Racconto di Elena Tracq

(Seconda pubblicazione)

 

 

La zia Clementina, anni novantotto, ottima salute ma una bronchite di troppo, ci ha lasciati.

Se ne è andata nel sonno dopo tre colpi di tosse, senza disturbare, così come ha vissuto. La zia Clementina, come l’omonima del traditional americano, era la figlia di un cercatore d’oro.

Suo padre, Luigi, aveva passato una decina d’anni nel Klondike arricchendosi moderatamente, ma imparando perfettamente a conoscere i suoi polli e a non farsi imbrogliare.

Tornato in patria, preceduto dalla bella barba da minatore selvaggio (pare non se la sia mai tagliata, nemmeno dopo che era diventato una vera personalità locale), uomo ormai maturo e con una buona borsa, si accasò con la mamma della zia Clementina, Battistina. Narrano le historiaefamiliae che questa zia Battistina fosse passabilmente brutta, ma di grandi talenti. Appassionata cacciatrice, fece centro nel cuore di un uomo che aveva vissuto con lupi ed orsi. Lui la condusse all’altare ben presto e, a quanto è dato sapere, mai rimpianse il gesto.

Luigi commerciava in legname, allevava cavalli da tiro e pollame.

I cavalli da tiro vennero poi soppiantati dai furgoni, ma sempre di cavalli si trattava. La prima guerra mondiale non intaccò le sue finanze. Sopravvisse alla spagnola e al tifo. La crisi del ‘29 non gi fece un baffo, perché, manco a dirlo, aveva investito in oro e terreni. La seconda guerra mondiale lo vide, ormai vecchio, cedere la signoria ai figli e ritirarsi sdegnato dall’umanità guerriera in una cascina in montagna, al limitare del bosco, lui, Battistina e Clementina, destinata a rimaner zitella e a curare i “suoi”.

Così la zia divenne la storia vivente della famiglia poiché i genitori e gli altri parenti anziani che andavano a far loro visita, raccontavano gli aneddoti del passato e lei li memorizzava scrupolosamente; ma oltre a trasformarsi in un libro di storia, zia Clementina si era trasformata in un’oculata investitrice. I suoi due fratelli, infatti, mandavano avanti gli affari e si prendevano un bello stipendio, ma ogni anno i dividendi erano ripartiti in tre quote uguali.

Avendo una certa liquidità ella si ingegnò non solo a conservarla ma ad aumentarla. Seguiva una regola semplice ed efficace: investire solo quando si capiva cosa si stava comprando.

Poiché gli svaghi in cascina non erano molti, ella si dedicava con acribia alla lettura del quotidiano locale e di un quotidiano nazionale. La pagina della borsa l’affascinava. Dietro ai nomi delle società quotate, immaginava un mondo che, più per ceto che per censo, le era precluso. Così a forza di leggere ed immaginare, aveva mentalmente tracciato diversi grafici sull’andamento delle fortune finanziarie di parecchie imprese. Fatto sta che la Nostra, chiesto il permesso all’anziano padre, investì con successo una piccola cifra, poi un’altra e poi un’altra ancora. Dopo qualche anno di accorte piccole speculazioni, Clementina si ritrovò con un capitale di tutto rispetto, oltre a quanto percepiva dai fratelli, e quanto aveva ereditato dall’ormai defunto padre.

Si fecero allora sotto certi mosconi! Furono prontamente rispediti al mittente. Sia l’anziana zia Battistina che la figlia avevano l’occhio lungo sugli uomini. Zia Clementina era forse anche meno avvenente di sua madre. Poiché ne era ben conscia, tendeva a non dar credito alle lusinghe dei cacciatori di dote. Però, eh in ogni favola c’è un però, però il figlio del fattore, il Zuan, cioè il GianniBiroccio, non le dispiaceva.

