Poesia di Gabriela Mistral

 

 

Non stringere le mie mani.

Verrà il tempo infinito

di riposare con molta polvere

ed ombra tra le dita intrecciate.

 

E tu dirai:

“Non posso

più amarla; le sue dita

si sgranarono come le spighe”.

 

La mia bocca non baciare.

Verrà l’istante pieno

di spenta luce, senza labbra

starò sotto un umido suolo.

 

E tu dirai: “L’amai, ma non posso

amarla più, ora che non aspira

l’odore di ginestre del mio bacio”.

 

E mi rattristerò nell’udirti;

tu parlerai come un cieco ed un pazzo,

perché la mia mano sarà sulla tua fronte

quando le dita si spezzino,

e scenderà sopra il tuo volto

pieno d’ansia, il mio respiro.

 

Non mi toccare dunque. Mentirei

nel dirti che ti dono

il mio amore nelle braccia mie protese,

nella mia bocca, nel mio collo,

e tu, credendo d’averlo esaurito

ti sbaglieresti come un bambino ingenuo.

 

Perché il mio amore non è solo questo

stanco e restio covone del mio corpo,

che trema tutto offeso dal cilicio

e in ogni volo mi resta indietro.

 

È ciò che sta nel bacio e non nel labbro,

ciò che spezza la voce e non il petto:

ma è un vento di Dio, che passa lacerando

nel suo volo, la polpa delle carni.