Racconto di Gigi Pietrovecchio
(Decima pubblicazione – 20 maggio 2021)
Il giorno volgeva ormai al termine, con il tramonto della gigante Naranghàt che già aveva dipinto il cielo in tutte le più inimmaginabili tonalità dell’arancio, quando la composita flotta di astronavi lasciò quello che si era rivelato essere l’accogliente suolo di Pày Tsòn.
Eiréne e Yy’li Silé’nda, l’estremamente subdola cargo-cannoniera dei By’ror, si levarono a scortare l’incrociatore tascabile di Kimìn Awèr mentre una dozzina delle potenti fregate dei Déman in doppia linea andava a costituire le ali dell’eclettico schieramento.
Yy’li Silé’nda… che significa “Lo sfidato tuo Sapessi tu chi (è)” in altre parole: ”Se tu sapessi chi hai sfidato…”
Ran Thùryan rise di gusto quando sentì il nome della nave kü’llayer, ma era l’unico che poteva capirne il senso; perciò molto simpaticamente attraverso i normali canali audio passò la traduzione a tutti i componenti del suo equipaggio, provocando così i loro coloriti commenti.
La squadra eterogenea arrivò agli estremi avamposti di Pày e non appena li superò per inoltrarsi nello spazio profondo dalla prua dei vascelli dei Lupi canguri molto lentamente si materializzò una leggera cortina di nebbia, una nebbiolina grigia cosparsa di luccicanti ed intermittenti puntini che inspiegabilmente seguitavano a modificare la loro posizione, la loro consistenza, il loro colore e, soprattutto, la loro frequenza vibratoria.
… e tutto continuava a precedere le navi nella loro velocissima avanzata…
Mentre Eiréne monitorava tutti i parametri dello strano fenomeno che riscontrava davanti a sè, ed ai velivoli che viaggiavano ai suoi lati, il Capo seguiva lo sviluppo degli eventi sugli schermi di sicurezza e si appoggiava soprattutto alla collaborazione del Tenente di Secondo Cerchio Narràl Unàr, il fedelissimo Canglùpo responsabile di tutti i sistemi di difesa e d’attacco della nave biotronica.
Ran l’aveva subito intuito che il piccolo Ufficiale, durante la sosta su Pày, non era unicamente andato a trovare i suoi parenti, ma aveva anche avuto notevoli scambi di opinioni e di aggiornamenti con l’Alto Comando delle Scienze Balistiche e dell’Armeria Centrale del pianeta… e di sicuro qualcosa era stato modificato od addirittura aggiunto a bordo della nave e deliberatamente con l’avallo della stessa e, in seconda battuta, con la compiacenza del Corsaro… ed il dialogo telepatico, a livello blindato, ne aveva già dato conferma.
Era una persona importante il Ten. di S.C. Unàr, e non solo per il Maggiore ed il suo equipaggio, nel quale rivestiva un grado solo apparentemente inferiore… Diciamo pure che i membri del Governo di Pày erano molto contenti che lui fosse a bordo di Eiréne e che potesse così assumere la funzione di collegamento tra loro ed il Comandante Thùryan.
Poi lo spettacolo antistante cambiò ancora prospettiva: le luminescenze stabilizzarono la loro apparenza, i colori rimasero quelli che erano, ma, soprattutto, frequenza e vibrazione non subirono più alcun mutamento: erano ormai perfettamente sintonizzate sull’essenza spirituale degli alieni.
A bordo di Eiréne, e presumibilmente anche su altre navi, si era nel frattempo manifestato un persistente ronzio ed a volte un sussulto come fosse una turbolenza, un’evidente e decisa turbolenza, ma nulla più; ed esattamente in tali occasioni era stata fatta incetta di un’energia precedentemente ignorata o sottovalutata…
Giunsero così alla galassia degli Arpioni neri, intercettarono il sistema della gigante blu Sawèlli con i suoi dieci mondi e, dopo aver superato le orbite dei tre più esterni, si misero alla caccia di Wanùryon.