Serio, religioso come lei ma non bigotto, buon camminatore, mediocre ballerino ma sempre pronto a entrare in pista, sebbene con misura, astemio, rispettoso ma non servile, gran lavoratore, non molto alto ma dalla corporatura proporzionata, la zia Clementina ogni tanto un pensierino ce lo faceva, ma non avendo ricevuto alcuna educazione sentimentale, non sapeva proprio come comportarsi. Per fortuna qualcuno aveva inventato il Mese di Maggio con le messe serali all’aperto. Clementina ci si recava sola, la mamma era troppo malmessa, tenuta sottocchio a distanza e con discrezione dal beghinario affiliato alla prozia Battistina. A questo non sfuggì qualche sguardo lanciato da Clementina a Zuan e così il consiglio di guerra del Canto Mezzo si recò al Fienile del Canto Alto, rispettoso si sedette sull’aia fino a quando la Pina, madre del Zuan Biroccio, comparve.  Il beghinario la mise a parte dei propri sospetti e la Pina fece la faccia scura ma nel suo cuore le campane suonavano a festa. E quale cuore non avrebbe gioito?  Clementina, agli occhi di una pia donna, era la Sisal fatta persona.

Narrano che Zuan, sentita la storia dalla viva voce della madre, preferisse partire subito per l’Africa, da cui tornò solo qualche decennio più tardi.

Così, perso il suo unico grande amore, zia Clementina tornò alla borsa e si recò in banca, dove, complice l’aspetto semplice e dimesso, qualcuno pensò di turlupinarla, però come dice un vecchio adagio: “andarono per suonare e furono suonati”. Per farla breve, un paio di impiegati trovarono motivo di grande fascino nel conto corrente e in quello dei titoli di Clementina. Le fecero trovare cioccolatini, fiori e altri piccoli omaggi ogni volta che si presentava allo sportello. Fecero in modo che la loro pausa caffè coincidesse con la di lei uscita dalla Cassa di Risparmio per invitarla a pendere qualcosa al bar. Un po’ per vera modestia, un po’ per fiuto, la zia rispose invariabilmente “no grazie, come se avessi accettato”.

Sospettosa, non tardò a chiedere ai due bellimbusti di non sprecare i loro denari, che secondo lei non dovevano neanche essere molti, in inutili presenti. Li utilizzassero piuttosto per qualche opera pia, se la volevano far felice. E se ne andò, senza ancheggiare, sui suoi solidi mocassini, verso la cascina.

Così fra una lettura delle quotazioni in borsa, un viaggetto in qualche luogo di culto in compagnia di un paio di fedeli amiche d’ infanzia, una settimana in Liguria e una in Trentino per ossigenare i polmoni, Clementina si ritrovò all’alba dei cinquantacinque anni sola e ricca.

Fu proprio mentre annaffiava le piante sul ballatoio della scala esterna, due settimane dopo il suo compleanno, che si sentì chiamare da una voce maschile. Ingrigito e anche un po’ ingrassato Zuan le sorrideva. Clementina sentì il cuore accelerare, ma si dominò.

Zuan le raccontò che era stato in Sudafrica, e ora non lo si poteva certo definire povero, anzi stava piuttosto bene. Coltivava il cabernet, perché là nessuno lo conosceva e così lui aveva fatto scuola e aveva cominciato anche ad esportare in Nuova Zelanda e in Australia. Moglie l’aveva presa ma era deceduta un paio di anni prima, di figli ne aveva quattro. Due stavano nelle vigne, una era emigrata a Sidney e pensava a sviluppare le vendite del cabernet, mentre l’ultimo, proprio non ne voleva sapere di vino a meno che non fosse santo e così si era fatto prete.

Lui aveva parecchia nostalgia dei luoghi nativi e dunque era tornato.

“ E hai pensato di passare da me?” Chiese Clementina trepidante.

“Sì, volevo vedere se c’eri e come eri. Raccontami un po’!“ le disse mentre lei gli versava il caffè nelle chicchere di madreperla.

