Racconto di Titti Preta
(Prima pubblicazione – 20 gennaio 2020)
Vicchio del Mugello, 30 luglio 1984, domenica sera. Gilda Pia è tesa, cosa che non le accade quasi mai. Solitamente è un raggio di sole: majorette nella banda di Vicchio, il suo paese, fa la cassiera al bar della stazione; è fidanzata con Claudio, studente universitario, e ha tanti sogni in testa.
Ma, da alcuni giorni, strani approcci, avvenuti al bar, la turbano. Si è confidata col datore di lavoro, non con i genitori, ai cui occhi vuole apparire radiosa.
Bella, bionda, buona. Una bambolina bionda è Pia. La figliola per cui babbo Renzo stravede. L’ha avuta dalla seconda compagna, la danese Winnie che, più contenuta nei sentimenti, comprende le richieste della figlia e l’asseconda, “ammorbidendo” il marito.
In paese tutti conoscono “la Pia”, ma non tutti sono leali con lei. Qualcuno ne segue i movimenti. La sua sfavillante presenza, l’esuberanza fisica e i modi aperti non passano inosservati a chi ama puntare “le fanciulle in fiore” e pedinare le coppiette che, magari dopo una giornata di studio o lavoro, decidono di chiudere la serata nel più dolce dei modi.
Il Mugello, e in generale la campagna toscana, è da sempre territorio di caccia dei voyeur. È insidiato così il paradiso dei giovani amanti che, al chiaro di luna, in auto come la suite di un albergo, vivono il loro idillio sui poggi che fan da giogo all’opulenta Firenze.
“Le dolci colline toscane”: un locus amoenus ormai tenebroso. Da diversi anni si stanno verificando efferati delitti che hanno atterrito gli innamorati. Per loro i boschi sono il posto ideale in cui alimentare i “sogni proibiti”, rimembrando i versi di Lorenzo il Magnifico: “Quanto è bella giovinezza, che si fugge tuttavia. Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza.”
Luoghi che riecheggiano la spensierata brigata boccaccesca: dieci giovani che fuggono da Fiorenza appestata per trovar rifugio nel contado, narrando cento novelle in cui vigono amore, cortesia e gentil core.
Il Mugello è un giardino delle delizie, consacrato da Leonardo, Giotto, Botticelli: un’Arcadia primigenia, convegno di ninfe e fauni son questi colli… se non fosse per un maniaco omicida che vi semina il panico!
Una catena di delitti pazzesca che agita soprattutto i genitori, disposti a lasciar libera la casa per garantire ai figlioli un’opportuna intimità, piuttosto che saperli dispersi nella macchia.
La gioventù è sinonimo di ignoranza voluta e di ostentata spavalderia. Tanti ragazzi s’imboscano comunque, anche se la campagna d’informazione c’è stata e persiste tuttora. I volantini con su scritto: “Occhio, ragazzi!” tempestano i paeselli attorno Firenze, che è balzata ai clamori della cronaca nera nel mondo intero.
Renzo, padre tradizionalista, vorrebbe evitare che la sua “bambina” si appartasse nei paraggi e, per quanto può, la sorveglia. Ma è spesso fuori: fare il meccanico navale lo porta a girare il mondo. Un lavoro ben remunerato che fa vivere agiatamente la famiglia.
Luglio 1984: Pia, neodiplomata, non vuole iscriversi all’università, perciò lavora al bar dove, ogni sera, arriva il suo Claudio per ricondurla a casa, non senza aver prima trascorso fuggevoli momenti di intimità.
Una sera Pia gli confessa che un uomo l’ha importunata e che l’ha rimesso in riga.
Perciò non è serena: strani tipi trovano nel bar un equivoco punto di raduno. Gente malata, con malsane idee in testa, che sfogliano riviste pornografiche e si acquattano nei boschi per cacciar di frodo… o per qualcos’altro. Il bosco: oscuro e denso di minacce, è ricettacolo di vizi.
