Racconto di Patrizia Gaudiello
(Terza pubblicazione)
A un certo punto arrivò la signora.
Anzi no: la signora apparve!
Come dal nulla e circonfusa di luce, o almeno questa fu l’impressione immediata.
Altera e quasi regale, avanzava sui tacchi alti accompagnando ogni passo con un sapiente, morbido e forse eccessivo ondeggiamento dei fianchi. Fine ed elegantissima nell’abitino blu che le arrivava poco oltre metà coscia, un foulard trasparente a lunghe frange che dalle spalle cadeva leggero e sciolto sul generoso décolleté, si sedette sulla panchina vuota di fronte alla sua accavallando le gambe con studiata lentezza.
Mai in tutta la sua vita di tombeur de femmes seriale (così lo definivano), un accavallamento gli era parso intrigante e invitante come quello.
Invitante, sì, come ti sbagli?
Un’apparizione vera e propria, roba da togliere il fiato.
La signora stava gustando da un cono un gelato a più gusti e intanto fissava la superficie azzurra del piccolo lago artificiale alla sua sinistra, a qualche metro di distanza.
Che splendido profilo!
A che pensava? O a che fingeva di pensare?
Dopo un po’ la mano libera partì alla ricerca di qualcosa poco sopra la nuca e ne tirò fuori una grossa forcina, poi agitò più volte la testa e una cascata di capelli le piovve sulle spalle in capricciose onde soffici e disuguali. La vide sollevare appena il viso verso il sole, palpebre abbassate, e offrirsi con dichiarata ma discreta sensualità al piacere del tepore pomeridiano di fine estate. Quell’attimo di distrazione le aveva fatto però colare un po’ di cioccolato lungo la cialda e sulla mano, ma lei rimediò subito accostando dolcemente le labbra dapprima alla pelle, da cui succhiò il rivolo, e poi lungo l’intero bordo del cono, che oramai quasi vuoto affrontò e distrusse in ripetuti e piccolissimi morsi delicati.
Chi era quella creatura magica e inquietante?
Qual era la sua storia misteriosa?
Come mai una donna così si ritrovava a gustare un gelato tutta sola sulla panchina di un parco pubblico? Raro, a suo avviso, o quanto meno insolito.
A meno che…
A meno che, per l’appunto, la signora non fosse in cerca…
Dopotutto lui l’aveva vagamente intuito dopo pochi secondi, era uno pratico. La carriera ti insegna tanto, ti affina le antenne, ti forma per così dire.
I raggi già obliqui del sole, a cui la signora continuava a offrirsi con esplicito godimento, le accarezzavano ancora l’ovale ambrato, delicato e fine mentre si mordicchiava il labbro inferiore e con la punta delle dita si sfiorava appena, con un non so che di malizioso, la base del collo e la parte alta del petto per eliminare le briciole del cono.
Quasi donna d’altri tempi!
Un quadro d’autore!
Era scappata forse da un dipinto di Boldini, le cui figure femminili lo avevano sempre affascinato, e indossato abiti moderni? Rise senza darlo a vedere. Ma l’eccitazione, la fantasia, la prospettiva di un imminente e ormai abbastanza probabile incontro ravvicinato, tutto questo gli procurò una specie di scossa. Un’onda di calore lo aggredì poi quando la signora, nel muoversi per chinarsi a controllare qualcosa, chissà cosa, sulla punta di una scarpa, perse il foulard e restò a spalle scoperte, svelando così ancora di più il seno pieno e morbido compresso dentro la scollatura.
Quanta maestria, quanta sapienza in quel gesto all’apparenza così innocente e insignificante!
Non certo per lui, però…
Raccolto il foulard se lo posò sulle gambe, poi tirò fuori dalla borsa uno specchietto e ci si riflesse puntandolo sulle labbra per assicurarsi forse che non ci fossero tracce inestetiche di gelato agli angoli della bocca. La lingua infatti passò leggera e rapida una volta o due sulle bellissime labbra. Perché non aveva usato un fazzolettino di carta?
Ce l’hanno tutte, in borsa, almeno un pacchetto di Tempo…
Gli sembrò che durante l’ispezione la signora, sollevando lo sguardo al di sopra dello specchietto, lo indirizzasse verso di lui per un nano secondo, o forse anche meno, ma decisamente un nano secondo ormai più che esplicito.
Eppure, quando decideva di lanciarsi alla conquista della preda adocchiata e poi prescelta, gli capitava sempre di emozionarsi come un ragazzino. La signora di Boldini però lo aveva proprio stravolto! La fama di seduttore irresistibile, oltre che di attento studioso e profondo conoscitore dell’universo femminile, lo precedeva ormai da anni, ma lui sapeva di essere in fondo un gran romantico e non soltanto un amante esperto, vorace e appassionato.
