Racconto di Maria Pia Rosati
(Nona pubblicazione)
“A Thomas che di me tutto sapeva”
Nero, buio assoluto. Provo a sollevare una palpebra, ma subito mi ricade giù. Però riesco a intravedere un fascio di luce. Apro gli occhi e scompare il buio: sono ancora vivo. Mi trovo in una stanza fredda, piena di quell’odore che ho imparato a conoscere e che detesto, quello di quando sono malato; ho la lingua secca che mi pende da un lato della bocca: è fredda e gelida, pesa troppo e la lascio penzolare. Voglio prima provare a sollevare la testa che è pesantissima. Riesco a muoverla adagio finché un dolore acuto che parte dagli occhi arriva dappertutto: mi sento solo e sono terrorizzato. Ma poi davanti a me compare una figura familiare, non riesco a metterla a fuoco, ma percepisco il suo odore, quello che più mi piace. E poi mi arriva alle orecchie, ovattato, il suono del mio nome. E allora capisco che lei è qui con me e, qualsiasi cosa sia successa o accadrà, non mi lascerà più. E allora non ho più tanta paura. Voglio provare a tirarmi su, lei ha una faccia strana quando io sto male e non voglio vedere i suoi occhi tristi per colpa mia.
Mi chiamo Thomas e sono tedesco. Veramente io in Germania non sono mai stato e non parlo affatto tedesco, anche se comprendo qualche parola che non so dove ho imparato. Però, quando mi incontrano, sento che tutti pronunciano la parola “tedesco” e qualcosa vorrà pur dire. Forse che le mie origini vengono da questa terra tanto lontana? Peccato che io viva molto lontano da lì e, difficilmente, riuscirò a vedere dove sono nati i miei avi.
Sono anziano, questa è la verità, anzi sono un “vecchietto”, perché con questa parola lei si rivolge spesso a me. Sono appena tornato a casa dopo essere stato ricoverato in clinica per tanti giorni, dopo aver provato tanto dolore, arrivato così, all’improvviso. Non ricordo molto di quello che mi è successo, ma ricordo la parola “milza”, e anche un’altra parola “asportazione”. E anche stavolta sono riuscito a tornare a casa. Sono molto contento, ma ho ancora dei dolori forti nella pancia e la pelle tira se provo ad allungarmi. Per non parlare del dolore alle anche che è aumentato. E così passo le giornate sdraiato in attesa che il dolore passi. Sono anche a dieta: pesavo troppo e ho dovuto perdere cinque chili per non affaticare le cartilagini e le ossa. Devo prendere delle medicine ogni giorno, per diversi acciacchi, e questa cosa proprio non mi piace. Devo farvi un’altra confessione: odio andare dal dottore. Riconosco gli studi medici scendendo dalla macchina, anzi comincio ad agitarmi quando riconosco la strada. Ne ho cambiati parecchi di dottori, lei ha cercato tanto quello giusto per me. Una volta, uno ci ha cacciato e ci ha urlato dietro “Non sono un domatore”! E lei ci è rimasta molto male. Ha cominciato a piangere quando siamo risaliti in macchina, pensava che non me ne accorgessi, ma io so tutto di lei. Ed è stato per colpa mia, ma io che ci posso fare se i dottori proprio non li sopporto? Da qualche tempo vado in un posto molto lontano perché sto tanto tempo in macchina, da un dottore grosso, grosso, che mi dice “Thomas! Adesso basta!” Poi mi solleva con i suoi braccioni e mi sbatte sul lettino di ferro freddo, freddo; e io, a quel punto, sto zitto, divento buono come una pecorella perché mi fa tanta paura. Quest’ultima volta mi hanno tolto tanto, ma tanto sangue con la siringa. Mi hanno anche attaccato una specie di bottiglia piena di liquido bianco e sono dovuto stare fermo per un’infinità di tempo. C’erano altri due dottori che mi sgridavano appena cercavo di staccarmi il tubicino: “Thomas fermo, Thomas sitz…“,non smettevano di urlare. Stavolta è stato molto più doloroso delle altre volte!
