratto dai miei problemi familiari, che non mi accorsi dell’ultimo dramma che afflisse Dustin. Stava correndo come un forsennato nel corridoio della scuola in una valle di lacrime. Aveva tentato di parlarmi, ma ero sordo alle sue richieste d’aiuto…

Il motivo della disperazione di Dustin, venuto a sapere il giorno della sua morte, era perché aveva sostenuto un incontro con il dottor. Martin Bakins, lo psicologo della scuola. Era conosciuto per essere così bravo ad insultare le persone, esattamente come Ipponatte di Efeso. Dustin, era stata la sua vittima. Quando lessi il referto prescritto da Bakins, rimasi sconvolto e inorridito.

Immaturità affettivo relazionale, scarsa stima di sé stesso, scarsa tolleranza alle frustrazioni con tendenza all’introversione: erano le parole riportare con freddezza e cinismo nella dissertazione medica. Aveva consigliato a Dustin di seguire dei colloqui di sostegno, finalizzati al rafforzamento della stima di se stessi, prescrivendogli anche dei farmaci. Quanta crudeltà. Quanta ignoranza. Non si può giudicare un ragazzo timido e giudizioso, come un menomato mentale.

La mattina del suicidio, assegnai un compito ai miei studenti. Volevo fare qualcosa di creativo, per dare un’occhiata nelle loro menti per capire come interpretano il mondo e quanto capiscono le cose. Il tema era:’Cos’è il coraggio?!”. Dustin, consegnò subito il compito. Era sorpreso della sua rapidità, soprattutto quando lessi che lui aveva scritto a caratteri cubitali ‘Questo!’ e prontamente e impassibile … si sparò in testa, estraendo la pistola di suo padre, una guardia giurata, dalla tasca dei suoi jeans. Accade tutto velocemente… Io e gli altri ragazzi restammo sconvolti. Volò un urlo che riuscì a coprire per un attimo il rumore delle lacrime che si propagarono nell’aula.  Il mio cuore perse un battito e avvertì degli spinosi brividi sulla schiena. Era una scena logorante: la faccia di Dustin era interamente strappata, lasciando solo un agghiacciante volto fatto di tendini, ossa e muscoli.

Dustin è stato contrassegnato come una mia ‘distrazione’. Avrò i rimorsi per tutta la vita. Quando lo vidi costernato, dovevo fermarlo, abbracciarlo e trovare un modo per aiutarlo e non farmi fuorviare dai miei problemi quotidiani. Lui ha deciso di sparire, di annientarsi, di distruggersi… Ogni volta che passo nel suo quartiere, mi sembra di vedere il suo riflesso dai contorni indefiniti, in particolare quando un raggio di sole manda un fascio di luce sulla strada che conduce a casa sua: Dustin è sorridente e sta stringendo tra le mani un nuovo fumetto e nel frattempo sgranocchia la sua merendina preferita.