“Me la godo” cominciò Clementina “ogni tanto butto in aria olcapél e mi faccio una girata con l’Ernestina e l’Italia.” E in breve gli riassunse la sua vita.

“Ci verresti con me in Sardegna?” le chiese Zuan.

“A far cosa?”

“Eh! c’è un malvasia che mi interessa. Saresti mia ospite. Camere separate, si intende.”

“Ci penso e ti dico. Ma tu dove stai?”

“Da mia sorella, al Fienile.”

“Bene, allora opasso di lì o telefono alla Lisetta”

“Brava! Ti aspetto.” sorrise Zuan e si accomiatò.

Clementina non era adusa alle fantasticherie, ma concesse un quarto d’ora di libera uscita al suo super io e così si trastullò con l’idea che Zuan fosse tornato per lei. Quando il super io riprese il proprio posto, Clementina telefonò al direttore della Cassa di Risparmio e chiese informazioni sullo stato di salute dei conti di Giovanni Adobati, detto corampopulo Zuan Biroccio ora John Adobait, e, già che c’era, anche della Lisetta, ché fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.

Ci vollero alcuni giorni prima di aver una risposta. La Lisetta viveva della sua pensione di operaia specializzata, idem l’ Alfio, suo marito. La casa era sua da sempre e affittava due stanze del Fienile agli insegnati meridionali che si trasferivano per le supplenze. I figli erano accasati e lavoravano, insomma non c’era da scialare ma ci si poteva vivere tranquillamente.  Zuan se la passava proprio come aveva detto, aveva una società agricola con i figli e produceva cabernet. Gli affari andavano bene. Questo riempì di letizia il cuore di Clementina, perché sgombrava l’orizzonte da una potenziale proposta di interesse.

“Ma quale proposta? Che balossa sono!“ Si disse.

Lasciò passare ancora un giorno e poi telefonò a Lisetta, dopo i convenevoli si fece passare Zuan e accettò l’invito.

Dopo qualche giorno, partivano in nave per la Sardegna. Clementina aveva sguinzagliato le amiche più fidate e si era rifatta parte del guardaroba. Era molto fiera di un bel tailleur blè corredato di camicetta candida di piquet e scarpe col mezzo tacco. Aveva impiegato tre giorni per capire come ci si muoveva con quelle trappole ai piedi. Si era persino fatta la permanente.

Ed eccoli in riva al mare a contemplare il tramonto.

Zuan la guardò intensamente negli occhi e poi: “Cleme, ecco la mia proposta” le disse estraendo dalla tasca un foglio che aprì con ogni cura. “Questo è il mappale delle colline vicino alla mia proprietà in Sudafrica.”

Clementina sentì una piccola fitta al cuore ma lo lasciò continuare, forse pensava a quelle colline come al loro nido d’amore.

“Ecco vedi, quella terra lì non va bene per il cabernet, però secondo me il malvasia, che vien su dappertutto, potrebbe attecchire. Così mi sono detto: ma perché non mi faccio la mia vigna e lascio il resto ai ragazzi?”

Clementina non parlava. Zuan continuò “Però, ho pensato, peccato essere tutto solo in questa impresa.” Il cuore di Clementina prese a battere forte. “Ci vorrebbe un socio, una persona pratica, leale, con un capitale pari al mio, almeno. Una persona che non viva qui, ma che mi conosca bene, per fidarsi. O, io poi i conti e i libri li terrei sempre a disposizione.”

“Quanto?” chiese Clementina che capita l’antifona aveva seduta stante abbandonato ogni velleità amorosa.

“Beh io pensavo due sacchi, per cominciare. Ma tutto dal notaio eh, facciamo very British, come si dice laggiù”.

“Sta bene, ma sono socia al 51%, oppure al 50, ma con la clausola che io posso sbatterti fuori se la cosa non rende, ma tu non puoi sbattere fuori me.”
“Ma Clementina!”

“Se ti va è così, se non ti va è così lo stesso.”

“Certo che mi va” borbottò Zuan.