Lo aveva sempre pensato di sé, e non senza orgoglio.
Mentre ripiegava in fretta il giornale e cercava di controllare la leggera accelerazione dei battiti cardiaci, ma intanto non la perdeva d’occhio, pensò alle cose che le avrebbe detto, anzi no, sapientemente sussurrato di lì a poco dopo averla raggiunta.
Immaginò ovviamente anche molto altro…
Decise infine che il momento di alzarsi e di procedere secondo i piani era arrivato.
Intanto, in lontananza, una bicicletta emergeva veloce dallo sfondo, e quando fu abbastanza vicina partì uno scampanellio, insistente, forte e fastidioso, che lo irritò facendogli a pezzi la concentrazione.
Che diamine!
A meno di dieci passi dalla preda, impettito, fiero e pronto come un condottiero prima della battaglia, fu costretto invece a fermarsi. Un uomo e un bambino, a occhio tre anni o poco più, scesero dalla bici, l’uomo la rovesciò sull’erba e poi entrambi si gettarono letteralmente sulla signora, che nel frattempo si era voltata attirata dal campanello. Il bambino, le guance leggermente arrossate forse per via della passeggiata al sole, si lasciò abbracciare e accarezzare da lei mentre le raccontava qualcosa con entusiasmo. A sua volta l’uomo si chinò sulla signora e la baciò sulle labbra, le sfiorò appena i capelli in un gesto gentile e si scambiarono una parola o due. Mentre ascoltava il racconto del bambino la signora non smetteva di sorridere, la sua bellezza accentuata dalla palese contentezza del momento, poi infilò la mano nella borsetta e ne cavò un fazzoletto di carta con cui, delicatamente, gli asciugò il viso.
Almeno questa l’aveva azzeccata, pensò, ce li aveva i fazzoletti…
Non capiva ciò che si stavano dicendo, erano stranieri, molto probabilmente turisti in vacanza.
O forse altro, chissà? Magari si erano trasferiti in Italia, vai a sapere da dove.
Ma che importanza aveva dopotutto?
Di rado, nella vita, si era sentito così imbarazzato.
Mai un coglione, questo era certo.
Fingendo di digitare qualcosa sul cellulare, perché altro in mente non gli veniva, e pur di non restare lì impalato di fronte a quei tre senza una ragione plausibile, deviò con pregevole nonchalance verso destra in direzione del laghetto.
Comunque la laurea in lingue non serviva affatto.
Ci sono gesti che non necessitano di traduzione.
Continuando a sbirciare con discrezione vide infatti il bambino, vivacissimo e inarrestabile, montare all’improvviso sulle ginocchia, posare lateralmente entrambe le mani sul ventre di lei e poi incollarci sopra un orecchio. Tra loro due, mentre l’uomo, divertito, faceva un video con il telefono, cominciò allora una specie di gioco allegro e pazzo in cui entrambi fingevano di conversare a turno con la pancia di lei, facendo toc toc con le nocche e alternando gridolini a risate. Poi, dopo un veloce bacio del bimbo schioccato su quel ventre, il gioco ebbe fine e nel giro di pochi secondi la bicicletta fu recuperata e trascinata per il manubrio e i tre si allontanarono senza fretta, lasciandosi dietro come la scia quasi tangibile di un certo non so che di assai gradevole che forse si chiamava felicità, e ne recava il profumo.
Si rilassò. Con la stessa lentezza, mentre il pomeriggio lasciava il posto a una sera dolce tipica degli ultimi giorni di settembre, si incamminò a casaccio da qualche parte.
Durante il tragitto, in precario equilibrio tra una vaga sottile amarezza, un filo di delusione ma soprattutto un fastidioso senso di disfatta per aver così clamorosamente toppato, mazzata lì per lì durissima per un ego incrollabile come il suo, pensò alla rinfusa molte cose, ma gli bastarono pochi minuti per ridimensionare l’accaduto e pareggiare i conti con sé stesso.
La signora di Boldini, sia pur senza volere e in completa innocenza, ce l’aveva messa proprio tutta per mandarlo in estasi e in confusione, per fargli pensare ciò che non era!
Quale colpa, la sua, quale maschio non ci sarebbe cascato?
Ma oramai sereno, e recuperata in pieno l’autostima, provò verso di lei perfino una sorta di gratitudine per averlo fatto anche tanto sognare.
E non era forse romanticismo, questo?
Certo che lo era, pensò, peccato solo che nessuno lo avesse ancora capito…
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