Racconto di Fabio Losacco
(Quinta pubblicazione)
Marisa si svegliò assai soddisfatta per ciò che aveva compiuto l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie.
Del resto faceva la maestra da tantissimi anni ed era certa di conoscere alla perfezione quello che era meglio per i suoi alunni.
I genitori invece avevano fatto un sacco di casino ed erano andati perfino a protestare dal preside.
Lei però era stata irremovibile e, pur ascoltando tutti educatamente, non aveva certo cambiato idea.
È vero che forse avrebbe anche potuto scegliere un giorno diverso da quel 22 dicembre, ma in fondo non avrebbe fatto poi molta differenza, visto che i suoi allievi di quinta erano ormai grandi e grossi e non potevano essere così stupidi da credere ancora che un vecchio, barbuto e soprappeso, portasse loro dei regali!
“Per tutti quelli di voi, e spero siano rimasti in pochi, che ancora ci credono, voglio svelare piccolo un segreto. Babbo Natale non esiste e tutti i regali che vi arriveranno saranno solo merito della generosa bontà dei vostri genitori!”
Dopo meno di un istante si era scatenato il finimondo, con la classe trasformata in una bolgia dantesca dove qualcuno piangeva di delusione e altri ridevano a crepapelle.
Marisa invece era rimasta a guardare, soddisfatta per il suo operato e sempre più sicura della propria scelta.
“La verità viene avanti a tutto!” si ripeteva costantemente e anche quella volta era stato così, come del resto era giusto che fosse.
Mentre ripensava a quei due giorni, così faticosi e frenetici, si preparava per la messa di mezzanotte alla quale non sarebbe mancata per nessuna ragione al mondo e dove, dopo la morte dei suoi genitori, sarebbe andata da sola.
In molti pensavano che l’esistenza della maestra Marisa fosse troppo solitaria, ma lei aveva un’idea completamente diversa.
Non condividere la vita con nessuno era infinitamente meglio che scegliere un uomo da tenersi in casa e a cui fare da cameriera prima e da badante poi, dovendo anche soddisfare a comando i suoi luridi e vomitevoli appetiti sessuali.
Nessun uomo in casa, nessun amico, che col tempo sarebbe divenuto solamente un peso, e nessun animale da accudire e di cui smaltire urina e feci.
Quella era stata la sua decisione di cui, nemmeno per un momento, si era mai pentita.
Fuori adesso faceva molto freddo e qualche piccolo fiocco di neve aveva cominciato a scendere dal cielo, anche se non abbastanza copioso da rendere il Natale bianco come avrebbe dovuto essere.
Indossò il piumino nuovo, le scarpe nuove, il maglioncino nuovo e il cappello di lana rosa, nuovo anch’esso.
Amava vestirsi di nuovo per la messa di Natale e quella cosa la faceva sentire felice, cosa per lei molto rara.
Chiuse tutto e scese le scale, evitando accuratamente l’ascensore dove poteva essere costretta a condividere quello spazio angusto con qualcuno dei suoi odiosi e odiati condomini.
Arrivata a piano terra uscì e fu accolta dall’abbraccio dell’aria gelida della notte. La neve ora cadeva più fitta ma non come avrebbe desiderato. Una Firenze davvero innevata Marisa l’aveva vista pochissime volte e ancora ricordava con nostalgia l’inverno in cui la temperatura era scesa a meno venti gradi sotto lo zero e tutta la città si era trasformata in un villaggio della Scandinavia.
Nella sua strada non trovò nessuno e questo la rassicurò facendola rilassare. Odiava incontrare i sorrisi degli sconosciuti che per le feste credevano fosse un dovere essere gentili, aspettandosi poi di essere addirittura ricambiati.
A lei queste smancerie non interessavano e non voleva proprio partecipare a quella kermesse di ipocrita bontà.
Iniziò a camminare spedita, stando bene attenta a non scivolare sull’asfalto che iniziava a ghiacciare e tenendo lo sguardo ben fisso in avanti.
Durante il breve tragitto le piaceva che ad accompagnarla fosse il pensiero che fra pochi minuti si sarebbe seduta sulla panca in ultima fila nella chiesa del quartiere.
Da sola.
Era così tanto presa dalle sue riflessioni che non si accorse nemmeno del rumore che le si avvicinava alle spalle facendo in briciole il silenzio notturno.
Era quello di un motore al minimo dei giri.
Marisa continuò a camminare e il rumore a farsi più vicino. Poi uno strattone improvviso le sfilò la borsa che portava a tracolla e la fece rotolare a terra. Il rombo si fece allora più intenso e lo scooter iniziò ad allontanarsi velocemente. Lo guidava un uomo grasso che indossava uno stupidissimo costume rosso.
Marisa si rialzò a fatica, urlando a squarciagola all’indirizzo del fuggitivo.
“HO HO HO” fu la risposta che ricevette, insieme al dito medio che il ladro alzò all’indirizzo della donna.
Il rumore del motore continuò ad allontanarsi ma, poco prima di sparire del tutto, parve trasformarsi nello scalpiccio degli zoccoli di un cavallo.
Ma forse erano di una renna.
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