Poesia di Maria Letizia Pecoraro
Sono onda di risacca
che mi strascina via
da erte ripide e loculi angusti.
Mordo, avida, ossigeno
per il mio inquieto pensare.
Sono caduta in un sogno,
con me persone, dolori antichi,
assenze non ancora consumate.
Galleggio dentro un mare buio
trapunto di scogli – certezze,
scavato dai vortici
di innumerevoli mie mute paure.
Arretro nel canto più remoto
e accarezzo pietosa,
le fradicie assi di legno
del mio gozzo
– i n a d e g u a t a.
Un ticchettio mi abita,
come avessi ingoiato il tempo
e nel silenzio del mattino acerbo
mi batte dentro, sordo.
Magnifica condizione
il vivere di niente:
nessun pensiero, parola, battito.
Che pace deve respirarsi
nel beige disabitato di vite leggere;
che quieta inconsistenza!
Bum bum dice la mia tempia,
Tumtum tumtum,
risponde il muscolo ansimante
annaspando nel sonno tortuoso
di un’altra notte breve.
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