La provincia alimenta una vita segreta fatta di depravati, guardoni, gente di malaffare e prostitute che si acquattano tra le frasche.
30 luglio 1984: Renzo è a Livorno, per lavoro. Pia rincasa prima della chiusura del bar, talmente nervosa che mamma Winnie le suggerisce di svagarsi con Claudio. “Starò via solo un’oretta”, promette la ragazza col solito sorriso sulle labbra. Non sarà così.
I fidanzatini, presi dalla passione, prolungano la serata nella Panda celeste di Claudio, parcheggiata in fondo a una strada sterrata al limitare di un bosco.
Winnie, assopitasi davanti alla tv, si sveglia di soprassalto. Sono le 23,00 e Pia non è ancora tornata. Chiama la mamma di Claudio, pure lei in allarme, e si danno appuntamento in piazza. La polizia non si mobiliterà se non dopo un certo numero di ore.
Il paese è piccolo, la voce corre: nessuno degli amici sa dove siano i due ragazzi …e la paura comincia a farsi palpabile.
Si ricorda la coppietta straziata a Baccaiano due anni prima, Antonella e Paolo, e poi i due turisti tedeschi crivellati l’anno prima a Giogoli nel furgoncino.
In preda a cupi presagi, si avviano le ricerche. Sarà una notte senza fine.
All’alba, il proprietario del bar riconosce, in località La Boschetta, la Panda di Claudio. La raggiunge e fa la drammatica scoperta: il ragazzo è stato ucciso a colpi di pistola nell’automobile. Il cadavere di Pia è disteso sull’erba, nudo, con il pube ed il seno sinistro completamente asportati. L’assassino si è accanito con diverse coltellate sui corpi. Pia è stata trascinata fuori dalla vettura e lì si è compiuto il macabro rito.
Winnie e Renzo vivranno la prova più terribile della loro vita. Dopo il funerale, Renzo, non riuscendo a rassegnarsi all’assurdità della perdita, e ben conoscendo i tempi della giustizia, inizia a organizzarsi affinché “i delitti del mostro” non vengano dimenticati dall’opinione pubblica.
Dapprima, pensa a un segno tangibile. Così pianta sul terreno dove è avvenuto l’assassinio due croci con impressi i nomi di Pia e Claudio.
Quindi tenta di coinvolgere alcuni familiari delle vittime in una possibile associazione, ma senza risultati.
Infine, scantona nel paranormale e prova il consulto di una medium, che millanta di conoscere chi sia il mostro di Firenze e di riuscire a trovarlo. Ù
Dopo aver speso tanti quattrini, tutto si rivela inutile e la donna di eclissa. Le indagini porteranno Renzo a essere adescato da diversi mitomani ai quali ingenuamente crede. In più, rinuncia al lavoro per non allontanarsi mai da Vicchio e da Firenze.
Settembre 1985. Il mostro di Firenze colpisce per l’ultima volta, nella campagna di San Casciano in Val di Pesa, alla frazione Scopeti, in una piazzola attorniata da cipressi, attigua ad un cimitero. A morire è una coppia di turisti francesi, sorpresi nella loro tenda: Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili. Il serial killer asporta alla donna, come con Pia, il pube e la mammella sinistra e la richiude nella tenda. L’uomo, che aveva tentato la fuga, è ucciso a coltellate e nascosto dietro una siepe, tra l’immondizia.
A 35 anni dall’ultimo delitto del “mostro di Firenze”, i familiari delle vittime attendono di conoscere ancora tutta la verità sulla catena di sangue che ha stretto in una morsa di terrore la Toscana per 17 anni e ha privato della vita dei giovani che avevano commesso un’unica colpa: di amarsi incautamente all’aperto, in una notte senza luna.
Fiori recisi in nome di un tragico “contrappasso”: come se, dalla gioia più grande, si scadesse nel macabro e alla luce della vita si sovrapponesse il nero della morte.
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