Racconto di Claudio Spadoni
(Seconda pubblicazione)
Istituto Neurologico Carlo Besta
La verità.
E così è arrivato il lunedì e sono rientrato in ospedale. Il tempo di svestirmi, rimettere gli abiti nell’armadietto, indossare il pigiama e mi hanno fatto il prelievo del midollo osseo. Da quel momento non ho saputo più nulla fino a questa mattina, che è mercoledì, quando mi hanno detto: “Sig. Spadoni, oggi iniziamo la terapia.”
Terapia per che cosa?
Nel reparto dove sono ricoverato le terapie possibili per le patologie esistenti sono due: cortisone in dose massiccia o chemioterapia. E la chemio si sa che è per gli ammalati di tumore. Ma se come me ancora non sei informato della malattia che ti ha colpito, non sai quale delle due ti toccherà.
E qui inizia la roulette con tutte le sue incertezze.
A seconda della flebo che appenderanno al trespolo di fianco al tuo letto saprai: boccetta trasparente cortisone, boccetta avvolta nella stagnola chemio.
E oggi la roulette tocca a me… che ancora non so.
La roulette arriva vestita dei panni del carrello delle flebo mentre il croupier è l’infermiera di turno, tutta di bianco vestita con il sorriso sempre presente. Oggi è Silvia, una corpulenta bergamasca di poche parole (e quelle poche ruvide, come i suoi modi) ma brava. Si muove sicura e denota abilità e abitudine nei gesti che fa. Mi volta le spalle mentre armeggia per preparare i medicamenti.
Ed il mio cuore inizia a battere più forte.
Tendo l’orecchio nella speranza che mi porti indizi: se sento rumore di stagnola che viene toccata vuol dire… se non la sento… se sento tintinnio di vetro è trasparente… se non sento il tintinnio…
Stagnola tumore, trasparente no.
Quale sarà per me?
Nell’attimo stesso in cui esprimo il mio ultimo dubbio lei si volta… ed io la guardo.
Che strana apparizione!
Ha la flebo racchiusa fra le sue braccia che mi sembra un neonato in fasce, che però luccica. La vedo che si muove come avvolta da una leggera foschia e si avvicina a me, piano e senza rumore… e si avvicina e avvicina la mano sinistra alla flebo che tiene in grembo.
Chiudo gli occhi…
Rien ne va plus! il rosso vince, il nero perde…
Intuisco che ha allungato il braccio verso il mio trespolo perché sento il fruscio della flebo sul suo camice e poco dopo il leggero rumore che fa la flebo agganciata. E gli occhi sempre chiusi serrati da far male.
Li apro? Non li apro?
Non posso far altro che aprirli se voglio finalmente sapere.
E li apro… e guardo… e ho paura… E la vedo…
Trasparente!!!
Il cuore impazzito batte più forte di prima, ma ora con più leggerezza.
La stanza si è di colpo illuminata, il soffitto bianco è immacolato e il rumore si è trasformato in musica. Mi viene in mente un passaggio di una vecchia canzone di Nada: ”Ride chi vince, chi perde piange…”
Io non ho vinto, ma non piangerò.
Non piangerò perché ho perso molto meno di altri che sono qui dentro.
Nella trasparenza di una flebo mi è rimasta la speranza.
La sera è arrivata con le sue ombre che allontanano gli ultimi bagliori del giorno.
La sera è arrivata e con lei la diagnosi certa e definitiva:
Sclerosi Multipla Primaria Progressiva.
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Alberto ha parlato nel sonno questa notte.
Ha parlato e chiamava la sua bambina.
Elisa ha tre anni, ha i capelli biondi e gli occhi chiari della madre.
Alberto dice che da parte di padre ha preso il naso e la bocca.
Spera però che diventi più bella come donna di quanto non lo sia lui come uomo.
Da come la invoca nel sonno si capisce che la ama tanto.
Alberto ha trentun anni ed è tenente di vascello della Marina Militare Italiana.
E’ uno dei 2800 marinai che partecipò alla guerra del Golfo.
Ora è in congedo per malattia.
Alberto è nel letto di fianco al mio.
La sua flebo è di stagnola argentata che brilla come una stella cometa e gli sta facendo contare gli ultimi 180 giorni della sua vita.
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Fuori dal Besta la vita continua a correre come un’auto impazzita, al ritmo dei nostri presunti bisogni e delle nostre cieche follie. Inarrestabile…
Se solo sentissimo…
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