Appena percepirono di esserne in prossimità dalla biotronica korosiàna l’esperto armiere Narràl Unàr lanciò la saettante incontenibile rete attraverso la foschia di prora…
Qualcuno tra gli scienziati delle Galassie Confederate lo andava scientemente affermando ormai da tempo: dai noduli di potenza del multiverso prendono origine e si sprigionano gli iperfulmini extradimensionali, soprattutto quelli invisibili, lineari o globulari che siano; ma ora se ne stava per sperimentare l’efficacia concreta poichè questi erano stati già catturati dagli speciali assorbitori, installati proprio sotto la supervisione ed il coordinamento del Tenente di Secondo Cerchio, ed immediatamente immagazzinati nei criptoaccumulatori dei velivoli d’attacco.
Al comando del Canglùpo furono allora restituiti al di là dello spaziotempo verso l’ottava dimensione, che può essere tanto la boa ed il moltiplicatore di forza attorno cui farli girare per tornare indietro a colpire bersagli delle dimensioni inferiori quanto il fulcro dell’effetto fionda per scagliarli contro obiettivi posti in quelle superiori.
Nella fattispecie serviva un ritorno alla sesta e fu così che si rivolsero in basso per staccare in meno di un lampo gli spiriti degli Uryoniàni dalla realtà in cui pensavano di agire indefinitamente.
Una parte delle iperfolgori fu però contemporaneamente indirizzata verso Il suolo di Wanùryon: era duro e gelato, ma non c’era parvenza alcuna di ghiaccio o neve o di qualunque fenomeno meteorologico che gli assomigliasse. Era la piattura assoluta e ricordava un prodotto metallico piuttosto che un mondo vivo e abitabile; ed ora, come effetto dell’azione appena trascorsa, su di esso si potevano vedere migliaia di grosse sfere di un paio di metri di raggio, nere ed opache, aperte in due metà, unite solo da una piccola cerniera, ed ancora fumanti; all’interno di quegli strani bivalvi si notavano tute, caschi, guanti e calzature, ammucchiati su se stessi con l’incuria tipica di una fuga istantanea e precipitosa.
In mezzo a tanta desolazione balzava alla vista un’altra cosa o macchina o dimora che fosse, anch’essa sferica, ma intatta, di color rosso sangue, lucida e del diametro quasi triplo rispetto a quelle oscure; una decina di finestrature rotonde, simili a degli oblò, occhieggiavano sulla fiammante superficie.
Fu in quel preciso istante che Khy’wo Nako’h , il By’ro pilota dell’apparentemente innocua Yy’li Silé’nda, mentre gli altri velivoli si mantenevano in hovering a qualche metro da terra, sfilò la cargo-cannoniera dallo schieramento, la portò a stretto contatto dell’incredibile oggetto e, senza nemmeno toccare il suolo, lì vicino rilasciò due vigorosi androidi dalle mani multifunzionali, che con i loro sensori si misero ad ispezionare tutta la parte inferiore alla ricerca di una probabile apertura.
Inoltre, non lontano, guardando bene e con molta attenzione, in una delle sfere squarciate si poteva scorgere, in mezzo alle sottili esalazioni, un’Uryoniàna ancora in piedi… immobile, in posizione perfettamente eretta, a gambe leggermente divaricate ed a braccia conserte… ed avrebbe forse anche potuto rispondere al nome di Rìshal Ottys.
Kimìn Awèr, la Gran Generale Stratega dei Déman, con la voce appena appena velata da un’enorme profonda soddisfazione, ordinò senza mezzi termini: “Fermi tutti! Adesso è l’ora di Thùryan e Kar…”
E citandoli solo per cognome era sua evidente intenzione avvalorare l’ufficialità della disposizione.
Loro due, Ran e Mìneren, quell’entità l’avevano già incrociata un paio di volte, ma ora sapevano bene non solo chi potesse essere bensì che cosa non fosse; in più il fatto che si presentasse come donna piuttosto che uomo era un aspetto assolutamente irrilevante, dato che non essendo né carne né sangue né materia era però in grado di apparire come pensava fosse più proficuo nella situazione in cui si trovava; ed anche il nome con cui era nota non aveva alcuna importanza. Infatti erano stati quei fenomeni di arguzia dei Kü’llayer ad affibbiarle queste due parole per poterla identificare in qualunque discorso.
