Racconto di Monica Cerullo
(Quarta pubblicazione)
Era la mattina di Natale. Il sole faceva del suo meglio per riscaldare la giornata, ma fuori dalle mura di quella piccola casa di campagna le temperature erano davvero rigide. Per la verità, il freddo si sentiva anche dentro quelle mura, nonostante il caminetto acceso dall’altra parte della stanza.
Un freddo che consuma le ossa, si insinua sotto la pelle, strappa il respiro, perché il vuoto lasciato da una persona amata, con cui si è trascorso una vita intera, una lunga convivenza fatta di tante piccole cose, è impossibile da colmare. Ovunque vagano, gli occhi cercano costantemente quella persona. È così che si sente spesso Antonio: vuoto. Lui, un uomo di ottant’anni, con gli acciacchi che la vecchiaia porta con sé, ogni giorno compie quei soliti gesti che gli consentono di rimanere a galla.
Ad esempio, proprio in quel momento, lì sulla poltrona verde chiaro, vicino alla finestra, dove Carmelina amava lavorare a maglia, lui se la figurava alla perfezione; con uno scialle sulle spalle e un altro sulle gambe, gli occhiali da vista calati sul naso sottile, le rughe a marcare il viso esile e le mani esperte che maneggiavano sapientemente i ferri. La sentiva persino parlare, ridere sommessamente. La voce era annidata nei suoi pensieri.
Carmelina aveva frequentato poco la scuola, a suo tempo, non sapeva leggere né scrivere correttamente. Era in gamba e forte su molte altre cose, però, ecco, rimettersi a studiare alla tarda età non l’aveva mai vista come una priorità. Per cui, se Antonio non era troppo stanco, mentre lei rammendava o realizzava un nuovo cappello di lana per lui e per i nipotini che vedeva di rado, gli chiedeva di leggere pagine di qualche romanzo autobiografico. Preferiva così. Le piaceva molto di più ascoltare la voce di Antonio, ed era felice. E Antonio lo sapeva, lo sapeva. Se avesse voluto davvero, sua moglie avrebbe imparato a leggere.
Antonio aveva preso in prestito molti libri dalla biblioteca fuori paese, alcuni li aveva acquistati, anche in seguito, quando in teoria avrebbe potuto smettere con quella abitudine. Ma in fondo non era così semplice. E poi, da quando i due figli se ne erano andati di casa, molti anni fa, in quanto ambiziosi e affascinati da ciò che offriva la vita di città, Antonio e Carmelina erano diventati ancor di più una sola cosa. Consapevoli di poter contare sempre l’uno sull’altro. Pronti ad affrontare qualunque situazione, perché il loro amore era forte, non si era mai affievolito, era nato, cresciuto e invecchiato insieme a loro. Solo che adesso tocca ad Antonio alimentare la fiamma e scacciare il freddo. E la lettura era stato uno dei loro momenti migliori. Per questo lui non aveva smesso.
I figli avevano telefonato la sera scorsa per disdire il pranzo di Natale poiché, causa abbondanti nevicate, i voli erano stati cancellati. Non potevano arrivare prima del 27 dicembre. Il cuore gli doleva, in effetti, a quel pensiero. Si era convinto che avrebbe trascorso le festività con ciò che rimaneva della sua famiglia. Immaginava i bambini che avrebbero corso per la casa, i suoi figli che si affaccendavano in cucina, la tavola imbandita. Invece, c’era stata un’altra delusione. Poteva esserci abituato ormai. Eppure non era così.
Il dolore, la delusione, la tristezza, la solitudine; tutti questi sentimenti li si sentono veramente, forse, solo quando si arriva a una certa età. Prima si fa fatica a realizzarli.
Per cui, anche in quel giorno, Antonio chiude la porta, si toglie il cappello, passa una mano sui radi capelli bianchi per restituire un po’ d’ordine ed essere presentabile, e rimane con il giaccone pesante. Prende un libro dalla libreria, siede sulla sedia accanto alla poltrona nell’angolo e con il sorriso sulle labbra dice: «Questa storia ti piacerà sicuramente, Carmelina mia! Vedrai!» E inizia a leggere a voce alta, perché anche se quel posto è rimasto vacante da ormai dieci anni, Carmelina è ancora lì. E finché lui sarà vivo, nulla potrà cambiare.
Scrivi un commento