Racconto di Piergiorgio Andreani

(Seconda pubblicazione)

 

 

5 luglio, ore 19.38

«Mamma, è successa una cosa.»

Teresa, seduta nella poltrona su cui ormai passava le giornate, girò lentamente la testa verso sua figlia Francesca. Il suo sguardo era assente.

«Mi ha chiamato Damiano, il figlio di Lorena. Lei… ha avuto un attacco di cuore poche ore fa. Non ce l’ha fatta.»

La madre continuò a fissarla. L’Alzheimer in fase avanzata non le permetteva molto di più.

«Passava a trovarti almeno una volta al mese. Non la riconoscevi più dall’estate scorsa, ma lei veniva comunque. Ti voleva così bene. Un’amicizia lunga una vita.»

Nessuna apparente reazione negli occhi di Teresa. Francesca sospirò. Poi si alzò e si avviò verso la porta.

«Beh… Faccio un salto al supermercato prima che chiuda. Torno in un lampo, così ceniamo.»

«Promesso.»

Francesca si fermò. Capitava sempre più di rado che la madre parlasse.

«Come hai detto?»

Teresa guardò verso la finestra. Non sembrava più assente, ma preoccupata.

«Promesso.»

La figlia aggrottò le sopracciglia.

«Ma sì, tranquilla, torno subito. Te lo prometto.»

Ore 19.57

Quando Francesca rientrò, la poltrona era vuota. Guardò ovunque e scoprì con sgomento che la madre non era in casa. Le parve assurdo. Ormai Teresa non camminava quasi più ed era sicura di aver chiuso la porta a chiave. Chiamò i carabinieri, che mandarono una pattuglia in zona e le consigliarono, nel frattempo, di cercarla nei dintorni.

Ore 23.11

In un paesino circondato da dirupi era imprudente andare in giro con poca luce, ma Francesca vagò per più di due ore dopo il tramonto, prima di tornare a casa distrutta e disperata. Telefonò a suo marito, fuori per un’escursione di due giorni col loro bambino in montagna, e gli raccontò tutto piangendo.

6 luglio, ore 00.03

Damiano, ancora sveglio nella casa che condivideva con la madre fino a poche ore prima, sentì dei passi in giardino. Si alzò e, cercando di non fare rumore, uscì: Teresa sedeva nella veranda, con una vecchia scatola di metallo, sporca di terra, in grembo.

Ore 00.05

Il telefono di Francesca squillò: lei rispose e Damiano le fece tirare il più ampio dei sospiri di sollievo. Come Teresa fosse riuscita a percorrere il chilometro di stradine scoscese che separavano le due abitazioni, per giunta senza essere vista, era un mistero. Avvertì i carabinieri e suo marito, e si precipitò laggiù.

Ore 00.19

Francesca precedette la pattuglia di pochissimo. Ringraziò e congedò i carabinieri. Si avvicinò alla madre e le chiese cos’era successo. L’anziana non rispose, ma sorrideva come non faceva da tempo. Porse la scatola alla figlia. Lei la prese e la aprì. Dentro c’erano una bambola vecchissima e un biglietto di carta sgualcito, scritto in un bel corsivo. Lo lesse ad alta voce.

«Oggi, 5 luglio 1952, io, Teresa Noto, compagna di banco e migliore amica di Lorena Costanzi, prometto che, se domani l’operazione andrà male e le accadrà qualcosa di brutto, verrò a prendere questa bambola e la farò seppellire con lei.»

Damiano sorrise commosso.

«Mia madre subì un intervento a otto anni. La cardiochirurgia era agli albori. Rischiò molto, ma andò tutto bene.»

Poi aggiunse, rivolto all’anziana:

«Teresa… grazie. Alla bambola ci penso io.»

«Promesso.» rispose lei.

Francesca si girò di scatto e guardò sua madre. Sorrideva ancora.