Racconto di Lucia De Bortoli
(Ottava pubblicazione – 16 dicembre 2019)

 

Una realtà d’altri tempi, un mondo duro visto dagli occhi di una bambina.
Un tenero sorriso ad una parola equivocata

– Dove va la nonna? – Chiedo a mia madre.
– In montagna.
– E perché?
– Deve comprare una mucca.
– E perché?
– Perché ci aiuta nei campi, ci dà il latte ed il formaggio.
– E perché va in montagna?
– Perché lì c’è un nostro parente che le fa un buon prezzo.
– E quanto sta via?
– Non lo so, torna a piedi con la mucca, il viaggio è lungo. Bisogna vedere se va tutto bene.
Il giorno dopo è tutto pronto, lo zio la deve portare alla stazione di Treviso, il treno la lascerà a Feltre e poi andrà a piedi per venti chilometri fino al paesino di montagna.
Abbraccio forte la nonna, tutti i vicini escono per salutarla, ognuno con una raccomandazione, un pezzo di pane e formaggio per il viaggio, una fetta di polenta, una lettera per i cari rimasti al paese.
Un po’ incerta sale sul tubo della bicicletta dello zio, borse e bagagli vengono fissati sul portapacchi. All’inizio li vedo andare un po’ a zig-zag, ma poi mio zio, che è forte e muscoloso, accelera e fila dritto.
La nonna è immobile, cerca di sorridere, ma secondo me ha paura, non è il suo solito sorriso, mostra solo i denti, ma gli occhi sono fissi verso la strada.
Ora dobbiamo solo aspettare che torni con questa enorme mucca.
Il papà ha preparato tutto. La stalla è pulita, il fieno steso per terra, l’abbeveratoio e il recinto riparati.
Il giorno dopo chiedo a mia mamma: – Oggi arriva la nonna?
– Non lo sappiamo.
– Perché?
– Perché non abbiamo il telefono.
– E come facciamo a sapere quando arriva?
– Ha detto che ci avvisa con una cartolina.
L’ultima cartolina che avevo visto era quella ricevuta da un lontano parente che viveva in Francia. L’avevamo letta tutti e mostrata anche ai vicini. Io l’avevo portata in classe per farla vedere alla maestra. Ora era incastrata in bella mostra nella vetrinetta della credenza in sala.

– Posta!
– Vado io! Vado io! Eccola! La nonna ci ha scritto! «Cari, parto domani mattina. Arrivo tra due giorni socal che ara.»
I nostri vicini di casa si chiamano Socal, lo sappiamo che hanno campi e arano la terra e con titubanza ci siamo chiesti cosa volesse dire quell’ultima frase.
La mia fantasia vola. Una frase in codice tra grandi? Chi non doveva sapere cosa? Per chi era?
Mia mamma non sembra molto preoccupata e ripone la cartolina sulla credenza vicino a quella dei parenti dalla Francia.
Dopo due giorni, verso sera, il cane abbaia forte, corro fuori.
– È la nonna! È arrivata la nonna!
Tutti si sono già dimenticati della frase sibillina, ma non io.
Dopo qualche giorno, mentre la mamma è in cucina, prendo la cartolina dalla credenza e vado da lei.
– Nonna! Cosa volevi dire qui?
– Beh fammi vedere cosa ho scritto… «arrivo tra due giorni non so a che ora».

Ancora adesso rido con affetto pensando a mia nonna che 70 anni fa aveva inviato quella frase con così tanta premura, ma che il poco studio l’aveva portata ad un dolce equivoco.