Ri’shal O’ttys, scritto nella puntazione by’ro, si può tradurre come “Riguardo al nome di questa cosa Di nessuno (è)” Cioè “nessuno conosce il nome di questa cosa”…
In obbedienza all’ordine della G.G.S. anche gli automi dei By’ror si bloccarono e solo la biotronica Eiréne si abbassò di quel tanto che bastasse a materializzare un angusto scivolo per permettere al Comandante e alla donna transanimale di scendere sul terreno wanuryàno.
Loro due atterrarono, e senza particolare timore o circospezione; il Maggiore aveva una pistola laser al fianco assicurata nella sua fondina ed il pugnale di nanodamasco nella mano destra mentre Mìneren teneva pronta la sua grossa arma, ma non accennava ad alcuna trasmutazione…
Si avvicinarono all’oscura sfera e, con enorme incoscienza, almeno così sembrava, balzarono all’interno; Ran appoggiò l’estremità della lama alla tuta dell’aliena, una pallida luminescenza scorse lungo il metallo ed un urlo lacerante si alzò al cielo mentre l’indumento, svuotato del suo ultimo contenuto, si afflosciava sul fondo della navicella.
Fino all’ultimo la sedicente Comandante del S.O.R.I.S. si era ostinata a dare l’impressione di essere ancora presente ed operativa; in realtà il malefico spirito era già stato trasferito altrove, né più né meno come i suoi simili; solo che “lei” aveva dimostrato di essere, in assoluto, la peggiore.
Le operazioni precedentemente interrotte ripresero il loro normale svolgimento mentre nei fianchi del compatto e robusto trasporto dedicato soprattutto al contrabbando, giusto a scanso di equivoci, sei paratie prima invisibili si ritrassero all’indietro permettendo così la parziale fuoriuscita di altrettanti micidiali cannoni laser a dodici canne rotanti, quattro nel giro interno e otto in quello esterno…
Già, Yy’li Silé’nda… ”Se tu sapessi chi hai sfidato…”
Si riavviarono anche le attività dei due robot, che, muovendosi con molta attenzione, ad un certo punto rallentarono ulteriormente e si fermarono, come se stessero per chiudere un circuito informativo con eventuali ospiti della sfera; immediatamente si materializzò il contorno di un’apertura, dall’interno qualcuno sbloccò il sistema di accesso, una portiera si abbassò verso terra a costituire una discesa e nel vano si affacciarono la Prof.ssa Ròndy Tùffer con il Prof. Kòro Whòret ed i loro 4 figli.
Kimìn Awèr aveva previsto svolgimenti ben più pesanti di quanto si sarebbe poi verificato.
Comunque fu subito chiaro che erano stati rapiti nell’intento di obbligarli con qualunque mezzo a progettare e costruire delle navi molto più evolute e più potenti di Eiréne. Guarda caso…
Ma la vera sorpresa era stata che i Klùppen, piccola gente dotata di enorme profondità e concentrazione, si erano dimostrati quasi totalmente refrattari al condizionamento mentale degli Uryoniàni e perciò non avevano minimamente collaborato a realizzare i loro folli sogni di dominio universale.
Inutile dire che la famigliola di Klùppa Màsto fu recuperata all’istante mentre i Kü’llayer requisirono la sfera scarlatta in un comparto della loro cargo-cannoniera per studiarsela con tutta calma ed eventualmente, attraverso un’opera di retroingegneria, riprodurla per una futura commercializzazione.
Coronata dal successo anche questa abbastanza intricata missione, lungo la strada del ritorno la Super Specialista di Secondo Cerchio Hàrelin Nindùr si rivolse, in pày, al suo amato Comandante chiedendogli gentilmente, tra il serio ed il faceto, di spiegare a tutti “come, dove e quando” avesse imparato “a parlare, a leggere, a scrivere ed a capire” il temibile by’ro, uno dei pochi idiomi che lì nessuno conosceva.
E Ran, davanti ad uno dei due bicchieri di miràba, due come sempre, prese a raccontare… di lingue, di popoli e d’eroi…
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