Racconto di Monica Cerullo

“RaccontiConParola-2”

 

Alex sfilò le décolleté nere, le raccolse e, in punta di piedi, si incamminò nella penombra per andare in camera da letto. Passò dalla cucina e vide un piatto coperto, un bicchiere capovolto, le posate racchiuse in un tovagliolo e il cestino del pane. Distolse lo sguardo e proseguì verso l’altra stanza. La porta era aperta, come sempre, e il tenue fascio di luce del corridoio illuminava la sagoma di Pit. Era steso sul fianco, con la trapunta sollevata sino a metà busto, gli occhi chiusi e il respiro regolare. La postura le suggeriva chiaramente che aveva aspettato per tutta la sera di vederla apparire da un momento all’altro, però la stanchezza dovuta al lavoro l’aveva sopraffatto, e si era addormentato.

Alex rimase ferma, sulla soglia, a osservarlo, con il cuore che batteva forte. Una volta erano innamorati pazzi, lei e Pit, poi, c’era stato il trasferimento in un’altra città, i problemi di lavoro per entrambi, la perdita di sua madre all’improvviso, la mancanza di dialogo; il tutto aveva complicato il rapporto e, a poco a poco, si erano allontanati, pur stando sotto lo stesso tetto. Non erano più due ragazzini, l’innamoramento iniziale sembrava essersi spento ormai e nessuno dei due riusciva a trovare il modo giusto di tenere in piedi quel matrimonio. Neppure la vaga proposta di mettere al mondo un figlio. E menomale che non era arrivato quel momento, si disse Alex.

Un flash della serata le si affacciò alla mente. Le mani di Greg sul suo viso, sul suo seno, sulle gambe. La bocca sulla sua. Le unghie di lei sulle spalle di lui, il ventre che sbatteva contro il suo, i suoni che rimbombavano in quella piccola stanza e ora riecheggiano anche nella sua testa, come un rumore fastidioso. Alex si era lasciata abbindolare dal figlio del titolare per ottenere un posto di maggior rilievo all’interno dell’azienda. Era stata sedotta. In verità, aveva capito in largo anticipo le intenzioni di Greg e non aveva fatto nulla per respingerle. Anzi, la sua coscienza le rinfacciava che si fosse messa lei alla ricerca di tali attenzioni, le aveva ricevute, in più occasioni, e probabilmente in cambio avrebbe raggiunto presto il suo scopo. A quale prezzo?

La risposta le provocava una ferita atroce.

Quante volte si era chiesta se Pit avesse mai immaginato, o creduto, che lei lo tradiva, ma non avesse trovato il coraggio o la voglia di andare a fondo, di indagare. A quel punto lei avrebbe confessato. Forse, ci sperava persino che accadesse. Non era felice lui, era evidente, ma non lo era nemmeno lei. Anche se Pit si ostinava a prepararle ancora la cena, nutrendo la vana speranza di risanare quell’unione, lei non faceva altro che mettere distanza tra loro, tornare tardi la sera e distruggere quello che era rimasto. Qualcosa di grosso s’era rotto. Non si sarebbe mai aggiustato. Che senso aveva continuare così? Si interrogava ogni giorno.

Una lacrima le rigò la guancia, l’asciugò con la mano, si spostò dalla porta e si chiuse in bagno per una rapida doccia calda. Sempre in silenzio, tornò in camera, spense la luce nel corridoio, indossò un pigiama e si infilò a letto, sotto le coperte, con le spalle al marito e gli occhi aperti a fissare il muro. Il corpo accanto al suo si mosse. «Sei tornata» disse Pit con la voce appena rauca. Non doveva essersi addormentato da parecchio, constatò.

«Sì». Mormorò lei.

«Ok. Buonanotte, tesoro»

Buonanotte? Come poteva dormire? Non vedeva che era finita da un pezzo tra loro? Davvero gli stava bene così? Lei aveva sbagliato, certo. Aveva commesso un adulterio, lo riconosceva, ma se lui si fosse comportato alla stessa maniera, lo avrebbe lasciato subito o quantomeno affrontato. Perché, invece, lui no? E non si trattava più di amore. Lo sentiva chiaramente. A cosa si stava aggrappando?

Alex si girò e si stese di schiena. «Pit, dobbiamo parlare».

Lui non si scompose. «Domani, Alex, ok? Buonanotte» rimandò.

Ci era già passata.

Domani sarebbe stato uguale.