Ho anche qualche problema nel correre, certi giorni perfino nel camminare. Quando è umido o è appena piovuto, faccio fatica a salire le scale, ma anche questo credo che faccia parte dei fastidi legati alla vecchiaia. E mi considero fortunato ad esserci arrivato: molti miei coetanei non li ho più visti ed è già passato tanto tempo. Io non lo so dove siano andati a finire, ma penso che non avrò più occasione di rivederli, questo mi suggerisce il mio istinto che non sbaglia mai.
Vi ho già detto che odio la pioggia e ho il terrore dei temporali? Ho cercato di controllarmi e di superare questa paura che ho fin da quando ero piccolo, ma sapete che c’è? Non ci sono mai riuscito. Solo che ora, vista la mia esperienza di vita, riesco a percepire con molto anticipo l’arrivo della pioggia e cerco per tempo di ripararmi. Sono diventato un po’ sordo e, questo, per tante ragioni può essere un vantaggio: non sento più quel rimbombo dei tuoni che mi hanno sempre terrorizzato; ora li avverto molto meno, specie se il televisore è acceso. Anche la mia vista non è più quella di una volta: vedo le sagome, ma non più le forme esatte, però anche questo mi consente di non scrutare più quelle saette nel cielo che mi hanno sempre terrorizzato.
Ora immagino che vorrete sapere qualcosa del mio carattere. Voglio essere sincero con voi: non sono mica tanto buono! È che io mi sforzo di esserlo e anche parecchio, ma sono troppo irruento, ansioso e anche molto pauroso. Il mio aspetto imponente può far credere che io non tema niente e nessuno, ma non è così: ho tante paure che mi porto fin da quando sono stato separato dalla mia mamma e mi hanno picchiato perché non volevo ubbidire agli ordini. Ho ancora paura ma, ad essere sincero, mi sono sempre ribellato alle imposizioni. E quando sono spaventato, capirete che vado in ansia e mi metto sulla difensiva e posso anche commettere gesti di cui poi mi pento, ma che mi vengono istintivi. Prometto sempre a me stesso di comportarmi con saggezza: “Fai il bravo Thomas”, mi dico, come piace a lei, come si conviene a chi ha molto vissuto, ma ogni volta vado nel panico e combino tanti pasticci. E lei si arrabbia e poi io ci rimango male. Qualche volta si mette a piangere e così mi avvicino a lei, cerco di asciugare le gocce che le scendono giù con la mia lingua. E così siamo tristi tutti e due.
Però quando saliamo sulla nostra macchina e ce ne andiamo a zonzo, io sono veramente felice perché lei è allegra e comincia a cantare le canzoni alla radio. Dentro c’è il mio odore e il suo e potrei riconoscerla da lontano fra mille altre auto. Però non mi piacciono le altre macchine che ci passano vicine, ho paura che possano farle male, e così comincio ad agitarmi perché nessuno si deve avvicinare a lei, soltanto io. E sapete che vi dico? Io credo che lei con me sia veramente felice, ebbene sì, prendetemi pure per presuntuoso ma io so tutto di lei e lei sa tutto di me e questo è bellissimo. E cercherò di sopportare il dolore e continuare a starle vicino e a difenderla perché è soltanto questo che desidero. Cos’altro potrei volere? E così, anche se sono stanco e indolenzito, sopporto il dolore per tutta la notte e aspetto che venga mattina per vederla di nuovo e trascorrere insieme un’altra giornata. Perché non potrei sopportare di non vederla più e credo che prima o poi possa accadere. E allora la nostra storia diventerebbe proprio molto triste. Ma ora vi devo lasciare perché lei si sta avvicinando e questa è l’ora delle coccole che mi piacciono tanto. E un’ultima cosa vorrei dirvi: ora mi sento felice. Vi sembra poco?
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